Megafono per la propaganda di Hamas, silenziatore per le ragioni di Israele quattro quotidiani a confronto
Testata:La Repubblica - Il Sole 24 Ore - Il Manifesto - L'Unità Autore: Marco Ansaldo - Ugo Tramballi - Michele Giorgio - Umberto De Giovannangeli Titolo: «Hamas: Pronti kamikaze contro Israele - A Gaza una tregua di poche ore - Hamas: 24 ore di tregua. Ma Israele cerca all'Onu consensi per l'attacco - Se ci invadono la Striscia sarà un nuovo Libano»
A pagina 13 de La REPUBBLICA del 23 dicembre 2008, nell'articolo "Hamas: Pronti kamikaze contro Israele", Marco Ansaldo "quantifica" le richieste di Hamas a Israele per un cessate il fuoco:"fine degli attacchi israeliani, nell´apertura dei valichi di frontiera, e nel termine all´isolamento di Gaza" . Gli "attacchi" israeliani, occorre ricordare, sono risposte ai lanci di kassam, così come le chiusure dei valichi, che per la sicurezza di Israele devono comunque essere sorvegliati per evitare infiltrazioni terroristiche e contrabbando d'armi.
Ecco il testo completo:
GERUSALEMME - «Pronti ad attacchi suicidi nel territorio israeliano». La minaccia di Hamas scuote lo Stato ebraico. «Come popolo sotto occupazione - spiega un portavoce del movimento politico che governa la Striscia di Gaza - dobbiamo difenderci dagli invasori con tutti i mezzi possibili». Ma intanto Hamas decreta un cessate-il-fuoco di 24 ore per permettere l´arrivo di alimenti nell´enclave serrata dal blocco economico. Del tutto inattesa, la tregua è arrivata dopo tre giorni di lanci dei razzi Qassam sulla vicina città israeliana di Sderot. Un´offensiva a cui gli esponenti più duri del governo di Gerusalemme e dell´opposizione si dichiarano determinati a rispondere con un attacco da effettuarsi nei tempi e nei modi opportuni. Hamas ha accettato di sospendere i lanci di mortai dopo l´intervento dei mediatori egiziani. Senza escludere la possibilità una proroga del cessate-il-fuoco, qualora fosse avanzata «un´offerta che venga incontro alle nostre richieste». Richieste quantificabili nella fine degli attacchi israeliani, nell´apertura dei valichi di frontiera, e nel termine all´isolamento di Gaza che ha conseguenze sempre più pesanti per la popolazione: ieri l´Unione europea ha rivolto un appello a Israele perché «renda possibile di nuovo la regolare circolazione di moneta» anche nei Territori controllati da Hamas, in modo che le banche possano operare normalmente e gli aiuti internazionali diretti a Gaza possano essere distribuiti. In attesa di risposte concrete la diplomazia internazionale si muove per estendere la tregua fra Hamas e Israele, scaduta venerdì. Oltre alla diplomazia del Cairo anche la Turchia sta tentando di portare le parti verso un accordo. Ieri il primo ministro Recep Tayyip Erdogan ha chiesto al premier israeliano Ehud Olmert di togliere il blocco dalla Striscia di Gaza. Erdogan ne aveva già parlato in mattinata al telefono con il capo del governo di Hamas, Ismail Haniyeh. Un segno di disponibilità è giunto da Damasco, dove Bashar el Assad ha detto che Siria e Israele «se riusciranno a portare a successo i colloqui indiretti», «terranno anche i negoziati diretti e la pace sarà una conseguenza naturale».
L'articolo di Ugo Tramballi "A Gaza una tregua di poche ore" , a pagina 10 del SOLE 24 ORE, è anch'esso dedicato al confronto e al possibile nuovo cessate il fuoco tra Hamas e Israele, ma a nostro avviso si segnala soprattutto per un giudizio sul primo ministro israeliano Olmert rivelatore dell'ottica pregiudiziale con la quale l'inviato del quotidiano di Confindustria guarda al conflitto arabo-israelo-palestinese
proprio perché di tempo ne ha poco e soprattutto perché non si ripresenterà al giudizio degli elettori Olmert è quel premier d'Israele che gli arabi, gli europei e gli americani sognano di avere: un leader che predilige l'obbligo rischioso del compromesso alla sindrome della sicurezza assoluta.
Non sono le valutazioni su Olmert che ci interessano qui, ma le pretese che, scrivendo di questo politico, Tramballi implicitamente rivolge a Israele: il compromesso come "obbligo", quale che ne sia il prezzo. La sicurezza come "sindrome" degli israeliani, che la pretendono "assoluta", cioè senza attentati suicidi e razzi kassam sulle loro case. Davvero una sintesi perfetta di come ci si possa rendere sordi e ciechi alle ragioni di Israele.
Che Israele possa esprimere le sue ragioni alla comunità internazionale, e soprattutto che possa pensare di difendersi, risulta intollerabile a Michele Giorgio, che sul MANIFESTO, a pagina 10, nell'articolo "Hamas: 24 ore di tregua. Ma Israele cerca all'Onu consensi per l'attacco", esprime tutto il suo disappunto:
Il cessate il fuoco unilaterale di ventiquattro ore proclamato ieri (su pressione egiziana) da Hamas non è servito ad allentare la tensione lungo il confine tra Israele e Gaza. I mezzi corazzati dello Stato ebraico rimangono fermi a ridosso della Striscia, in attesa dell'avvio dell'operazione militare per abbattere il potere di Hamas che il ministro degli esteri, Tzipi Livni, promette all'elettorato israeliano in vista del voto del 10 febbraio. Fermo ieri sera, a Kerem Shalom, al confine tra Gaza, Israele ed Egitto, c'era anche un convoglio di aiuti umanitari della Croce Rossa con cibo e medicine per la popolazione palestinese stremata dal blocco israeliano. «Gaza di fronte a due minacce: fame oppure escalation militare e omicidi» (dei leader di Hamas), titolava ieri il quotidiano arabo al Hayat mentre il palestinese al Quds al Arabi sottolineava «l'80% del territorio di Gaza immerso nel buio» e l'esaurimento delle scorte di farina. «L'esercito è pronto per qualsiasi operazione a Gaza», ha annunciato ieri il capo di stato maggiore, generale Gabi Ashkenazi, mentre i media israeliani riferivano di consultazioni continue tra il ministro della Difesa, Ehud Barak, e i vertici delle forze armate: si cerca di valutare le possibilità di successo e le conseguenze di una massiccia offensiva contro Hamas. Non è detto però che questa operazione sia davvero imminente. Israele sa che attaccare il movimento islamico comporterebbe rischi enormi anche per i suoi soldati. Hamas può contare su 7-8mila combattenti ben addestrati e pronti a morire pur di fermare una eventuale avanzata di reparti corazzati lanciati dentro Gaza city a caccia di dirigenti islamisti. E le perdite di vite umane sarebbero altissime soprattutto tra i civili palestinesi. Hamas ha già avvertito che in caso di un attacco massiccio israeliano, riprenderanno gli attentati kamikaze. «Non resteremo immobili davanti a un'aggressione, ci difenderemo con tutti i mezzi possibili, anche con le operazioni suicide», ha annunciato il portavoce Ayman Taha. È probabile perciò che la guerra delle minacce abbia, ancora per un po', il sopravvento sul conflitto vero e proprio. Secondo il quotidiano Ha'aretz i vertici politici israeliani, pur concordando sulla necessità di un'ampia operazione a Gaza, preferiscono, per il momento, che le forze armate intensifichino i raid aerei contro Hamas e altre organizzazioni palestinesi e contro le officine meccaniche dove vengono costruiti i razzi Qassam. Più in là potrebbero essere presi di mira gli stessi leader politici islamici. In attesa che la parola passi all'artiglieria e ai carri armati, Israele ha avviato un'offensiva diplomatica alle Nazioni Unite e nelle capitali occidentali per ottenere un forte sostegno internazionale ad un attacco devastante contro Gaza e mettere a tacere le critiche delle agenzie umanitarie per il blocco della Striscia che colpisce la popolazione civile. Israele all'Onu ha avvertito il Segretario generale, Ban Ki-moon, che non esiterà a colpire se non cesseranno i lanci di razzi. Da parte sua Tzipi Livni intende convocare gli ambasciatori di vari paesi per spiegare le ragioni israeliane. Non è riuscita a far valere le sue ragioni invece Neta Golan, attivista ebrea israeliana dell'International solidarity movement, giunta tre giorni fa a Gaza con la nave pacifista Dignity carica di aiuti per la popolazione palestinese. Ieri è stata arrestata al valico di Erez con l'accusa di aver violato la disposizione militare che vieta ai cittadini israeliani di entrare nelle aree autonome palestinesi. Verrà processata oggi.
Intervistando Mahmoud Al Zahar, "uomo forte" di Hamas, Umberto De Giovannengeli registra tutte le sue risposte, che dipingono Israele come l'aggressore, legittiminano il terrorismo e lo definiscono "resistenza" senza nessuna critica. Da pagina 27 de L'UNITA', "Se ci invadono la Striscia sarà un nuovo Libano":
Israele «continua ad affamare il popolo palestinese, ad applicare odiose punizioni collettive. E tutto questo nel silenzio complice della comunità internazionale. Ma Israele ha commesso un grave errore: l’assedio non ci ha indeboliti. La resistenza palestinese è ancora più forte e unita. Provino pure a invadere Gaza. Gaza sarà il loro nuovo Libano ».Aparlare è l’uomo forte di Hamas: Mahmud al Zahar. Israele ammassa truppe ai confini con Gaza. E a Tel Aviv c’è chi parla di una imminente offensivamilitare. «Israele ha inteso l’”hudna" (la tregua, ndr.) come una resa della resistenza palestinese. Ma ha commesso ungrave errore.Hacontinuato l’assedio di Gaza, pensando così di poter piegare la resistenza. Ha invece ottenuto l’effetto contrario: ha rafforzato la resistenza. Vogliono invadere Gaza? Ci provino. Siamo pronti a respingere l’aggressione. Israele ricordi cosa è accaduto in Libano due estati fa». Le autorità Israele ribattono sostenendo che è stato Hamas a rompere la tregua proseguendo il lancio di razzi Qassam contro Sderot, Ashqelon. «Hamasha dimostrato per lungo tempo di saper rispettare gli impegni assunti. MaIsraele ha proseguito l’assedio di Gaza, ha proseguito con le odiose punizioni collettive, in spregio ai più elementari diritti umani. Hacontinuato ad agire come una forza di occupazione. Ed ora si meraviglia della reazione palestinese. La treguanonpuò essere a senso unico. Hamas ha sempre sostenuto la disponibilità ad una "hudna" di lunga durata con Israele ma a precise condizioni». Quali? «La fine del blocco a Gaza; lo stop al sraele «continua ad affamare il popolo palestinese, ad applicare odiose punizioni collettive. E tutto questo nel silenzio complice della comunità internazionale. Ma Israele ha commesso un grave errore: l’assedio non ci ha indeboliti. La resistenza palestinese è ancora più forte e unita. Provino pure a invadere Gaza. Gaza sarà il loro nuovo Libano ».Aparlare è l’uomo forte di Hamas: Mahmud al Zahar. Israele ammassa truppe ai confini con Gaza. E a Tel Aviv c’è chi parla di una imminente offensivamilitare. «Israele ha inteso l’”hudna" (la tregua, ndr.) come una resa della resistenza palestinese. Ma ha commesso ungrave errore.Hacontinuato l’assedio di Gaza, pensando così di poter piegare la resistenza. Ha invece ottenuto l’effetto contrario: ha rafforzato la resistenza. Vogliono invadere Gaza? Ci provino. Siamo pronti a respingere l’aggressione. Israele ricordi cosa è accaduto in Libano due estati fa». Le autorità Israele ribattono sostenendo che è stato Hamas a rompere la tregua proseguendo il lancio di razzi Qassam contro Sderot, Ashqelon. «Hamasha dimostrato per lungo tempo di saper rispettare gli impegni assunti. MaIsraele ha proseguito l’assedio di Gaza, ha proseguito con le odiose punizioni collettive, in spregio ai più elementari diritti umani. Hacontinuato ad agire come una forza di occupazione. Ed ora si meraviglia della reazione palestinese. La treguanonpuò essere a senso unico. Hamas ha sempre sostenuto la disponibilità ad una "hudna" di lunga durata con Israele ma a precise condizioni». Quali? «La fine del blocco a Gaza; lo stop alla colonizzazione dei Territori; la liberazione dei palestinesi prigionieri nelle carceri israeliane». Nell’immediato,cosachiedeteaIsraele per ripristinare il cessate il fuoco? «Il prezzo è la vita della popolazione palestinese». In concreto?. «Il ripristino di forniture regolari di cibo ed elettricità sia per Gaza che per la Cisgiordania». Daoltredueanni, a Gazaè tenutoprigioniero il soldato israeliano Gilad Shalit . C’è speranza di rivederlo in libertà? «Tutto dipende da Israele. Israele nonpuò sottrarsi all’obbligo di scarcerare mille prigionieri palestinesi. Se Israele farà la sua parte Shalit farà ritorno a casa in un solo giorno. Ma se invaderanno Gaza, nessuno potrà dirsi al sicuro». Il presidente Abu Mazen intende intenzione di indire elezioni anticipate per l'inizio del nuovo anno. «Abu Mazen non ha alcun diritto di fissare una nuova data per le elezioni e nemmeno quello di estendere il suo mandato presidenziale oltre il 9 gennaio 2009. Una volta di più egli ignora il Consiglio legislativo palestinese (il Parlamento dei Territori, ndr.). Una volta di più vorrebbe violare la legge». Abu Mazen non ha chiuso la porta al dialogo con Hamas. «Siamo pronti al dialogo ma senza precondizioni. E nel rispetto del voto espresso liberamente dal popolo palestinese nelle elezioni del gennaio 2006. Quel voto, e non le armi, ha sancito la vittoria di Hamas».