Sul Foglio del 18 dicembre, Carlo Panella stila il profilo della peggior accoppiata al vertice, nella storia degli Stati Uniti: il duo Carter-Brzezinski. Fallimentari e nefaste le loro posizioni e strategie su Russia, Iran, Afghanistan e Pakistan.
Proprio il timore di rivedere il ritorno al potere di queste due eminenze nere della politica americana, aveva in larga parte influito sull’appoggio a McCain durante la campagna elettorale presidenziale. Gli ebrei americani sfavorevoli a Obama, motivarono con un massiccio invio di e-mails la loro opposizione contro l’antisraeliano Zbigniew Brzezinski affermando che era tra i consiglieri chiave nella politica internazionale del senatore dell’Illinois. I responsabili della campagna elettorale di Obama negarono che Brzezinski e altre figure come l’ex consigliere di Bill Clinton, Robert Malley (anch’esso squilibrato nelle sue posizioni sulla questione israelo-palestinese) fossero tra i consiglieri sul Medio Oriente del candidato presidenziale. Sarà vero?
Innanzitutto, ancor prima di insediarsi alla Casa Bianca il 20 gennaio 2009, Obama ha formato la sua squadra a tempo record. Con alcune nomine fortemente rassicuranti sul profilo mediorientale. Per citarne solo due: Rahm Emanuel e Larry Summers. Su Emanuel si sa che è israelo-americano, uomo sbrigativo e diretto senza peli sulla lingua. Di Larry Summers, invece, non viene citato il periodo trascorso come rettore di Harvard. Ho tradotto nel 2002, il suo discorso d’apertura dell’anno accademico del 17 settembre. Fortemente critico sui campus universitari americani, visceralmente antisraeliani. Rahm e Summers sono pertanto affidabili per il loro realismo politico sul Medio Oriente ed in funzione anti propaganda palestinese. Entrambi sono l’antitesi del duo Carter- Brzezinski.
Da dicembre, prima Brzezinski e poi Carter, hanno fatto parlare di sè, benché non mi risulti dai media italiani. Il primo con un (non proprio velato) ricatto ad Israele e alla sua lobby negli Stati Uniti. In un’intervista al quotidiano Ha’Aretz dell’8 dicembre scorso. Già nel titolo “le pressioni di Israele per obbligare ad un conflitto contro l’Iran potrebbero compromettere le relazioni USA-Israele” si evince quale sia la visione politica di Brzezinski. Testualmente, ha detto a Ha’Aretz: “Un consiglio che vorrei dare al governo di Israele è di non impegnarsi in una campagna per un attacco all’Iran, perché non penso che l’America intenda attaccare k’Iran, e se lo facesse, le conseguenze sarebbero disastrose.” Ancora: “Non sarebbe un buon segno per le relazioni americano-israeliane, e favorirebbe un enorme risentimento contro Israele. Già si è avvertito in parte dopo la guerra in Iraq.” Pochi giorni prima alla NBC, nel programma “Meet the Press” (incontra la stampa) Obama aveva dichiarato che l’Occidente doveva impegnarsi in una “dura ma diretta diplomazia” con l’Iran, e al contempo aveva enfatizzato che le minacce verbali di Teheran contro Israele erano “contrarie a tutto ciò” in cui gli Stati Uniti credono. Brzezinski:“Se pure Israele attaccasse l’Iran da solo, non sarebbe in grado di colpire tutte le sue centrali nucleari. Il meglio a cui potrebbe aspirare sarebbe di rallentare o ritardare la possibilità della Repubblica Islamica a costruire la bomba nucleare aumentando al contempo i sentimenti estremisti nel Paese”. “Non solo (un attacco israeliano) può essere dannoso, ma può solo ritardare il processo, mentre intensificherebbe l’estremismo iraniano compattando insieme il nazionalismo e il fondamentalismo iraniani. Non credo sia nell’interesse di nessuno. “Per ultimo, ma non meno importante, Israele non può realmente portare un attacco concreto senza il nostro permesso. Basti guardare la mappa e potete capirne le ragioni.” Si riferiva evidentemente alla dislocazione delle forze statunitensi (e non solo) presenti nell’area, con portaerei ed incrociatori nucleari dislocati in maggioranza nel Golfo Persico. Una gravissima affermazione, ancor più grave del ricatto ventilato sulle relazioni USA-Israele. Una forte base dell’elettorato di Obama viene proprio da quei campus universitari influenzati dalla propaganda antisraeliana dei Carter- Brzezinski e loro discepoli. Tra le altre dichiarazioni fatte da Brzezinski a Ha’Aretz, è interessante segnalare anche questo passo. Brzezinski enfatizza il globale entusiasmo per Obama e considera che il neo presidente debba approfittare di questo momento di grazia – in cui otterebbe un consenso altrettanto globale - per intensificare la pace tra israeliani e palestinesi, che considera il punto più importante per la pace nell’area. Come? Ma invitando Obama ad istituire una commissione di pace plenipotenziaria (cioè senza controllo, nei pieni poteri) che tratti direttamente la questione. “Ovviamente perché il presidente non può occuparsi del processo negoziale.” Ovviamente. E, ovviamente, quali migliori candidati a guidare tale commissione, se non il duo Carter- Brzezinski? I tre punti fondamentali che ho estrapolato dall’intervista a Ha’Aretz, tra motivazioni e rassicurazioni poco convincenti a fronte del comportamento storico dell’ottaguenario diplomatico e di tali affermazioni, segnano la posizione politica del duo.
Nel frattempo, Carter si recava prima a Beirut e poi a Damasco. A Beirut faceva sapere che voleva parlare anche con Hitzballah, ritenendo tale organizzazione parte legittima da inserire nel dialogo, poiché componente del governo libanese. Fonti di Hitzballah facevano sapere pubblicamente che l’organizzazione terrorista-governativa non intendeva incontrare l’ex-presidente. !!! Dovremmo credere che nel suo incontro con i vertici libanesi, Carter sia stato snobbato da quelli del partito che affianca il Dio sci’ita e il kalashnikov sulla stessa bandiera?! L’Hitzballah che proprio perché siede anche nel governo libanese non può per ora colpire Israele senza scatenare una guerra convenzionale contro l’intero Libano e pertanto minaccia di rapimento gli israeliani nel mondo?! Non pago della sua visita a Beirut, Carter si è recato a Damasco dove ha incontrato anche Khaled Mashaal il leader di Hamas. Ne sono conseguite due reazioni. La prima – scontata – sul rinnovato appoggio tra Hitzballah e Hamas (che ha intensificato i suoi tiri di Qassam contro il sud di Israele concludendo, senza intenzione di rinnovarla, la tregua-farsa con Israele). La seconda, più grave, che ha a che vedere con l’alleanza siro-iraniana, ha posto in evidenza l’arroganza di Assad che – per riconoscere il diritto all’esistenza di Israele - pretende la restituzione di tutto il Golan compresa quella quota contesa che domina le acque che si riversano nel lago di Kinneret (Galilea). !!! Di Gilad Shalit neanche una parola. Imperturbabile, Carter si recava in Israele, dove è considerata persona non grata. Solo Peres l’ha incontrato, rimproverandogli l’incontro con Mashaaal. Che dire? Il duo più perverso della politica americana sta già ottenendo i primi successi tesi ad annullare il diritto all’esistenza di Israele.
Che farà Obama?
E qui, i timori sulla sua candidatura e sulla sua elezione ritornano e si ingigantiscono. Sempre per rimanere ai due esempi contrapposti, Rahm è la novità, pertanto non ha un seguito negli Stati Uniti. Se mai, è già fortemente inviso dai filopalestinesi. Summers ha incassato un fallimentare curriculum nel Tesoro durante la presidenza Clinton. Per contro, Carter e Brzezinski sono sempre stati attivissimi – con successo - nell’influenzare i campus universitari americani e quell’area dell’intellighentia liberal ostile ad Israele. Forse sono pessimista, ma Rahm e Summers possono essere costretti alle dimissioni, prima o subito dopo l’inizio dell’insediamento di Obama. Rahm, addirittura, è l’uomo che oggi rischia più di tutti la morte. Una cosa è certa: il duo Carter- Brzezinski farà di tutto – e da una posizione di forza – per annullare il consenso americano ad Israele e mettere quest’ultimo nel canto, fino a realizzare il sogno dei due: uno stato binazionale (e chissenefrega degli ebrei). Oggi, più che ribattere ai due, è importante prevenire il loro malefico disegno. Che non è solo peculiare ad essi, ma risale storicamente a quel protestantesimo americano che da sempre si è opposto all’evangelismo americano in quel del Medio Oriente. Il primo nettamente filoarabo, il secondo filo-ebraico-israeliano e fortemente sionista.
Mentre l’Europa cede alla Russia, ed in buona parte da sempre agli arabi, c’è da tenere conto delle nuove repubbliche euro-orientali liberate dalla caduta del Muro. All’indomani dell’orribile tragedia di Mumbai, il Senato ceco (a maggioranza governativa), approvava l’installazione dello Scudo Missilistico (voluto da Bush) vicino a Praga, anziché demandare il voto a primavera come deciso in un primo tempo. La Camera Bassa (in maggioranza all’opposizione, contraria al sistema difensivo) sta ancora dibattendo. Fintanto che Obama non si insiederà, ogni decisiva politica internazionale è in stand-by. A farne le spese, prima Israele, in seguito l’Europa orientale, poi l’Europa tutta, se si affermasse la politica del duo Carter-Brzezinski. Che, va ribadito, da 30 anni ha ormai influenzato tutto il mondo del pacifismo, degli antiglobalisti, dei filopalestinesi ad oltranza e dei famigerati patti di compromesso con il terrorismo palestinese. La crisi economica ripropone i soliti (e pericolosi) schemi antisemiti. Inoltre, il fallimento e scandalo Madoff ha inferto un terribile colpo alle Fondazioni ed Istituzioni benefiche ebraiche americane, indebolendo al momento, le loro attività.
Le proiezioni più preoccupanti vanno dalla redistribuzione geopolitica - Europa sotto influenza e dominio russo; Iran ed Arabia saudita (benché conflittualmente) a dominare l’area mediorientale ed orientale (Afghanistan e Pakistan); India a ferro e fuoco; Corea del Nord a dominare il versante estremo orientale; annullamento della legalità esistenziale di Israele – ai quid: Cina, India. Gli Stati Uniti, amici di tutti e di nessuno, ripiegheranno su sè stessi, risolvendo la loro lunga crisi economica. L’economia riprenderà, il favore per il presidente aumenterà. Ma davvero sarà così semplice? Le proiezioni politiche equivalgono in qualche misura ai wargames. Sia in politica che nei centri di strategia militare, si studiano a tavolino le possibilità diplomatiche o guerre e le loro probabilità di vittoria. Spesso queste teoriche applicazioni sottovalutano o ignorano sia alcuni elementi decisivi che “l’imponderabile”. Ad esempio, la guerra israeliana contro Hitzballah del 2006, non ha tenuto conto che sia i sistemi elettronici israeliani che americani erano stati decodificati dall’intelligence della triade Iran-Siria-Hitzballah. Spie arabo-israeliane sono state poi condannate in Israele per aver trasmesso alcuni segreti militari. Sta di fatto che, vuoi per inefficienza militare causata da un eccessivo protagonismo egoistico ai vertici israeliani, vuoi per l’incredibile distrazione dei servizi segreti israeliani, l’azione militare israeliana è stata un fallimento costato preziose vite e molto dolore per la loro perdita. Sul versante politico, invece, è staa raggiunta una vittoria sottovalutata. L’aumento del contingente UNIFIL, ma soprattutto, la deterrenza contro il Libano. Perché Hitzballah (che ha perso consensi fra i libanesi per aver causato la distruzione in Libano) sa di esporre il Libano ad una guerra convenzionale in caso di qualsiasi ulteriore attacco contro Israele. E’ stato il deterrente che ha sempre funzionato con la Siria dall’armistizio del 1967. E questo ce la dice lunga sulla potenza iraniana e sua alleata siriana, che non hanno più bisogno di scatenare la guerriglia contro Israele dal Libano. In compenso ci pensa Hamas da Gaza e i Martiri di Al-Aqsa loro complici e dai Territori. Quello che – tra tanti fatti – non sembra saltare agli occhi del mondo, per l’evidenza, è che la Striscia di Gaza ha un confine con l’Egitto e che, con il ritiro unilaterale, Sharon ha impegnato l’Egitto a tornare ad esserne il garante, così come la Giordania per il West Bank. I media sembrano ignorarlo, la politica lo ignora di fatto. Eppure, i documenti esistono a ribadire le responsabilità di quei due paesi. E articoli del periodo. Perché solo Israele viene responsabilizzato, allora? Per quanto riguarda le proiezioni politiche care al duo Carter-Brzezinski, non tengono conto del fatto che ci sono più di 5 milioni di israeliani che non intendono farsi annientare. Ma è certo che il duo fomenterà ulteriore antisemitismo. Ma la Diaspora non accetterà di rifare il capro espiatorio o di essere attaccata. Che faranno la Cina? L’India? I conflittuali sci’iti/sunniti Iran-Arabia saudita-Egitto? Come verrà incrinato l’asse Iran-Siria-Venezuela con le destabilizzazioni nelle aree competenti? L’unica cosa certa, è che prima o poi, Obama mostrerà il suo vero volto. E sapremo quanto contino realmente le due eminenze nere attuali e le loro proiezioni pericolose.
Danielle Sussmann
Di seguito, la traduzione di discorso del rettore di Harvard sull'antisemitismo:
Discorso del rettore di Harvard
traduzione dall'originale in inglese di Danielle Sussmann Seiteanu
Discorso durante le preghiere del mattino
Memorial Church
Cambridge, Massachussets
17 settembre 2002
Oggi mi rivolgo a voi non da Rettore dell'Università (di Harvard n.d.t.), ma come membro della comunità su un argomento che mai avrei creduto potesse diventare così preoccupante -- l'antisemitismo.
Sono ebreo, nell'identità, ma non sono un fervente osservante religioso. Durante la mia vita, l'antisemitismo è sempre rimasto lontano dalle mie esperienze. L'intera mia famiglia ha lasciato l'Europa agli inizii del Ventesimo secolo. L'Olocausto rappresenta, per me, una questione storica, non una memoria personale.
Di certo, ci sono stati dei circoli nei quali sono cresciuto, in cui gli ebrei iscritti erano pochi, se non addiritttura assenti, ma nessuno di mia conoscenza. Le mie esperienze al liceo e all'università, come membro di facoltà, funzionario governativo - avevano poca attinenza con la mia religione.
Altresì, sono rimasto colpito, negli anni in cui facevo parte dell'amministrazione Clinton, nel notare che un gruppo leader nell'economia, rappresentato da persone come Robert Rubin, Alan Greenspan, Charlene Barshefsky e molte altre prevalentemente ebraiche, fosse stato accettato senza commenti o far notizia -- cosa che sarebbe stata inconcepibile una o due generazioni fa, come sarebbe stato altrettanto inconcepibile, una o due generazioni fa, che Harvard potesse essere presieduta da un Rettore ebreo.
Senza pensarci tanto, ho attribuito tutto questo al progresso -- ad un'ascesa dell'illuminismo e della tolleranza. Ho nutrito la convinzione che il pregiudizio fosse stato del tutto emarginato. Ho nutrito la convinzione che, pur se la politica ed il contenzioso del Medio Oriente fossero oltremisura complessi, il diritto dello stato ebraico ad esistere fosse stato pienamente accettato dalla comunità internazionale.
Ma oggi, sono meno convinto. Meno convinto e tranquillo perché sono preoccupato dall'evidenza di un ritorno globale dell'antisemitismo, anche per certi sviluppi più vicini a casa nostra.
Considerate alcuni degli eventi globali dell'anno scorso:
- Sono state incendiate delle sinagoghe, assaliti ebrei, oppure delle svastiche sono state dipinte su cimiteri ebraici in ogni paese d'Europa. Gli osservatori di molti paesi hanno rilevato che si sono scatenati i peggiori attacchi contro gli ebrei dalla Seconda Guerra Mondiale.
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- Candidati che hanno negato l'importanza dell'Olocausto, hanno raggiunto il ballottaggio per l'incarico più alto del loro stato in Francia e Danimarca. Stazioni televisive statali in molte nazioni del mondo hanno vomitato una propaganda antisionista.
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- La Conferenza Mondiale sul Razzismo organizzata dalle Nazioni Unite -- evitando di menzionare la violazione dei diritti umani in Cina, Rwanda, oppure ovunque nel mondo arabo -- ha parlato delle politiche di Israele antecedenti agli scontri recenti, riferendosi al governo di Barak come ad un governo responsabile di pulizia etnica e di crimini contro l'umanità. La dichiarazione delle NGO, nella stessa conferenza, è stata addirittura più violenta.
Potrei andare avanti. Ma ora voglio portare la questione più vicino a noi. Naturalmente, le comunità accademiche dovrebbero e dovranno sempre essere luoghi in cui sia possibile esprimere ogni libera opinione. E certamente c'è molto da dibattere sul Medio Oriente e sulla politica estera e di difesa di Israele da poter e dover vigorosamente contestare .
Ma, laddove l'antisemititismo e le opinioni profondamente antiisraeliane erano la prerogativa tradizionale di un incolto populismo di destra, oggi le profonde convinzioni contro Israele stanno aumentando e trovano sostegno nei gruppi intellettuali progressisti. Persone riconosciute per la loro serietà e validità di pensiero rivendicano e propongono azioni che si rivelano antisemite nei loro effetti, se non addirittura negli intenti.
Per esempio:
- Centinaia di docenti europei hanno chiesto di interrompere ogni sostegno economico ai ricercatori israeliani, benché non abbiano richiesto lo stesso per i ricercatori di ogni altra nazione.
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- Studenti israeliani sono stati costretti a lasciare un giornale letterario internazionale, la scorsa primavera.
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- Nelle stesse manifestazioni in cui i partecipanti condannavano l'FMI (il Fondo Monetario Internazionale, n.d.t.), il capitalismo globale e contestavano la globalizzazione, è diventato normale, e il fenomeno è in aumento, lanciare invettive contro Israele. Infatti, alle manifestazioni contro l'FMI della scorsa primavera, si sono uditi cori scanditi che equiparavano Hitler a Sharon.
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- Manifestazioni organizzate per accrescere i fondi ad organizzazioni di dubbia fonte politica che, in certi casi, si è poi scoperto appoggiavano il terrorismo, sono state organizzate da associazioni studentesche in questo ed in altri campus.
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- Alcune di queste associazioni, qui a Harvard, ed in altre Università del paese, hanno richiesto di isolare Israele in campo universitario dal resto del mondo, considerandolo l'unico paese inappropriato per qualsiasi tipo di investimento. Mi sono affrettato a dichiarare che Harvard ha categoricamente respinto tale proposta.
E' sempre doveroso rispettare la libertà accademica di chiunque assuma una posizione. E' altrettanto doveroso ricordare che la libertà accademica non include che tale libertà sia esente da critica. L'unico antidoto a simili manifestazioni pericolose sta nell'assumere alternative efficaci.
Durante la mia vita sono sempre stato respinto da coloro che udivano il rumore di vetri rotti, ad ogni insulto o fatto insignificante, e che evocavano le immagini della Notte dei Cristalli di Hitler, ad ogni disaccordo con Israele. Simili timori mi sembravano solo allarmismi o passeggere reazioni isteriche. Ma devo dire che se ancora li considero ingiustificati, questi allarmismi mi sembrano molto meno tali oggi che un anno fa.
Non chiedo di meglio che di essere in errore. La mia più grande speranza e preghiera è che l'espressione di un risorgente antisemitismo riveli la sua profezia di negazione - una predizione che porta con sè i semi della sua stessa falsificazione. Ma questo dipende da tutti noi.
Dal rettore di Harvard, Lawrence H.Summers (Università di Harvard)