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Leggi razziali e Vaticano 21/12/2008
Vi invio, qualora vi possa interessare un commento in merito alle leggi razziali, inviato all'Osservatore romano.
Saluti e contraccambio gli auguri di Channukah Tovah.
Dario Bazec

ALL'OSSERVATORE ROMANO

Egregio Sig. Direttore,
cito in premessa la parole dell'articolo del suo giornale su Fini:
"Di certo, sorprende e amareggia il fatto che uno degli eredi politici del fascismo - che dell'infamia delle leggi razziali fu unico responsabile e dal quale pure da tempo egli vuole lodevolmente prendere le distanze - chiami ora in causa la Chiesa cattolica. Dimostrando approssimazione storica e meschino opportunismo politico."
Allora, se le cose stanno così, si può chiudere " illico et immediate" l' "Anno Paolino", perché in analogia alle accuse rivolte a Fini, altrettanto di può dire di Paolo, persecutore dei cristiani. E se si fa a Fini il processo alle intenzioni, altrettanto si può farlo a Paolo e a chiunque altro. Processo che, peraltro, è sempre stato una cosa riprovevole nella vita sociale. Perché non si possono giudicare le intenzioni, ma i fatti.
Detto questo, mi permetto di aggiungere quanto segue.

Francamente è del tutto inutile che voi, gli organi di stampa cattolici, i giornalisti, ecc. vogliate fare vedere la verginità della Chiesa nelle leggi razziali. A parte l'unica frase dei cristiani spiritualmente semiti detta da Pio XI, in tanti anni di pontificato non c'è nulla di concreto che la Chiesa abbia fatto per combattere questo bestiale razzismo qui in Italia.

Non serve citare l'enciclica "Mit brennender Sorge" contro l'antisemitismo nazista, perché si riferisce alla Germania.

Il discorso di Fini si riferisce esclusivamente all'Italia. E benché io non sia tenero con i fascisti ed ex-fascisti, Fini ha ragione. La Chiesa ha fatto troppo poco. A parte la citata frase di Pio XI citata fino alla nausea altro di concreto non c'è.

E' vero che Pio XI affidò il progetto di un'enciclica a P. Passelecq, ma ciò che è incomprensibile è come mai quel progetto redatto dal citato Padre fu avocato a sé dal Generale della Compagnia di Gesù, che abusivamente lo tenne fermo per un anno. Dal momento che P. Passelecq aveva avuto l'incarico direttamente dal Santo Padre, con quale diritto si ingerì il Generale? Così accadde che quando il Generale si degnò di riconsegnare l'enciclica ormai era troppo tardi. Perché poco dopo Pio XI spirò.

A parte questo, l'enciclica era sì contro l'antisemitismo ma non contro l'antigiudaismo.

E come si spiega che il card. Piazza nella Pasqua del 1940 pontificava in S. Marco contro i perfidi giudei?

E come si spiega che P. Tacchi Venturi, nell'agosto 1943, dopo la caduta di Mussolini, contattò il ministero dell'interno del governo Badoglio, chiedendo l'arianizzazione dei convertiti, ma si guardò bene dall'accennare all'abrogazione della legge razziale, "la quale secondo i principi e la tradizione della Chiesa Cattolica, ha bensì disposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma" (Cfr.Léon Poliakov, "Storia dell'antisemitismo 1945-1993, La Nuova Italia, 1996 p.443).

Infatti l'abrogazione delle leggi razziali avvenne in ottemperanza all'armistizio con gli Alleati Anglo-Americani e fu gradualmente estesa al territorio nazionale, secondo l'avanzata delle truppe alleate.

L'unica cosa che la Chiesa fece contro le leggi razziali fu di protestare contro la proibizione prevista contro i matrimoni misti. Niente di più e niente di meno.

Mi riservo comunque di fare una ricerca più dettagliata sull'argomento.

Non posso però esimermi da citare un fulgido esempio di coraggio, di cristianesimo sublime e di alta civiltà. Mi riferisco a ciò che fece Mons. Antonio Santin, vescovo di Trieste e Capodistria, non appena furono promulgate le leggi fasciste.

Unico vescovo su circa 300, ebbe l'ardire di affrontare direttamente Mussolini. Giunto a Palazzo Venezia, quando vide sul tavolo del duce l'avviso "Per favore siate brevi", si alzò per andar via. Mussolini ritirò subito l'avviso e lasciò parlare il vescovo. Mons. Santin protestò per le misure prese contro gli Ebrei in quanto tali, e Trieste, che veniva additata dai fascisti come città dove c'erano ricchi ebrei, aveva invece molti ebrei poveri e indigenti e se ne creavano  degli altri con la disoccupazione forzata. Ovviamente il duce fu irremovibile. Ma intanto Mons. Santin ebbe il coraggio di affrontarlo a viso aperto. Soltanto dopo il vescovo andò a riferire a Pio XI che si congratulò per l'iniziativa. E gli altri 299 vescovi che fecero? Predicarono? E se i responsabili non erano alla predica, qual era il risultato?

ONORE E GLORIA A MONS. ANTONIO SANTIN PER IL SUO AMMIRABILE CORAGGIO.

Saluti

Dario Bazec


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