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La Stampa Rassegna Stampa
20.12.2008 Sesso e erotismo nell'islam
la cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 20 dicembre 2008
Pagina: 14
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Sotto il Chador di tutto»

"Peccato che sul lungomare di Gaza i fidanzati non possono neppure prendersi per mano", sono le ultime righe del servizio di Francesca Paci da Gerusalemme, sulla STAMPA di oggi, 20/12/2008 dal titolo " Sotto il Chador di tutto ". Un articolo dal quale si deduce che la sessualità, nei dispotici regimi musulmani, può contemplare anche un universo erotico solo se finalizzato alla soddisfazione del coniuge. La donna rimane rigorosamente oggetto di piacere a senso unico e produttrice di prole. Ecco l'articolo:

Il commesso barbuto prende un paio di slip rossi con la zip davanti dalla vetrina piena di guêpière made in Cina e lo mostra alle tre ragazze velate che si tengono a braccetto e parlottano. Dietro il bancone della piccola bottega a pochi isolati dalla Muqata, la sede del governo palestinese, un ritratto di Yasser Arafat. La taglia è giusta: le amiche pagano e si rituffano nel trambusto dei centri commerciali di Radio Bulevard, il cuore di Ramallah, automobili con la musica sparata, banchi di fragole, un grande albero di Natale.
«E' un settore che qui non conosce crisi» scherza Mustafà, titolare d'un negozio di corsetti piumati e reggiseni trasparenti, alcuni di marche europee. Suo cugino vive a Gaza, dove di questi tempi i trafficanti si arricchiscono importando armi e Viagra: «Quando è riuscito ad andare in Egitto, attraverso il valico di Rafah, ha comprato diversi capi, cose adatte a una serata speciale con la moglie. Anche il Cairo ormai è invaso da prodotti cinesi, costano meno, li usi una volta e poi cambi fantasia».
Nonostante il numero crescente di donne velate, il mondo arabo mantiene la passione per la biancheria intima licenziosa. Facce entrambe della stessa medaglia, secondo il libro di due giovani studiose che sta facendo il giro della comunità musulmana londinese e di quella virtuale, la umma online. The Secret Life of Syrian Lingerie, la vita segreta della lingerie siriana, è un'inchiesta sul lato occulto della capitale siriana tra i cui vicoli non si nascondono solo gli agenti del Mukhabarat, la temibile polizia segreta del presidente Assad, ma un'immaginario erotico decisamente audace narrato finora solo dalla letteratura.
Romanzi come La prova del miele di Salwa Al-Neimi, una specie di Melissa P mediorientale, hanno avuto molto successo all'estero e in patria, seppure grazie a internet. Ma raccontare la realtà resta un tabù sostiene Malu Halasa, una delle due autrici di The Secret Life of Syrian Lingerie: «Basta pensare alla fantasiosa biancheria intima siriana. Prodotta da tradizionali e religiose famiglie sunnite per una clientela tradizionale e religiosa sarebbe l'ideale contro la convinzione occidentale che l'islam sia puritano e sessuofobico». Il condizionale è d'obbligo: «Dopo mesi di discussioni l'editore ha rifiutato le immagini della prima donna musulmana in lingerie che si vedono sui cartelloni pubblicitari di mezza Siria per paura di una reazione violenta». Della serie si fa ma non si dice. Scriverne poi, apriti cielo.
Intanto però, il libro c'è. Avrebbe potuto mostrare di più, come sa bene chi si è addentrato almeno una volta nei vicoli dello storico Suq Hamadiyeh di Damasco, tra antichi backgamon siriani intarsiati di madreperla e bustini in latex che farebbero impazzire Madonna. Ma racconta molto attraverso le voci delle protagoniste come la giovin signora che spiega l'uso delle mutandine accessoriate di cellulare. «Quando desidero mio marito - dice la donna - mi siedo sul letto con indosso solo di slip e lo chiamo: dring, dring, il telefono squilla, vieni a rispondere».
«Alla scuola d'arte mi dicevano di guardare all'interno della mia cultura, l'ho fatto ed è stata una vera sorpresa» ammetta Rana Salam, l'altra autrice che lavora in studio grafico a Londra. La vita segreta della lingerie siriana pullula d'indumenti intimi bordati di pelliccia o arricchiti di uccellini in plastica, boa di struzzo, reggiseni a coppa che si aprono come scrigni e partners che s'ingegnano a vicenda ad aprire e chiudere cerniere lampo.
Pazienza se i cultori di Victoria's Secret, la raffinata marca di lingerie americana, storceranno il naso: «Chiamatelo pure kitsch, è l'inno alla sessualità mediorientale, arte pura» ripetono le autrici. La performer libanese Ayah Bdeir ha incluso gadget erotici «alla siriana» nelle sue ultime installazioni.
Una fanciulla con il velo integrale che lascia scoperti solo gli occhi esce dal un negozio di Salah Eddin street, a Gerusalemme est, infilando nella borsa un paio di culotte con un cuore lampeggiante davanti. «Non c'è vergogna nella religione» dice uno degli intervistati alla fine di The Secret Life of Syrian Lingerie, spiegando che l'islam incoraggia i coniugi a cercare la reciproca soddisfazione sessuale. E' la teoria degli orientalisti Hassouna Mosbahi e Heller Erdmute, secondo cui sarebbe stata la cultura tribale araba a aver aggiunto misoginia e bigottismo a quella musulmana. Peccato che oggi sul lungomare di Gaza i fidanzati non possano neppure prendersi per mano.

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