Le leggi razziali fasciste e i loro imitatori una pagina di storia ricordata da Michele Sarfatti
Testata: La Repubblica Data: 19 dicembre 2008 Pagina: 44 Autore: Michele Titolo: «Così l´Italia esportò Le leggi antisemite»
Da pagina 44 de La REPUBBLICA del 19 dicembre 2008, riprendiamo parte dell´Introduzione di al numero speciale de «La Rassegna Mensile di Israel» sulle leggi antisemite del 1938, "Così l´Italia esportò Le leggi antisemite", di Michele Sarfatti:
Sulla legislazione antisemita del 1938 possiamo osservare che sono da tempo disponibili alcune indagini sulla reazione degli italiani antifascisti in Francia e un primo approfondimento sull´intera comunità italiana negli Stati Uniti. Ma ci manca una panoramica generale dettagliata, tale cioè da dare conto sia dell´insieme dei comportamenti nei vari paesi, sia delle tante specifiche vicende. Quasi nulla poi è stato scritto sulle reazioni degli altri governi: gli alleati/alleandi tedesco e giapponese (quest´ultimo indubitabilmente "non ariano"), quelli sotto effettiva influenza italiana, quelli sui quali l´Italia intendeva esercitare influenza, quelli neutrali od ostili, quelli che rientravano nella classificazione di "semiti", pur se "non ebrei", quelli "latini" a tendenza autoritaria. Per comprendere quanto estesa possa essere l´utilità di queste ricerche e riflessioni, basti richiamare alcune considerazioni sviluppate da Klaus Voigt, pur in un volume dedicato precipuamente al trattamento degli ebrei tedeschi nell´Italia fascista antisemita: «Non si è finora riflettuto sui contraccolpi che la complicità di Mussolini nella politica razziale ebbe sulla situazione degli ebrei in Germania. Con l´introduzione delle leggi razziali in Italia, l´alleanza veniva rafforzata al punto che Hitler poteva dare senz´altro inizio a una fase di più violenta persecuzione degli ebrei. Siamo quindi autorizzati a chiederci se il pogrom della "notte dei cristalli", che ebbe luogo un mese dopo la seduta del Gran consiglio del fascismo, avrebbe as sunto le stesse dimensioni se Hitler avesse dovuto ancora corteggiare Mussolini». La domanda è stata formulata quasi venti anni or sono, le risposte non sono ancora pervenute. Il divieto radicale di celebrazione di matrimoni del «cittadino italiano di razza ariana» con «persona appartenente ad altra razza», inserito dal regime fascista nel decreto legge 17 novembre 1938 n. 1728, costituì anche una notevole svolta nelle complesse relazioni tra regime fascista e Santa Sede. Infatti nel gennaio 1937 il governo aveva optato per non inserire tale divieto nel decreto legge sui «rapporti fra nazionali e indigeni» nelle colonie, motivando la decisione con «considerazioni di opportunità in rapporto allo spirito informatore dei Patti Lateranensi». (...) Ebbene, questo nuovo divieto italiano, questo successo mussoliniano del novembre 1938, ebbe un´influenza grave e reale fuori d´Italia: venne infatti esplicitamente richiamato in occasione della sua introduzione in altri Paesi. Così, il 2 novembre 1940, mentre l´Ungheria si stava appunto predisponendo a varare tale normativa (nei confronti dei soli matrimoni tra «ariani» ed «ebrei»), il Nunzio a Budapest Angelo Rotta riferì a Roma: «L´esempio poi dell´Italia riesce qui molto funesto». (...) Gli Stati europei sottoposti a una netta influenza italiana erano pochi, nonché in genere piccoli e di limitato peso specifico. E però essi esistettero. Ne deriva che è oggi legittimo e doveroso indagare quanto quell´influenza concernesse anche l´antisemitismo e il razzismo. In attesa che vengano sviluppate ricerche a carattere ampio e approfondito, si possono intanto richiamare alcuni documenti isolati, testimonianti volta a volta o l´intenzione del governo fascista di esportare la propria legislazione, o la volontà degli altri governi di tenerne conto, almeno in parte. Ad esempio, poco prima dell´invasione italiana dell´Albania dell´aprile 1939, l´ambasciata di quel Paese a Roma comunicò a Tirana di avere «l´impressione che il governo italiano non vede di buon occhio la venuta degli ebrei nella nostra terra e tantomeno la loro sistemazione». Lo studioso che ha reperito il documento, Artan Puto, ritiene che i provvedimenti albanesi del 1938-1939 contro l´immigrazione di ebrei erano motivati più dalla volontà di mostrarsi allineati all´Italia che dalla crescita dell´antisemitismo nella popolazione o nel governo. (...) Dalla parte opposta del Mediterraneo vi era la Spagna del vittorioso Francisco Franco, con il governo insediato a Burgos. Questo seguiva i nuovi avvenimenti della penisola con grande attenzione e non poche preoccupazioni, dipendendo dal sostegno italiano e necessitando altresì ottimi rapporti con la Santa Sede. Uno studio di Isidro Gonzales Garcia illustra in particolare due casi, entrambi concernenti persone battezzate e non italiane. Il primo, un avvocato ventottenne, intenzionato a lavorare presso la stessa compagnia assicuratrice che lo impiegava in Italia, venne ammesso. La seconda, una giovane che intendeva sposare un italiano non ebreo, da tempo combattente per Franco, no. Il motivo addotto per quest´ultima decisione è proprio il divieto legislativo italiano di matrimoni «razzialmente misti». Pur essendo ella raccomandata da un vescovo italiano, nel suo caso Burgos scelse esplicitamente di non porsi in contrasto col regime fascista. (...) Tirana, Burgos e San Marino costituiscono un´area internazionale di influenza diretta decisamente modesta. Ma si è detto che quella indiretta raggiungeva Budapest e Bucarest. Insomma, l´Italia di Mussolini ebbe un qualche ruolo nell´estensione della normativa antiebraica. Vale la pena di studiarlo e conoscerlo meglio
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