1979: Hilarion Capucci al Consiglio Nazionale dell’OLP la dodicesima parte di "Quaranta e li dimostra" di Luciano Tas
Testata: Informazione Corretta Data: 19 dicembre 2008 Pagina: 1 Autore: Luciano Tas Titolo: «1979: Hilarion Capucci al Consiglio Nazionale dell’OLP»
Il 20 gennaio al Consiglio Nazionale dell’OLP, tenuto a Damasco, fa il suo ingresso trionfale, con grandi manifestazioni di gioia di Yasser Arafat, l’Arcivescovo Hilarion Capucci, uscito quattordici mesi prima dalle carceri israeliane, dove era stato ospite per tre anni.
In realtà al prelato era stata comminata una condanna a dodici anni, essendo stato colto in flagrante reato di trasporto, nel vasto bagagliaio della sua Mercedes, di armi ai terroristi palestinesi.
Le pressioni del Vaticano su Israele perché l’Arcivescovo venisse liberato avevano ottenuto lo scopo, in cambio però di un impegno di non fargli più mettere piede in Medio Oriente. E tuttavia eccolo ora qui, a Damasco, osannato da una platea entusiasta di vedere, finalmente libero, l’uomo che portava il messaggio di Gesù sulle canne dei kalashnikov.
(La battaglia per la vita della Chiesa di Roma è evidentemente limitata alla difesa a oltranza degli embrioni. Almeno in quell’anno la vita di civili israeliani, colpevoli di esistere, passava in secondo piano).
Israele ricorda al Vaticano il suo impegno e protesta, ma ilVaticano risponde che a Capucci era stato assicurato un incarico pastorale in Sudamerica, ma poi lui non se ne è dato per inteso ed è ritornato sul luogo del (suo) delitto per sua volontà.
La Chiesa è dunque innocente e l’uomo può continuare la sua opera di pace.
La pace tuttavia sembra davvero essersi messa in moto, almeno per quello he riguarda Egitto e Israele. Il 26 marzo viene solennemente firmato dai due Paesi il trattato di pace di cui sono resi pubbliche tutte le clausole. Israele evacuerà il Sinai in quattro momenti successivi, fino alla restituzione all’Egitto di tutto il territorio conquistato nelle guerre del ’67 e del ’73.
Ma di riprendersi Gaza l’Egitto non vuole neppure sentirne parlare.
Questo 1979 è davvero carico di speranze. Dopo l’Egitto sarà la volta della Giordania a mettere fine allo stato di guerra con Israele e stabilire in un altro trattato l’accordo di pace.
Di pace vera e globale però non si può ancora parlare. Troppi sono gli interessi di gran parte del mondo islamico a tenere le micce accese, specie ora che va conquistando rapidamente consensi l’aggressivo fanatismo pseudo-religioso islamico impostosi in Iran.
La fine dell’anno vedrà lo Scià Reza Pahlavi fuggire dal suo paese ormai nelle mani delle bande degli “studenti” islamici, per altro analfabeti, agli ordini dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, tornato a febbraio in Iran dal dorato esilio francese. Lo Scià fugge dall’Iran per rifugiarsi prima in Egitto e poi negli Stati Uniti.
In Iran incominciano subito gli arresti e i processi sommari contro gli esponenti e simpatizzanti del passato regime, contro ogni possibile oppositore e contro gli omosessuali. Le carceri e i campi di “rieducazione” sono solo provvisoriamente piene, perché le forche, che lavorano senza sosta, si occupano di svuotarle in fretta.
Il bagno di sangue e il drammatico trattamento riservato alle donne dovrebbero far riflettere quanti avevano dimostrato nelle piazze occidentali contro il regime dello Scià, le cui vittime rappresenteranno solo una infima percentuale di quelle dovute alla singolare interpretazione del Corano degli ipnotizzati seguaci di Khomeini.
In Africa non va meglio.
In Uganda le forze della Tanzania entrano nel Paese per appoggiare l’insurrezione contro il dittatore Amin Dada (quello di Entebbe) che fugge, evitando un fatale processo e salvandosi fortunosamente la vita. Nelle più turbinose e spesso tragiche vicende africane, il contributo di morte dato da Amin era stato particolarmente alto.
Lotte fratricide un po’ in tutta l’Africa. Colpo di Stato nell’Impero Centroafricano: viene deposto il crudele imperatore (autonominatosi nel 1976) Bokassa I.
Jean-Bédel Bokassa, dittatore della Repubblica Centroafricana dal 1966. si converte all’islamismo dopo un incontro con il leader libico Gheddafi ed è sostenuto dalla Francia che ha forti interessi in quel Paese ricco di pregiate materie prime. Su questo sostegno, che prescinde da tutti i crimini commessi da Bokassa (si diceva che anche lui, come l’ugandese Amin Dada, usasse di tanto in tanto di nutrirsi di carne umana) si chiacchiera molto e le chiacchiere giungono a lambire il Presidente francese Giscard d’Estaing per una storia che potrebbe essere riassuntivamente titolata “Uranio e diamanti”.
Forse a causa del montare di queste chiacchiere e per evitare il peggio, il 20 settembre di questo 1979 truppe francesi intervengono nel paese africano per appoggiare un colpo di Stato (probabilmente organizzato dalla Francia) che porta Bokassa a fuggire e a riparare proprio in Francia, dove è tenuto in condizione di non poter parlare. Per ribadire il concetto, Bokassa è poi processato per alto tradimento, assassinio, appropriazione indebita e cannibalismo. E’ condannato a morte, ma la pena nel 1988 è commutata in ergastolo e successivamente in venti anni. Morirà in carcere nel 1996.
Una storia piena di ombre e di nessuna luce.
In Italia gli anni Settanta saranno ricordati come “anni di piombo”. Vengono uccisi poliziotti, magistrati, uomini politici e quanti sono definiti “fascisti”, cioè quelli che non apprezzano le ideologie utopiche e sanguinarie dei terroristi rossi (ci sono anche i terroristi “neri”, che non inseguono ideologie di alcun tipo, a meno che l’ottusità non sia una nuova forma ideologica, ma sono minoritari, anche se altrettanto sanguinari).
A gennaio le BR alzano il tiro e uccidono un sindacalista comunista, Guido Rossa. Da questo momento per il PCI non sono più “compagni che sbagliano”, ma assassini.
Ed è luce verde per il governo che imprime una volta decisiva alla lotta per frantumare la fragile ossatura del terrorismo rosso e nero. Questa lotta sarà lunga, ma alla fine avrà successo.
Gli equilibri mondiali sono messi in pericolo a novembre, quando i pasdaran, o “studenti coranici”, occupano l’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran e sequestrano, tenendoli in ostaggio, i 52 addetti. Per liberarli chiedono che gli USA consegnino lo Scià Reza Pahlavi. La crisi non sarà risolta tanto presto e si può dire che questo gesto senza precedenti apra una nuova stagione di grandi pericoli per il mondo intero, la stagione del terrorismo islamico.
Altro elemento di tensione internazionale chiude l’anno a dicembre. Da una parte la NATO decide, con il consenso dei Paesi interessati, Germania e Italia, di installarvi i missili Pershing a testata nucleare puntandoli ad Est. Furiosa la reazione sovietica e, di seguito, dei partiti comunisti europei che organizzano oceaniche manifestazioni di protesta. Ciò malgradomissili verranno installati e l’Italia sarà un po’ più tranquilla.
Quasi una risposta l’invasione sovietica dell’Afghanistan. I sovietici affidano il potere ad un loro uomo afgano, Babrak Karmal (il Presidente “uscente”, Mohamed Tarak, sarà giustiziato), ma presto si renderanno conto di essersi cacciati in una trappola. Non avevano studiato bene la storia dell’Afghanistan (con il mitico Kymber pass di Kipling), restio a qualunque occupazione straniera che marcherà un altro passo avanti del fondamentalismo islamico, coalizzato contro gli occupanti sovietici e momentaneamente alleato degli Stati Uniti che forniranno tutto il materiale bellico necessario per costringere infine l’URSS a ritirarsi. Un materiale bellico che quasi trent’anni dopo sarà utilizzato proprio contro gli Stati Uniti e tutto l’Occidente.
La vicenda afgana influirà sul progressivo sgretolarsi del regime comunista sovietico e del comunismo, affrettandone la fine. Ma a che prezzo.