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Il Foglio Rassegna Stampa
18.12.2008 Un cattivo consigliere per Obama
la carriera (poco brillante) di Zbigniew Brzezinski nell'analisi di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 18 dicembre 2008
Pagina: 4
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Brzezinski point. Consiglia Obama, ma i precedenti non sono rassicuranti»
Da Il FOGLIO del 18 dicembre 2008 l'articolo di Carlo Panella "Brzezinski point. Consiglia Obama, ma i precedenti non sono rassicuranti":

Se è vero che il diavolo si nasconde nei particolari, è lecita una certa dose di inquietudine di fronte alla certezza che tra i consiglieri più ascoltati da Barack Obama vi sia proprio quel Zbigniew Brzezinski che ha la paternità infausta dei più delicati dossier che il presidente dovrà affrontare, Iran in testa. Preoccupa il fatto che l’ottantenne Brzezinski possa in qualsiasi modo condizionare le posizioni presidenziali sui dossier Russia, Iran o Pakistan, tutti contrassegnati dal suo disastroso operato nell’Amministrazione Carter. Quanto alla Russia, il polacco Brzezinski si è appena fatto notare durante la crisi georgiana per i toni più oltranzisti: “La giustificazione di Vladimir Putin a proposito della frammentazione della Georgia ricorda molto la tattica adottata da Hitler per la ‘liberazione’ dei Sudeti tedeschi contro la Cecoslovacchia. Ancora più preoccupante è il parallelo tra la strategia di Putin e quelle di Stalin contro la Finlandia”. Questa analisi dà l’idea dello schematismo del suo pensiero e che ben spiega i suoi fallimenti quando ispirò, tra il 1976 e il 1981, la politica estera americana quale consigliere per la Sicurezza nazionale. Certo che i dissidenti dell’Urss avrebbero avuto lo stesso ruolo destabilizzante che aveva Solidarnosc nella sua Polonia, Brzezinski convinse Jimmy Carter a giocare una pressione abnorme per la difesa dei diritti umani, senza alcuna capacità di affiancarle quella visione “di confronto sistema”, che ebbero poi le Amministrazioni Reagan (quanto al ruolo nullo della dissidenza nella dissoluzione dell’Urss e nella formazione del quadro politico russo, gli anni successivi sono stati impietosi). Quando i diritti umani venivano calpestati, Brzezinski non suggeriva altro se non l’uso violento della forza militare, crisi per crisi, con risultati negativi epocali. La coppia Carter- Brzezinski attuò così una politica estera velleitaria, di cui l’Iran fu il capolavoro negativo, seguito a ruota dal Pakistan e dall’Afghanistan. Delegittimato lo scià Pahlevi con dure critiche sui diritti umani, Brzezinski non tentò affatto di rafforzare un’evoluzione del suo regime autoritario, corrotto e inefficace, imponendo quelle scelte riformiste (come fece poi Reagan col Sudafrica razzista e col Cile di Pinochet) che avrebbero tolto consensi a Khomeini. A fronte delle manifestazioni oceaniche promosse dall’ayatollah, egli premette sempre e soltanto per una opzione militare stile anni Cinquanta, alla Foster Dulles (incluso l’assassinio di Khomeini), che infine riuscì a imporre con la disastrosa operazione aerea di Tabas del 24 aprile 1980, per la liberazione degli ostaggi dell’ambasciata americana di Teheran, in cui bruciò non soltanto il prestigio degli Stati Uniti, ma anche tutti i vertici militari iraniani ancora collegati a Washington, che appoggiarono l’avventura e che subito dopo furono fisicamente eliminati. Brzezinski ha tracciato anche le linee che hanno portato il Pakistan alla deriva. Appena nominato, appoggiò infatti il golpe del generale Zia ul Haq, che chiuse nel sangue l’esperimento laicista e kemalista di Ali Bhutto (impiccato) e che consegnò il vertice militare alle riforme di Abu Ala al Mawdudi, il Khomeini sunnita. La motivazione di questa scelta era semplice quanto dogmatica: Bhutto aveva una posizione da “non allineato”, Zia ul Haq, invece, garantiva uno schieramento fieramente antisovietico. Brzezinski non afferrò mai il pericolo dell’ideologia fondamentalista dei suoi alleati pachistani che ancora oggi controllano i servizi segreti (vedi Mumbai), tanto che anche in Afghanistan finanziò i più duri fondamentalisti islamici – Osama bin Laden incluso – badando soltanto alla loro efficacia sul terreno. Ancora oggi, Brzezinski non ha compreso l’errore. Recentemente – già consigliere di Obama – al giornalista che gli ha chiesto se non si fosse pentito della sua politica afghana che poi, proseguita da Bill Clinton, ha portato nel 1996 i talebani al potere a Kabul, ha risposto secco: “Nonsense”.

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