Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Gli eroi di United 93 come i terroristi l'aberrante paragone di Livia Manera
Testata: Corriere della Sera Data: 15 dicembre 2008 Pagina: 32 Autore: Livia Manera Titolo: «Nadeem Aslam: il mio Afghanistan è senza aquiloni»
Nornalmente, non pubblichiamo recensioni letterrarie nella rassegna, dedicata all'informazione politica, alle analisi, alla storia e alla cronaca. L'articolo di Livia Manera "Nadeem Aslam: il mio Afghanistan è senza aquiloni ", pubblicato a pagina 32 del CORRIERE della SERA del 15 dicembre 2008, però, ci ha talmente stupito per la sua conclusione, che abbiamo ritenuto di doverlo segnalare ai nostri lettori. Partendo da una citazione dello scrittore, Manera formula un giudizio sconcertante:
«Qualcuno che ricorda cosa accadde a bordo del volo United 93?» scrive. «Alcuni americani scoprirono che le loro vite, il loro paese, le loro città, le loro tradizioni, i loro costumi, la loro religione, le loro famiglie, i loro amici, i loro compatrioti, il loro passato, il loro presente, il loro futuro, erano sotto attacco, e decisero di rischiare le proprie vite — e alla fine di sacrificare le proprie vite — per impedire ai loro oppositori di riuscire». E forse non ha torto a ricordarci che non è molto diverso da ciò che pensano di fare i giovani terroristi che ogni giorno muoiono per l'Islam.
I passeggeri del volo United 93 furono eroi che impedirono a dei terroristi di raggiungere il loro obiettivo. I "giovani terroristi che ogni giorno muoiono per l'islam" sono criminali che vogliono distruggere un sistema di vita opposto a quello che vorrebbero per i loro paesi e per il mondo: un sistema, quest'ultimo, basato sull'assenza di libertà, sull'oppressione della donna, sulla repressione spietata di ogni dissenso, sull'odio religioso. Paragonarli gli uni con gli altri è semplicemente aberrante. Invitiamo i nostri lettori a scrivere al CORRIERE della SERA protestando per l'articolo di Livia Manera.
Ecco il testo, da pagina 32 :
Ogni americano che muore in Afghanistan, dice Casa, uno dei protagonisti del nuovo romanzo di Nadeem Aslam La veglia inutile (Feltrinelli), muore con un'espressione di stupore sulla faccia, «come se non riuscisse a capacitarsi che un paese così lontano e insignificante abbia potuto allevare un popolo capace di determinare il destino di un essere umano nato nella più potente nazione della terra ». Eppure è esattamente ciò che accade da quando l'America e i suoi alleati si sono impantanati nell'Afghanistan della guerra ai sovietici, della guerra civile e della guerra ideologica all'Occidente: e in particolare da quando, come ha scritto Don DeLillo poco dopo l'11 settembre, «il nostro mondo, una parte del nostro mondo, è collassato dentro il loro, portandoci in un luogo dominato dal pericolo e dalla rabbia». Comparata all'odio, alla violenza e alla crudeltà che Aslam descrive alla sua maniera cruda e poetica, quella rabbia è un briciola in questo romanzo che sarà ricordato come il più disincantato e disperato tentativo di dar voce a un'inferno creato dall'uomo ai margini della Guerra Fredda: un luogo luciferino in cui gli afgani seppellivano vivi i soldati sovietici per risparmiare le pallottole, i talebani lapidavano anche donne sposate non riconoscendo la legalità del loro matrimonio; i signori della guerra giocavano a polo con i corpi straziati dei disertori russi; e la Cia trama e tortura, mentre l'aviazione americana continua a bombardare le montagne di Tora Bora. Qui non siamo nel Cacciatore di aquiloni e nemmeno in un romanzo di Dostoevskij: non c'è speranza né possibilità di redenzione. Qui ogni singolo personaggio si porta dietro una storia di morte e va incontro a rivelazioni peggiori della morte. Difficile, davanti a un romanzo come La veglia inutile, capire se l'autore abbia esagerato nel dar voce all'atrocità, o se abbia invece avuto il coraggio di guardare in faccia il lato più sinistro del mondo. Nadeem Aslam, che si era rivelato come uno scrittore di rango e immaginifico nel precedente Mappe per amanti smarriti, è un quarantenne colto e laico, nato in Pakistan e cresciuto nel Nord dell'Inghilterra, del quale sappiamo che ha molto viaggiato in questa discarica della modernità che è anche la tomba di una cultura antichissima. Il suo romanzo ruota intorno a una grande casa ai piedi delle montagne di Tora Bora dove antichi affreschi persiani sono stati coperti col fango e una fabbrica di profumo giace abbandonata in fondo al giardino. Qui s'incontrano un inglese, una russa, un americano e un afgano, ognuno dei quali rappresenta una parte di storia del proprio luogo d'origine. L'inglese è Marcus Caldwell, è il padrone di casa, è anziano, ha perduto una mano per colpa dei talebani, una moglie che è stata lapidata e una figlia, Zameen, che è stata rapita; la russa è Lara, sorella dell'adolescente disertore sovietico che si è portato via la giovanissima Zameen e l'ha violentata e messa incinta; l'agfano è Casa, un orfano rimasto troppi anni senza nome per avere ancora un'anima; e l'americano è David, un agente della Cia che incontrando Zameen in fuga, se n'è innamorato e ha fatto da padre al suo bambino, prima che quest'ultimo sparisse e che Zameen fosse assassinata da un signore della guerra, con la complicità della stessa Cia. Aslam non si preoccupa di disegnare intorno a questi personaggi uno sfondo. È come se dicesse: in una società spappolata come quella afgana, dove russi e americani hanno giocato a dadi con le sorti del mondo, ognuno è alla mercé di forze invisibili. Le macchinazioni della Cia, certo. Gli interessi dei russi. E un Islam moralmente corrotto che usa la violenza sulle donne per dare un senso di potere a dei poveracci che non hanno nulla. Il merito maggiore di Nadeem Aslam, oltre al coraggio di essersi avventurato nelle sabbie mobili che l'Afghanistan odierno rappresenta per qualunque scrittore serio, è quello di mostrare la realtà da molteplici punti di vista. Se un altro scrittore pakistano come Mohsin Hamid ci ha reso comprensibili le motivazioni dei fanatici musulmani ne Il fondamentalista riluttante, Aslam nel La veglia inutile ci apre bene gli occhi sul fatto che «la Guerra Fredda è stata fredda solo per i luoghi ricchi e privilegiati del pianeta ». E che fu la Cia a suggerire agli afgani, scioccandoli, il metodo degli attentati suicidi per scacciare l'invasore sovietico. «Qualcuno che ricorda cosa accadde a bordo del volo United 93?» scrive. «Alcuni americani scoprirono che le loro vite, il loro paese, le loro città, le loro tradizioni, i loro costumi, la loro religione, le loro famiglie, i loro amici, i loro compatrioti, il loro passato, il loro presente, il loro futuro, erano sotto attacco, e decisero di rischiare le proprie vite — e alla fine di sacrificare le proprie vite — per impedire ai loro oppositori di riuscire». E forse non ha torto a ricordarci che non è molto diverso da ciò che pensano di fare i giovani terroristi che ogni giorno muoiono per l'Islam.
Un altro articolo di argomento letterario che merita una citazione è l’intervista di Pawel Smolenski con Jonathan Littel pubblicata da L'ESPRESSO del 12 dicembre 2008 a pagina 138. Lo scrittore, autore de "Le Benevole", incentrato sulla vicenda fittizia di un criminale nazista, sta ora lavorando a un romanzo su un nazista storicamente reale, il belga Leon Degrelle. La fascinazione per il male e per Terzo Reich, evidentemente, continua a pagare nei media. Così come la denigrazione di Israele: su PANORAMA è Avraham Burg, che nei suoi scritti e nelle sue prese di posizione ha riecheggiato la peggiore propaganda antisionista, al centro dell'intervista di Marina Gersony, "Varchiamo la soglia della speranza", a pagina 124.
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