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La Stampa Rassegna Stampa
13.12.2008 In Israele un film riapre il caso Kastner: eroe o collaborazionista ?
la cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 13 dicembre 2008
Pagina: 22
Autore: Francesca Paci
Titolo: «L’enigma Kastner Collaborazionista o eroe d’Israele?»
Da pagina 22 de La STAMPA, riportiamo l'articolo di Francesca Paci "L’enigma Kastner Collaborazionista o eroe d’Israele?"

Israel Kastner, «L'uomo che fu ucciso due volte» come lo definisce nella sua biografia lo storico Yechiam Weitz, continua ad agitare la coscienza israeliana. La vicenda dello Schindler ebreo che salvò le vite di 1700 ungheresi «comprandole» da Adolf Eichmann a peso d'oro e fu per questo processato a Gerusalemme con l'accusa di «aver collaborato con i nazisti», appartiene alla memoria tormentata del Paese nato per ricordare. Sepolto oltre mezzo secolo fa, l'ex responsabile dell'Agenzia ebraica di Budapest è ancora oggetto di studi, saggi, piece teatrali, film. L'ultimo documentario, «Killing Kastner», girato dall'americano Gaylen Ross, è stato presentato alla fine ottobre all'International Film Festival di Haifa e ha riacceso una polemica che non si è mai davvero spenta.
«È ora di chiedere perdono a Kastner» scrive il columnist del quotidiano Haaretz Gideon Levy. Una proposta e una provocazione ai connazionali che hanno rimosso quall'audacia ma coltivano nel giardino dello Yad Vashem gli alberi dei «giusti», i gentili che, rischiando, protessero gli ebrei dalla mannaia hitleriana.
Correva l'anno 1944. Israel Kastner si chiamava Rudolph ed era responsabile dell'Agenzia Ebraica di Budapest. Non abbiamo dettagli sul tipo di rapporti che intrattenesse con le gerarchie naziste. Di certo, sostiene il professor Weitz, «con due mani riuscì a salvare più ebrei di quanti avesse mai fatto nessun ebreo prima di lui». Più dei partigiani del ghetto di Varsavia, rilancia Gideon Levy. Lo rincontriamo 9 anni dopo in Israele ai piani alti del partito laburista. Un indiscusso padre della patria almeno fino al giorno in cui il pamphlet di Malchiel Gruenwald, giornalista ungherese sopravvissuto alla Shoah, denuncia «l'immondo scambio» con l'architetto dell'Olocausto. Kastner avrebbe potuto soprassedere. Invece rilancia: sullo sfondo c'è lo scontro culturale tra il sionismo muscoloso rappresentato dal Labur e la massa disperata degli scampati ai lager, un tabù affrontato direttamente solo nel 1961 con il processo Eichmann.
Cita Gruenwald per diffamazione e, in meno di due anni, finisce sul banco degli imputati accusato dal giudice Halevi di «aver venduto l'anima al diavolo». Ricorre in appello ma il tempo lo beffa: nel '57 viene misteriosamente ucciso a Tel Aviv.
«Kastner si trovò davanti due strade terribili, dolorosissime» nota il polemista Tom Segev. Personaggio tragico, shakespeariano, «costretto a scegliere tra il male e il peggio». «Killing Kastner» non gli è piaciuto: «La storia è più complessa, non sapremo mai cosa i nazisti volessero davvero da lui. Tutti fecero errori, compresi i suoi superiori che lo lasciarono solo a negoziare».
Negoziò. «Cos'altro avrebbe dovuto fare?» si chiede l'ottantunenne Moshe Vartash, figlio di una sopravvissuta del ghetto di Budapest. Oggi Vartash vive a Ramat Hasharon, lontano dal passato. Ma non dimentica: «Kastner è stato un eroe. Grazie al suo intervento, mia madre ottenne una raccomandazione per scappare in Svizzera».
La cicatrice di un processo che ha lacerato il Paese per anni duole. Dopo il commento di Levy, Haaretz è stato sommerso di lettere. Molti lettori disapprovano la santificazione di un ebreo che sapeva e «avrebbe dovuto informare gli altri». Altri, come Tzahor, replicano che «Kastner avvertì di non salire sui treni tutti quelli che riuscì a raggiungere». Baruch Tzahor, 83 anni, parla per esperienza: «Si mormorava che aiutò solo i ricchi ma non è vero, provò a salvare anche me. Era il 1945, ero nascosto nell'ospedale ebraico di Vienna. I russi incalzavano. Kastner mi offrì un passaggio per la Svizzera ma rifiutai». Tzahor rimpiange solo quel mattino del 1955 quando rivide l'amico nel tribunale di Gerusalemme e non testimoniò per lui: «Il mio partito, l'Ahdut Ha'avoda, era rivale del suo, il Mapai. Mi dissero che la comunità aveva bisogno di eroi non di collaborazionisti».
Israele è terra di eroi. Pianterà un albero di Kastner accanto a quello di Schindler? «Sono casi diversi. Schindler era interno al partito nazista, ovvio che avesse contatti con le SS: era la sua vita» spiega Elizier Schweid, docente di storia ebraica alla Hebrew University di Gerusalemme. L'altro no. E non ha smesso di morire.

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