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Il Foglio Rassegna Stampa
12.12.2008 Il terrorismo iraniano e la collaborazione tra Stati Uniti e Siria
intervista all'esperto di intelligence Ronen Bergman

Testata: Il Foglio
Data: 12 dicembre 2008
Pagina: 4
Autore: Amy Rosenthal
Titolo: «Un esperto d’intelligence ci svela i retroscena del terrorismo iraniano e della collaborazione tra Siria e America»
Da pagina II dell'inserto del FOGLIO del 12 dicembre 2008, riportiamo l'articolo di Amy Rosenthal "Un esperto d’intelligence ci svela i retroscena del terrorismo iraniano e della collaborazione tra Siria e America":

Tra Damasco e Washington esiste una collaborazione antiterrorismo. Lo ha messo in chiaro Ronen Bergman sulle pagine del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, spiegando che il raid americano in territorio siriano della fine di ottobre “è stato compiuto con la cooperazione dell’intelligence siriana, che ne era a conoscenza”. A raccontarlo a lui sono stati due alti ufficiali americani. “Mi hanno spiegato – dice al Foglio l’esperto di intelligence israeliano – che l’attacco è avvenuto dopo un’intensa attività di lobby americana nei confronti della Siria per aiutarla a gestire un gruppo legato ad al Qaida attivo sul confine siriano-iracheno”. Anche se gli Stati Uniti non hanno confermato la sua versione, secondo Bergman il governo siriano non voleva piegarsi pubblicamente alle pressioni americane perché sgominasse il gruppo. “E’ più probabile che i siriani abbiano detto ‘se volete, fatelo. Vi lasciamo passare e vi diamo carta bianca’”. Ci sono domande che restano senza risposta ma sembrano delineare con chiarezza la situazione. Prima fra tutte, visti i grandi investimenti siriani nella difesa e la fissazione per gli elicotteri israeliani, come mai non c’è stata resistenza da parte di Damasco all’attacco? “I video fatti con i cellulari – dice Bergman – non mostrano nessuna azione difensiva siriana né dal cielo né dalla terra. E questo è strano. E poi l’attacco sarebbe mai potuto accadere in pieno giorno senza che Damasco lo sapesse in anticipo?”. Europa e Israele hanno teso una mano alla Siria, nel tentativo di spezzare il legamecon l’Iran. “Il presidente siriano Bashar el Assad ha dichiarato di voler negoziare con Gerusalemme, e Israele non può rifiutarsi. Assad starebbe pensando a un affare a tre: vuole riprendersi le alture del Golan e contemporaneamente riconciliarsi con gli Stati Uniti. Se Obama darà a Damasco quello che Bush le ha negato, ovvero un tavolo di negoziazione che la coinvolga, e se Israele si ritirerà dal Golan, penso che la Siria si troverebbe davanti a un’offerta che la allontanerebbe dall’Iran. Assad si comporta da ragazzino immaturo, mettendo a rischio il suo regime con mosse azzardate come la costruzione di un reattore e il sostegno a Hezbollah”. L’assassinio della mente del Partito di Dio, Imad Mughniyeh, a Damasco a febbraio, è per Bergman una dimostrazione di instabilità. “Anche se non so da che parte stia veramente – dice – trovo interessante che non abbia iniziato una guerra con Israele nemmeno dopo i molti colpi inflitti da Gerusalemme al suo regime. Nel dialogare con Damasco resta però il dubbio che Assad voglia soltanto riprendersi il Golan e che non abbia davvero interesse a tagliare i rapporti con Teheran”. E soprattutto con Hezbollah, che al momento non è sulla lista dell’Ue delle organizzazioni terroristiche. “Questa è una disgrazia e una vergogna – dice – Il terrorismo è una minaccia strategica. Non mi importa se Hezbollah fa parte del governo libanese, sostiene il terrorismo suicida”. L’ultimo libro di Ronen Bergman, “The Secret War with Iran: The 30 Year Clandestine Struggle against the World’s Most Dangerous Terrorist Power” (Free Press), è un’inchiesta con oltre trecento interviste che racconta come per 30 anni l’Iran sia stato lo sponsor più importante del terrorismo globale e come Teheran sia il nemico più duro, da sconfiggere a tutti i costi. Il volume gli è costato dieci anni di ricerche, interrogatori subiti, intercettazioni telefoniche e una minaccia di processo per alto tradimento. “Anche se sono critico nei confronti del mio governo e dei servizi di intelligence – spiega – credo sia un vero miracolo che Israele esista ancora. I miei connazionali ormai mi chiedono ‘quando l’Iran ci bombarderà’”. Nel suo libro, Bergman racconta che “le menti iraniane del terrorismo hanno attraversato il mondo in lungo e in largo, bombardando e assassinando senza pietà, persino prendendo appartamenti in affitto a New York e pianificando attentati”. Dimostra poi come Hezbollah, che minaccia Israele con gli armamenti forniti dall’Iran, abbia lavorato con al Qaida e altri gruppi terroristici sunniti allo sviluppo di operazioni terroristiche. “In molti dicono che quella all’Iraq è stata una guerra giusta, ma contro il paese sbagliato. Saddam Hussein era un orribile dittatore che massacrava la sua gente tutti i giorni, uno che, pure se non stava cercando di ottenere armi di distruzione di massa al momento dell’invasione americana, ci aveva provato molte altre volte. Era senza dubbio legato al terrorismo internazionale. Credo che l’America avesse il dovere morale di intervenire, e tutte le buone ragioni, armi o non armi. Ma Iran e Iraq sono molto diversi fra loro, e non credo che gli Stati Uniti debbano attaccare Teheran”. Obama preferisce la via del dialogo, e Bergman è d’accordo con lui. “Se il nemico è disposto a parlare non ci si può tirare indietro, ma l’Amministrazione Obama non deve permettere che il dialogo dia una scusa agli iraniani per temporeggiare. Parlare con gli iraniani ha senso se Teheran smette di stostenere Hezbollah, se chiude il suo programma nucleare e se apre le porte alle ispezioni dell’Aiea”. E l’Europa che cosa dovrebbe fare? “Io suggerirei un'assemblea segreta dei leader europei con gli esperti di intelligence, cui porre delle domande. Avete dei dubbi sul fatto che gli iraniani stiano costruendo l’atomica? La risposta sarà no. L’Iran sta portando avanti il suo programma nucleare? E la risposta sarà sì. L’Iran sostiene il terrorismo internazionale? Certo. E poi, credete che se l’Iran ottenesse l’atomica destabilizzerebbe gravemente la regione? Ovviamente sì. Ecco dovranno raccogliere queste risposte e pensare a cosa fare”. Secondo Bergman, però, non siamo ancora al punto in cui un attacco è l’unica soluzione possibile, e soprattutto l’Iran non è la Germania nazista: “Gli israeliani dicono che Ahmadinejad è un nuovo Hitler, ma non è vero. Il suo regime ha dimostrato pragmatismo. Gli iraniani favoriscono il terrorismo suicida ma non si suicidano loro stessi. Vogliono restare al potere e sanno bene che Israele, se colpito con l’atomica, li riporterebbe all’età della pietra. O ancora prima, come ha detto Benjamin Netanyahu”.

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