Il boia contro i dissidenti in Iran la denuncia di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 10 dicembre 2008 Pagina: 3 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Religiosi, blogger e gli ultimi dissidenti condannati dal regime iraniano»
Da pagina 1 dell'inserto de Il FOGLIO del10 dicembre 2008, riportiamo l'articolo di Giulio Meotti "Religiosi, blogger e gli ultimi dissidenti condannati dal regime iraniano"
Il più noto blogger iraniano, Hossein Derakhshan, da un mese si trova in carcere a Evin accusato di spionaggio a favore di Israele. Avrebbe “confessato” e su di lui pesa ora la minaccia della condanna a morte. Per la stessa accusa Teheran ha appena giustiziato Alì Ashtari. Derakhshan era partito dal Canada, dove ha iniziato l’attività di blogger anti-regime in farsi e inglese conquistandosi anche una collaborazione col Guardian, per far visita alla famiglia in Iran. La sua colpa? Una visita in Israele di due anni fa, per “mostrare la vita quotidiana del popolo ebraico” e smascherare i pregiudizi antisemiti. E’ stato rinchiuso a Evin, significa “amore” in curdo ma durante la Rivoluzione khomeinista vi si uccidevano i dissidenti estraendo il sangue. Zahara Kazemi è morta a Evin per emorragia cerebrale, colpevole di aver scattato fotografie della prigione. “La Repubblica islamica ritrae Israele come lo stato del male, col disegno consensuale di uccidere ogni singolo uomo e donna che pregano Allah, inclusi gli iraniani” scriveva Derakhshan. “Io voglio sfidare questa rappresentazione. Ho intenzione di mostrare agli israeliani che la vasta maggioranza degli iraniani non si identifica con la retorica di Ahmadinejad”. Secondo l’esule iraniano Amir Taheri, stiamo assistendo al più grande salasso in Iran dal 1984, quando Khomeini ordinò il massacro di migliaia di dissidenti. Derakhshan non è l’unico ospite illustre del sistema penitenziario iraniano. A Evin, la più famosa segreta dell’Iran che le Nazioni Unite hanno definito “una prigione nella prigione”, ci sono decine di dissidenti e nemici del khomeinismo. Ufficialmente, dei 2.755 uomini e 375 donne di Evin, nessuno figura come “prigioniero politico”. La formula più usata è “moharebeh”, cn cui nel Corano si indicano i reati dei “nemici di Allah”. La Bbc è l’unica ad essere stata ammessa a Evin. I dissidenti si sono scatenati contro il network inglese, accusato di essersi comportato come la Croce Rossa quando venne invitata dai nazisti a visitare il lager di Theresienstadt nel 1944. La giornalista Parvin Ardalan è lì in agonia per “propaganda contro il sistema”. Di sé dice di provenire dalla “generazione distrutta dalla Rivoluzione” e che per questo “la resistenza è il nostro solo modo di vivere”. L’ayatollah Seyyed Hossein Borujerdi, dissidente teologico della Rivoluzione, parla al mondo per mezzo di lettere clandestine che fa uscire da Evin. Secondo Amnesty International, Borujerdi è stato torturato. Ramtin Soodmand, figlio dell’ultimo convertito al cristianesimo giustiziato nel paese secondo l’editto di Khomeini (“il non musulmano è impuro”), rischia di finire come il padre. A quindici anni è stato appena condannato lo studente curdo Yasser Goli. Finirà impiccato invece l’insegnante curdo Farzad Kamangar. Casi esemplari della repressione curda: giornalisti uccisi, come Hassanpour e Botimar, gioventù assimilata e il clero privato delle moschee. Fino al bando del curdo come lingua di insegnamento a scuola. Khomeini, che nel 1979 bombardò i loro villaggi e li sterminò bollandoli come “i più grandi infedeli”. Quelle stragi furono immortalate da Jahangir Razmi, artefice di un celebre scatto che mostrava l’esecuzione di undici prigionieri curdi a Sanandaj. E’ l’immagine simbolo della Rivoluzione. E’ il suo epitaffio.
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