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Avvenire Rassegna Stampa
09.12.2008 L'antisemitismo di Celiné, rievocato con troppa indulgenza
sul quotidiano cattolico

Testata: Avvenire
Data: 09 dicembre 2008
Pagina: 20
Autore: Daniele Zappalà
Titolo: «Il Céline vietato scuote Parigi»
Fui antisemita, dichiarò Celiné a un giornalisa "nella misura in cui supponevo che i semiti ci spingevano verso la guerra. Senza ciò, non ho evidentemente niente, non mi trovo in nessun modo in conflitto con i semiti, non c’è ragione".
"Simili spiegazioni non hanno mai dissipato in Francia le condanne e i sospetti relativi all’uomo", osserva Daniele Zappalà nell'articolo "Il Céline vietato scuote Parigi", pubblicato da AVVENIRE il 9 dicembre 2008.
Nè si vede come una simile "spiegazione", che in realtà è una rivendicazione, possa dissipare "condanne e sospetti".
L'antisemitismo si alimenta di accuse demonizzanti e mitologiche, da quelle medievali del deicidio e degli omicidi rituali fino alle teorie del complotto della modernità, la cui ultima incarnazione è l'attuale antisionismo.
Giustificare l'antisemitismo di chi ha creduto a queste accuse sarebbe molto peggio di un eccesso di indulgenza.
Sarebbe una licenza per la menzogna e per l'odio.

Ecco il testo:

Può accadere che uno scrittore francese del Novecento fra i più tradotti di tutti i tempi non sia "pubblicabile" in Francia? Di fatto, può accadere, se lo scrittore si chiama Louis-Ferdinand Céline. Naturalmente, non sono in questione capolavori come Viaggio al termine della notte o Morte a credito. Ma quegli scritti che lo stesso autore, nato nel 1894 e morto nel 1961, rinnegò in vita. Si tratta in particolare dei pamphlet che Céline scrisse nei torbidi anni che vanno dal 1937 al 1941, intrisi quasi sempre di un antisemitismo spaventosamente feroce e cupo. Oltre a valere allo scrittore una condanna al termine della guerra, questi scritti - assieme agli articoli da rivista degli stessi anni - sono all’origine dell’odore di zolfo che ancor oggi il semplice nome di Céline esala immancabilmente in Francia. In un’intervista del 1957, lo scrittore cercherà di giustificare retrospettivamente il movente, o meglio la pulsione, che lo spinse ad affondare il pennino nel fiele.

«Diciamo la parola, lei è stato antisemita», avanza il giornalista. E Céline risponde: «Esattamente, nella misura in cui supponevo che i semiti ci spingevano verso la guerra. Senza ciò, non ho evidentemente niente, non mi trovo in nessun modo in conflitto con i semiti, non c’è ragione». Simili spiegazioni non hanno mai dissipato in Francia le condanne e i sospetti relativi all’uomo. Anche perché una ragione "politica" molto pratica ha contribuito non poco a perennizzare il discredito generale. Benché rinnegate dallo scrittore, migliaia di copie originali dei pamphlet hanno continuato a circolare di mano in mano e più o meno clandestinamente negli ambienti dell’estrema destra antisemita e xenofoba. All’epoca in cui vennero pubblicati, gli scritti ebbero una notevole diffusione e ancor oggi esiste un mercato antiquario fiorente dei libretti maledetti. Ufficialmente, la legge Pleven del 1972 contro la provocazione all’odio razziale impedisce la riedizione di simili scritti. Ma di fatto, da qualche anno, i pamphlet circolano anche su certi siti Internet. Un male quasi inevitabile, sembravano pensare fin qui le autorità d’Oltralpe. Ma nelle scorse settimane, il vaso ha definitivamente traboccato dopo una riedizione questa volta cartacea di Les beaux draps (letteralmente, "i bei lenzuoli"), l’ultimo dei pamphlet antisemiti, risalente al 1941.

Un testo dove un viscerale ed esaltato odio antisemita si mescola ad altre invettive d’incontenibile violenza. La stamperia che ha tirato gli oltre cinque mila esemplari della versione originale francese è ufficialmente registrata in Paraguay. A livello giuridico, dunque, non è chiaro quale sarà il destino della riedizione. Ma le polemiche non si sono fatte attendere. C’è chi ha sostenuto che per un autore come Céline una riedizione dei pamphlet era, prima o poi, inevitabile: certo, non in singoli volumi, ma nel quadro ben più discreto di un’edizione integrale di tutte le opere. Altri, invece, hanno finito per interrogarsi sullo statuto stesso di opere letterarie di questo genere, al contempo giuridicamente illegali e lesive della stessa volontà di pentimento dell’autore. Opere non più "utili", se non agli studiosi e a cerchie di fanatici alla continua ricerca di simili residuati. Il rompicapo permane. Accanto a quello legato ai diversi "volti" dello stesso Céline. In proposito, le edizioni Textuel hanno appena riprodotto in versione fotografica i drammatici e toccanti quaderni risalenti ai mesi di prigionia in Danimarca, quando tutti i sensi dello scrittore furono schiacciati dal macigno di un’imminente condanna a morte poi non eseguita. «Si può detestare Céline, ma è impossibile leggere questi quaderni senza emozione», ha scritto in proposito il critico e romanziere Philippe Sollers.

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