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La Stampa Rassegna Stampa
08.12.2008 La politica estera di Barack Obama
manterrà la presenza americana in Iraq, cercherà la vittoria in Afghanistan, userà "il bastone e la carota" con l'Iran

Testata: La Stampa
Data: 08 dicembre 2008
Pagina: 15
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Lasceremo truppe in Iraq»
Da pagina 15 de La STAMPA dell'8 dicembre 2008 riportiamo l'articolo di Maurizio Molinari  “Lasceremo truppe in Iraq”:

«Faremo un ritiro responsabile e dopo manterremo in Iraq una forza grande abbastanza per i nuovi compiti». Barack Obama coglie l’occasione dell’intervista a «Meet the Press» sugli schermi della Nbc per alzare il velo sulle scelte che farà in politica estera e l’orientamento è quello del «pragmatismo», come lui stesso lo definisce nella conferenza stampa convocata a Chicago nell’anniversario dell’attacco a Pear Harbour per presentare Eric Shinseki come nuovo ministro dei Veterani.
Il «ritiro» di cui parla Obama non è la fine totale della presenza militare di cui aveva parlato in campagna elettorale. «Fra i miei primi atti ci sarà la riunione del team sulla sicurezza nazionale per redigere il piano di un ritiro responsabile». Per «responsabile» il nuovo presidente intende: «Veloce al punto da mantenere la stabilità in Iraq, garantire la sicurezza delle truppe, consentire agli iracheni di assumere più responsabilità, assicurarsi che non vi sarà un risorgere del terrorismo». Non c’è dunque più traccia del piano per il ritiro di «32 brigate in 16 mesi» anche perché «l’amministrazione Bush ha firmato un accordo con il governo iracheno creando la cornice per il ritorno delle truppe» entro la fine del 2011.
Il progetto del ritiro «responsabile» è il primo risultato dell’inserimento nella nuova amministrazione di Hillary Clinton e Bob Gates, rispettivamente Segretario di Stato e ministro della Difesa. Quando l’intervistatore Tom Brokaw gli chiede se la «forza residuale che lasceremo sarà di 35 o 50 mila uomini», Obama risponde: «Manterremo le forze necessarie per assicurare la sicurezza delle ambasciate, per scovare i rimanenti gruppi terroristi in cooperazione con il governo iracheno e per mantenere l’integrità dell’Iraq». Pur ammettendo di aver bisogno di tempo per «valutare il numero di truppe che questi scopi limitati richiederanno», Obama fa dunque intendere che lascerà sul campo un contingente di truppe Usa. D’altra parte è questo che l’accordo «Sofa» fra Washington e Baghdad consente, sul modello di quanto sottoscritto dagli Usa con numerosi Paesi europei e asiatici dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Ma ciò che Obama tiene più a spiegare agli americani è la determinazione a portare la guerra in Afghanistan in cima all’agenda di governo. Sul fronte politico questo significa perseguire un approccio regionale «con Iran, Pakistan, Afghanistan e India» mentre su quello militare preannuncia un maggiore impegno di truppe e mezzi: «Fino a quando Al Qaeda e i taleban minacceranno direttamente gli Stati Uniti noi agiremo, il fronte centrale della guerra al terrorismo è lungo il confine fra Afghanistan e Pakistan, è qui che è iniziata ed è qui che finirà, questa è la nostra priorità». Da qui un messaggio alla Nato e a Islamabad: «Serve più efficacia nel coordinamento con gli alleati, abbiamo bisogno del Pakistan per risolvere l’Afghanistan».
Riguardo all’Iran è in arrivo l’approccio «bastone e carota»: «Abbiamo bisogno di diplomazia diretta per far capire a Teheran che l’atomica è inaccettabile e che il sostegno a gruppi terroristi come Hamas ed Hezbollah che minacciano Israele è contrario a qualsiasi cosa in cui crediamo, in termini di carote possiamo garantire, assieme a Cina, India e Russia, molti incentivi economici di cui hanno bisogno». Ciò significa prevedere un forte raccordo con Mosca, ma anche qui Obama alterna aperture e moniti: «Vogliamo cooperare ma loro non devono minacciare i Paesi confinanti come la Georgia».
Sulle novità che assieme a Michelle porterà alla Casa Bianca, anticipa: "La apriremo a scolaresche e artisti, inviteremo musicisti jazz e classici, inventori e poeti» e inoltre «prometto di non accendermi mai una sigaretta all’interno».

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