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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.11.2008 Pentiti dopo la cattura, uccise 13 persone a Fiumicino, fra un anno sarà libero
la cronaca di Fabrizio Caccia

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 novembre 2008
Pagina: 23
Autore: Fabrizio Caccia
Titolo: «Uccise 13 persone a Fiumicino. Esce di cella e fa il giardiniere»

Uccise 13 persone a Fiumicino Esce di cella e fa il giardiniere

Khaled Mahmoud, insieme ai terroristi del gruppo di Abu Nidal, uccise 13 persone a Fiumicino il 27 dicembre 1985. Oggi esce di cella e fa il giardiniere. Fra un anno sarà del tutto libero. Il percorso classico di chi, catturato, è costretto a scontare la pena. Inevitabilmente si pente, mantiene una buona condotta in carcere, trova tante anime buone a prendersi cura di lui. Peccato che non si possa di altrettanto di altri terroristi riusciti a sfuggire alla cattura. Pensiamo agli assassini di Leon Klinghoffer sull' Achille Lauro, che gli americani non riuscirono a catturare per l'opposizione di Craxi. Quelli non si pentirono, la loro condotta rimase la stessa di sempre. Ecco la cronaca dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/11/2008, di Fabrizio Caccia, a pag. 23, dal titolo " Uccise 13 persone a Fiumicino, esce di cella e fa il giardiniere "

Mahmoud nell'85 guidò il commando palestinese all'aeroporto
L'assalto al banco delle linee israeliane. «Penso sempre a quei morti.
Allora non ragionavo, ero indottrinato»
ROMA — Portò la guerra a Roma, ha tredici morti sulla coscienza e raccoglie foglie secche in un prato. Khaled Ibrahim Mahmoud oggi ha 41 anni. Ne aveva 18, il 27 dicembre 1985, quando guidò il commando della strage di Fiumicino. «Ci penso sì, a quei morti. Ci penso ancora e ci penserò sempre. E penso anche che l'aver seminato il terrore, come abbiamo fatto noi, non è servito a niente. Non è servito al mio popolo, non è servito alla pace. Anzi, il contrario...». Il 27 dicembre 1985, all'aeroporto di Fiumicino, il commando di terroristi palestinesi uccise tredici persone e ne ferì più di 80, sparando contro il banco delle linee aeree israeliane. Il fuoco della sicurezza in pochi secondi annientò gli assalitori, tre morirono all'istante, Khaled rimase ferito, unico superstite. Poi è stato in carcere 23 anni, fino a tre giorni fa.
Oggi è un detenuto semilibero (la sera torna a Rebibbia) e da giovedì ha cominciato a lavorare all'esterno per una cooperativa sociale: giardinaggio, facchinaggio, pulizie nei mercati e nei parchi di Roma (come Pino Pelosi, l'assassino di Pier Paolo Pasolini). La prima cosa che ha chiesto è stato il permesso di acquistare un telefonino cellulare («Per chiamare mio fratello e i miei genitori ormai anziani», dice in buon italiano, appreso in questi anni leggendo e guardando in cella la televisione). Gli altri detenuti che lavorano con lui non conoscono la sua storia. Khaled, in fondo, preferisce così: «Il dolore che provo — dice — non potrebbe essere condiviso, sono venuto al mondo durante la guerra, una lunga scia di sangue e di orrori mi accompagna da sempre, da Sabra e Chatila a Fiumicino. Ma allora avevo 18 anni, ero completamente indottrinato, non ragionavo. Il carcere, almeno, mi è servito a questo: a farmi pensare con la mia testa, a farmi capire tante cose ». Lui faceva parte del gruppo di Abu Nidal, il feroce leader della lotta armata palestinese, mandante del massacro di Fiumicino, trovato morto in un appartamento di Bagdad nell'agosto 2002 («È stato ammazzato, ne sono certo», dice oggi Khaled, condannato a 30 anni per la strage dell'85). Il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, è la persona che in questi anni l'ha seguito più da vicino: «Di sicuro — dice il Garante — Khaled ha maturato una critica profonda rispetto al suo passato. In carcere ha studiato, ha fatto il bibliotecario, è stato un detenuto modello, perciò ha ottenuto la liberazione anticipata. Il nostro è un sistema premiale, dunque non c'era motivo perché lui non ottenesse i benefìci previsti dalla legge. Il primo permesso gli fu accordato un anno fa, lo accompagnai io stesso ad Ostia, a vedere il mare...». Il giorno che andarono al mare, però, pioveva e faceva freddo: del resto, dopo 23 anni di carcere, diventa difficile far tornare i conti. Se n'è andato un pezzo di vita perché tu hai distrutto quella degli altri e anche andare avanti fa paura.
«Il mondo da allora è completamente cambiato — sospira l'ex terrorista, con i capelli ingrigiti —. È caduto il muro di Berlino, non c'è più l'Unione Sovietica, non c'è più il comunismo. Noi stavamo coi russi, all'epoca, io stesso ero comunista- stalinista, oggi però sono in via di guarigione...». L'anno prossimo Khaled finirà di scontare la sua pena, nel frattempo si è laureato in Scienze politiche con una tesi sui Diritti umani e, malgrado tutto, sembra avere fiducia nel futuro del Medio Oriente: «Prima o poi tutti i muri cadono. Ma la pace non s'impone, la pace bisogna volerla ».
Fabrizio Caccia Al lavoro Khaled Mahmoud fa il giardiniere in un parco di Roma

 
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