David Grossman era a Bologna in questi giorni, Giorgia Greco l'ha incontrato. Ecco il suo racconto.
Nell’aria aleggiano come note musicali parole in ebraico, la loro musicalità forte, aspra e sensuale incanta il pubblico dell’Arena del Sole di Bologna.
David Grossman legge un pezzo dal suo ultimo libro “A un cerbiatto somiglia il mio amore” tornando in una città che lo ha accolto due anni fa per ricevere il premio “Alta qualità” quale “Testimone straordinario del rispetto della dignità umana attraverso i suoi romanzi che parlano sia ai giovani sia agli adulti e tramite i suoi articoli che affrontano la difficoltà di vivere in una terra di antica civiltà ma anche di forti contrasti”.
E’ un’occasione importante la presentazione del suo ultimo romanzo perche coincide con l’uscita nelle sale italiane del film “Qualcuno con cui correre” tratto dall’omonimo romanzo pubblicato nel 2001 e che narra la storia di due adolescenti straordinari Assaf e Tamar, che si cercano, forse si amano combattono con generosità e coraggio per qualcosa che alberga nel loro animo. Un libro che illumina in modo mirabile il mistero dell’adolescenza con le sue difficoltà e le sue contraddizioni dove chiusura e generosità convivono in perfetta armonia.
E’ un film che a David Grossman è piaciuto moltissimo. E’ inconsueto che un autore si innamori della trasposizione cinematografica di un suo romanzo eppure lo scrittore israeliano apprezza il lavoro del regista perché ha dato vita a un film commovente, che tocca fin nel profondo l’anima degli spettatori oltre ad essere molto fedele al libro, sebbene non da un punto di vista propriamente letterario. “Ad esempio, la protagonista Tamar è un’attrice bellissima – dice Grossman – è perfetta per quella parte anche se io nella scrittura l’avevo immaginata diversa”.
E’ sulla sua esperienza alla radio israeliana che Grossman si sofferma spiegando l’incipit un po’ insolito del libro: tre ragazzi, Orah, Ilan e Avram si trovano nel reparto di isolamento in un ospedale di Gerusalemme durante la guerra dei Sei giorni e il dialogo che si instaura fra loro ha quasi le caratteristiche di un radiodramma.
“In effetti le tonalità del dialogo che il lettore trova nelle prime pagine del romanzo si possono spiegare con la mia esperienza infantile quando all’età di nove anni attraversavo il paese a bordo degli autobus, accompagnato da mia madre, per andare a intervistare calciatori, attori e altre personalità importanti. Pur provenendo da una famiglia molto conservatrice mi sono trovato proiettato nel mondo del teatro. Del resto ancora oggi, come il protagonista Avram, preferisco la radio alla televisione in quanto crea un sentimento di maggiore intimità e condivisione con gli ascoltatori”.
Le tonalità e le voci acquistano una grande importanza nella narrativa di Grossman, ogni paragrafo che scrive deve avere una sua musicalità, un suo ritmo, al punto che quando ha terminato un romanzo lo legge a voce alta – come faceva Gustave Flaubert – perché “in tal modo capisco meglio ciò che il mio lettore sentirà con il suo orecchio interiore”.
E ricordando Tamar la protagonista del romanzo “Qualcuno con cui correre”, che è una cantante di strada, ritiene che quella sia un’arte molto coraggiosa perché deve confrontarsi quotidianamente con i rumori della strada, la confusione e a volte anche con la maleducazione della gente.
Un altro tema che affascina lo scrittore israeliano e che ritroviamo in molti suoi romanzi è quello della gelosia, un sentimento che definisce umiliante e che arreca sempre molto dolore. Nel romanzo “Col corpo capisco” i protagonisti, Shaul e Elisheva, sono una coppia che funziona bene eppure il marito è convinto che la moglie lo tradisca ogni giorno quando va a nuotare. “Nulla e nessuno potrebbero convincere Shaul del contrario, nemmeno se venisse il Mossad a tranquillizzarlo”. Eppure – continua Grossman – quando siamo gelosi diventiamo creativi, il geloso ha una mente fervida, ricca di immaginazione, diventa un drammaturgo. Bisognerebbe chiedersi perché si cade in situazioni così insopportabili ma del resto capita anche ai paesi di ripetere costantemente i propri errori”.
Anche la fisicità acquista un ruolo di rilievo nei libri di Grossman, soprattutto nell’ultimo, dove una parte determinante è riservata alla natura. “Avevo bisogno di far vivere e sentire anche al lettore le onde della natura che si irradiano nei personaggi e riescono miracolosamente a farli aprire alla vita”. E’ di Avram che parla Grossman, un giovane diventato un relitto umano dopo essere stato torturato dagli egiziani durante la guerra del Kippur: ora è un uomo che ha perso il contatto con la vita ma Orah conducendolo in questa lunga camminata attraverso il paese, dalla Galilea fino alle propaggini del Carmelo, e raccontandogli del figlio Ofer che hanno avuto in gioventù lo aiuta a tornare alla vita, ad esistere, pensare e amare come un essere umano.
Per David Grossman è indispensabile immedesimarsi nell’altro. “Il senso dello scrivere è la nostra capacità di essere con l’”altro” e soltanto quando scrivo posso capire appieno cosa significa essere l’”altro”. Nella vita di tutti i giorni ci difendiamo dagli altri, non vogliamo essere esposti al caos, ai misteri e alle zone buie che albergano dentro ognuno di noi.
Quando scrivo di un personaggio devo avere il privilegio di disarmarmi, di rinunciare completamente alle mie difese e arrendermi completamente al personaggio stesso.
Attraverso il lavoro della scrittura provo la sensazione di arricchirmi, cosa che non mi è possibile in nessun’altra sfera della vita perché soltanto con la scrittura riesco a toccare quel filamento che arde dentro la persona che mi sta davanti”.
Le parole, strumento di ogni scrittore, racchiudono in sé molto spesso delle contrapposizioni con le quali Grossman si è sempre confrontato nei suoi libri cercando di sondare in che modo le persone agiscono quando si trovano di fronte all’arbitrio. “Ho cercato di capire in che modo l’anima che è la parte più flessibile e libera di ciascuno di noi sia costretta ad adeguarsi alle costrizioni, alle pastoie delle burocrazie e dei grandi sistemi politici e, soprattutto in questo libro, ho cercato di mostrare il modo in cui un individuo può sopravvivere alla realtà tremenda in una zona disastrata come è il Medio Oriente da più di cento anni. Analizzando attraverso la scrittura queste situazioni di arbitrio e oppressione nel modo più delicato e preciso sento che qualcosa cambia, anche se non riesco a risolvere il problema dell’occupazione e l’eterno conflitto fra anima e corpo. Non mi sento più vittima della situazione e questo è molto importante per me sia come ebreo, sia come israeliano e, in particolar modo, per le esperienze che la vita mi ha posto di fronte in questi ultimi tempi.”
Per non essere vittime delle imposizioni e dell’arbitrio – ribadisce lo scrittore – non dobbiamo usare le parole imposte dagli altri in modo arbitrario bensì avvalerci della lingua per rispecchiare ciò che sentiamo nel profondo del nostro animo.
Da ultimo, dopo aver espresso una valutazione molto positiva sull’elezione di Barack Obama che “ha saputo risvegliare le qualità migliori degli americani, la fede e la capacità di sperare in un futuro migliore” , ritiene - a differenza di Amos Oz - che la risata non sia un’ arma efficace contro il fanatismo anche se è convinto che l’umorismo sia l’ultima ancora di salvezza, l’ultimo conforto in un mondo sul quale non abbiamo alcun controllo.
Ciò che apprezza nell’ebraismo è il senso dell’umorismo ebraico che è una forma molto sottile di ironia e che deriva in gran parte dalla storia degli ebrei, dal fatto che attraverso i secoli non si sono mai sentiti a casa propria nel mondo; hanno sempre vissuto come degli outsider, degli esclusi subendo in tal modo grandi costrizioni.
Una realtà che per David Grossman è anche un enorme privilegio.
Il privilegio di poter cambiare idea e modificare il proprio punto di vista, guardando il resto del mondo ma anche sé stessi con un occhio più ironico e benevolo.
Giorgia Greco