La differenza fra guerra e terrorismo: una sentenza
Non sono molte le sentenze di tribunale che si occupino di definire cosa sia una azione di guerra e cosa invece configuri un atto di terrorismo. Esistono definizioni linguistiche, filosofiche, politologiche che tentano di tracciare una linea di demarcazione; ma poi arriva la politica, arriva il relativismo fazioso che le cancellano e ne danno una interpretazione di comodo. Esiste una Convenzione di Ginevra, esiste l’ONU,esistono ONG di monitoraggio o umanitarie, ed il caos diventa ingovernabile. E poi esistono anche le legittimazioni a posteriori: è sempre successu quando un gruppo terrorista va al potere, e quel che prima era terrorismo diventa l’istituzione (che magari si ammanta anche di una maschera democratica).
Ma non si può sempre aspettare che sia la Storia con la S maiuscola ad occuparsene ed a decidere se fu guerra o terrorismo: ci sono le persone, le vittime, che attendono Giustizia (anch’essa con la G maiuscola).
Qualche volta non sono le corti di giustizia straordinarie – quelle che vengono costituite per perseguire i crimini contro l’umanità – a doversene occupare, bensì i tribunali ordinari, chiamati a decidere su casi che poi fanno giurisprudenza. E qui incappiamo talvolta, ma non sempre per fortuna, in sentenze che innescano la polemica, come penso tutti ricordino.
Due casi particolari meritano la nostra attenzione più di altri.
Durante la seconda intifada alcuni specifici attentati commessi in luoghi pubblici – un autobus, una strada, la caffetteria dell’Università, una fermata d’autobus – hanno causato 33 morti e centinaia di feriti, tra i quali molti cittadini americani. Le vittime sopravvissute e parenti di quelle uccise hanno incaricato Shurat HaDin, una associazione indipendente di avvocati israeliani, di chiamare a giudizio l’OLP e l’Autorità Palestinese per chiedere un risarcimento collettivo di 3 miliardi di dollari.
Lo scorso 30 settembre il giudice distrettuale di New York ha emanato la sentenza: dopo aver respinto, con un richiamo alla legge del 1991 contro il terrorismo, l’obiezione basata sulla presunta immunità diplomatica dell’OLP e quella sulla competenza a deliberare della corte americana, la corte ha stabilito che gli attacchi che deliberatamente prendono di mira luoghi pubblici e non istituzioni militari o governative “allo scopo di causare gravi devastazioni di massa” con una “spietata capacità di uccidere indiscriminatamente” “civili non combattenti, che semplicemente conducono la loro vita quotidiana” non possono costituire atti di guerra, ma anzi si identificano con la definizione internazionale di terrorismo.
Con una seconda iniziativa Shurat HaDin ha citato la Bank of China dinanzi al tribunale di Los Angeles, su incarico di cento vittime di attentati terroristici compiuti da Hamas e dalla Jihad Islamica, incluse vittime degli attacchi coi missili Kassam contro Sderot.
La Bank of China ha trasferito milioni di dollari sui conti di Hamas e della Jihad Islamica e viene chiamata in causa in forza delle leggi contro il terrorismo e chi lo finanzia, avendo proseguito in questa attività malgrado le fossero pervenuti richiami espliciti.
Altre banche sono state chiamate in giudizio, quali
la Banca Libanese-Canadese
,
la American Express
Bank
e la UBS.
Con queste iniziative l’associazione di avvocati intende sottolineare come l’afflusso di ingenti finanziamenti possa costituire una forma di fiancheggiamento e di collusione con organizzazioni terroristiche che senza quei fondi non potrebbero approvvigionarsi di armi ed esplosivi. La materia è delicata ed è stata più volte esaminata anche da consessi internazionali, che ne considerano giustificati i presupposti.
Quando una materia incandescente, controversa, emotivamente lacerante come quella del terrorismo arriva nelle aule di tribunale diviene asettica e si assoggetta a leggi che spesso sono state concepite molto prima che il terrorismo divenisse uno scenario che tocca ognuno di noi, se non altro come passeggero di aerei. Le vittime, uccise o storpiate, private dei figli o dei genitori, diventano figure meno stagliate sullo sfondo del nostro mondo fatto di immagini e di percezioni incisive. Cambiano le regole, il colpevole non è identificabile come capita al ladro colto in flagrante. Ma è forse proprio qui, quasi quanto sui campi di battaglia, che si può vincere o perdere la guerra contro i terroristi – non quella contro il terrorismo