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Due lettere a Sergio Romano sul processo di beatificazione di Pio XII 21/11/2008
Lei interviene nella diatriba sulla beatificazione di Papa Pio XII invocando tre episodi che avrebbero portato molti esponenti ebraici ed Israeliani a mutare atteggiamento nel corso degli anni '60.
Primo episodio da lei citato: il processo Eichmann e la sua condanna a morte. "Sino a quel momento, lei scrive, gli elementi costitutivi dell'identità israeliana erano stati l'epopea sionista, i faticosi progressi della presenza ebraica in Palestina, la lotta per la vita, la vittoriosa guerra contro gli Stati arabi dopo la proclamazione dell'indipendenza: un insieme di virtù civili e guerriere di cui i cittadini del nuovo Stato andavano giustamente orgogliosi. Sino a quel momento gli elementi costitutivi dell'identità israeliana erano stati l'epopea sionista, i faticosi progressi della presenza ebraica in Palestina, la lotta per la vita, la vittoriosa guerra contro gli Stati arabi dopo la proclamazione dell'indipendenza: un insieme di virtù civili e guerriere di cui i cittadini del nuovo Stato andavano giustamente orgogliosi".
In realtà, fino a quel momento, ed ancora per alcuni anni successivi, le enormi difficoltà del vivere quotidiano impedivano sia una profonda riflessione sugli anni della Shoah, sia perfino il trastullarsi sui successi delle due guerre combattute nel '48 e nel '56. Chiunque abbia conosciuto l’Israele di quegli anni lo ricorda. E non possiamo dimenticare che anche in Europa le vittime sopravvissute, per ragioni non molto dissimili a quelle degli israeliani preferivano tenersi dentro i sentimenti delle loro enormi sofferenze. Ovvio che un fatto storico fondamentale come il Processo Eichmann, con le ricerche storiche che generò, abbia generato “la ricerca dei responsabili e la richiesta d’indennizzi” (quest’ultima non certo realizzabile fino a quel momento, per evidenti ragioni politiche ed economiche).
Il secondo episodio da lei citato è la pubblicazione del Vicario, e lei dimentica di osservare che proprio perché i tempi della prima ricostruzione postbellica erano passati, cioè proprio per i motivi da me ricordati qui sopra, in Europa era giunto il momento  di “allargare oltre la Germania l’area delle responsabilità”, per usare le parole sue. Erano ormai maturi i tempi per una doverosa analisi degli anni della Shoah.
Il terzo episodio da lei citato, la Guerra dei Sei giorni, ha effettivamente dato maggiore visibilità a coloro che volevano annettere territori più grandi di quelli iniziali. Ma costoro, in Israele, sono sempre stati una minoranza, e infatti i territori occupati, con l’esclusione di Gerusalemme est e del Golan (entrambi per ragioni diverse da quelle  da lei indicate), non vennero mai annessi. La colonizzazione, che lei cita, non è una annessione.  E il legame che lei trova tra il processo a Pacelli e il mantenimento dei territori occupati è solo una sua forzatura; non vi è nessun nesso oggettivo. Quando l’Egitto firmò il trattato di pace con lo Stato di Israele non vi furono problemi a restituire i territori occupati in guerra, con l’esclusione di Gaza non accettata in restituzione da Sadat. E quanto lei sostiene, “che la Chiesa, soprattutto dopo le grandi aperture di Giovanni Paolo II,si aspettasse un atteggiamento diverso”, ha poco a che fare col problema della beatificazione di Pio XII, sollevato dai suoi lettori. Non è infatti casuale che proprio Giovanni Paolo II, che fu tanto prodigo nel santificare gli uomini della Chiesa, quel processo non lo iniziò. Perché lei questa realtà non l’ha citata?
Saluti

Emanuel Segre Amar

So bene quanto sia inutile replicare alle sue scorrette e disoneste posizioni su Israele. Dubito che si tratti di sola ignoranza, benché lei sia recidivo per strafalcioni storici e nelle analisi di carattere internazionale, ma penso che lei sia ben cosciente di viziare ogni realtà a favore di un teorema che ha i suoi sostenitori nella corrente che delegittima il diritto all’esistenza di Israele. Se insisto a contestare le sue menzogne e falsità, è per un dovere morale. L’unico punto corretto della replica ai lettori su Pacelli, è stato ricordare il Processo Eichmann che ha contabilizzato le vittime dimostrando l’architettura della soluzione finale che ha portato alla Shoah. E’ un’assurdità ed un falso – degni solo del virtuosismo intellettuale di alcuni – stabilire che da allora, Israele si sarebbe trasformato in uno stato di vittime. Quanto ai risarcimenti, fu Adenauer – l’unico vero pentito della storia – ad iniziare questo dovuto pegno. Per chiunque abbia subito ancor meno degli ebrei, qualsiasi stato di diritto riconosce un risarcimento, spesso più sostanzioso del bene stesso. Perché agli ebrei viene negato questo stato di diritto? L’effetto del dramma di Hochhuth è risibile a paragone di quello del Processo Eichmann che ha tenuto banco su tutti i quotidiani del mondo, dal 1960 al 1962. Quanti hanno letto o visto la rappresentazione del dramma teatrale? In Israele, la rappresentazione fu vietata. Un motivo in più per dimostrarle l’inconsistenza del suo teorema che vuole Israele fondato su uno stato di vittime. Fin troppo evidente che lei non conosca Israele e la sua storia. In compenso, il dramma di Hochhuth si fonda sulle memorie di Kurt Gerstein, uno dei due protagonisti, che fu l’addetto alla fornitura del gas dello sterminio, lo Zyclon B. Lo stesso Adenauer denuncia l’entusiastica adesione di buona parte del clero al nazismo, chiamandolo a correo. La ricerca dei criminali nazisti, fu l’impegno costante, dal dopoguerra, di Simon Wiesenthal e dei Klarsfeld. Ed è del Centro Wiesenthal e dei Klarsfeld, il continuo impegno a tradurli in tribunale. Ma quella della strumentalizzazione della Shoah per giustificare il mantenimento dei territori acquisiti dalla Guerra dei Sei Giorni, non l’avevo ancora sentita. E’ davvero grossa dr. Romano! Le è sfuggita la clausola “terra contro pace” alla base della risoluzione 242 delle Nazioni Unite? che ha portato la restituzione del Sinai all’Egitto di Sadaat? Evidentemente. Infine, non si è aperto alcun processo a Pacelli, ma un’opposizione alla sua riabilitazione storica, dato che nessun documento prova che lui stesso decise di aiutare gli ebrei, e non si sono voluti mai aprire gli archivi vaticani. Un simile documento, se fosse stato trovato, sarebbe stato sbandierato ed avrebbe chiuso la questione. In compenso, abbiamo sei milioni di vittime. Abbiamo un Concordato Vaticano-Germania di Hitler che ha legittimato il nazismo. Nessuna indignata protesta alle leggi razziali in Italia. Richieste insistenti di aiuto da parte del Congresso Mondiale Ebraico per gli ebrei in pericolo nel sud Italia fino al luglio1943, ignorate dal Vaticano. Abbiamo un silenzio assordante di Pio XII quando l’entità dello sterminio ebraico nel 1943 (quattro milioni di vittime) era a conoscenza di tutti i capi di stato e la macchina infernale nazista proseguiva a pieno ritmo. Allo stesso tempo, gli Alleati stavano liberando il sud dell’Italia e, solo allora, il Vaticano aprì le sue porte agli ebrei e ad altri gruppi a rischio. A pensar male…Poi ci fu l’Armistizio, l’8 settembre e l’occupazione nazista di Roma, la deportazione (“sotto le finestre” del papa) ed uccisione di più di mille ebrei romani ad Auschwitz. Come mai non fu evitata? Come mai a questi ebrei non furono aperte le porte del Vaticano e dei conventi e chiese, allora?

 Danielle Sussmann




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