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Il Foglio Rassegna Stampa
19.11.2008 Il quadro strategico mediorentale visto da Amos Yadlin
capo dell'intelligence militare israeliana

Testata: Il Foglio
Data: 19 novembre 2008
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Patto con la Siria. Che cosa pensa l’intelligence militare d’Israele»

Da Il FOGLIO del 19 novembre 2008,  a pagina 3 , "Patto con la Siria. Che cosa pensa l’intelligence militare d’Israele"

Gerusalemme. Nel 2009 le trattative fra Washington e Teheran potrebbero fermare il piano nucleare iraniano. Tutto grazie alla crisi economica mondiale e all’elezione di Barack Obama. E il presidente siriano Assad sarebbe pronto a fare pace con Israele in cambio di un ritiro israeliano sulle posizioni del 1967. A rivelarlo è il capo dell’intelligence militare israeliana, il generale Amos Yadlin, in carica dal gennaio 2006. “Dopo due anni difficili – ha detto Yadlin all’Università di Tel Aviv – vedo i segnali del successo americano in Iraq”. Al Qaida e i suoi alleati, poi, sono in forte difficoltà e i sunniti moderati restano diffidenti verso gli sforzi nucleari iraniani. “Dopo la caduta di Lehman Brothers – racconta Yadlin – gli iraniani erano soddisfatti, ma hanno capito in fretta che la crisi stava per bussare alla loro porta. L’Iran l’anno prossimo si troverà ad affrontare un’inflazione fuori controllo e una disoccupazione in forte crescita, ma questa volta senza i profitti del petrolio”. “Teheran persegue l’obiettivo dell’atomica, sfruttando la debolezza internazionale – ha spiegato il generale – ma si muove con molta attenzione per non svegliare la furia mondiale. Questo è il momento adatto per fare pressioni sull’Iran, che farà tutto il possibile per evitare di finire come l’Iraq e la Corea del nord”. Un dialogo americano con l’Iran non preoccupa Yadlin, anzi: “Se avrà successo il piano nucleare si fermerà, e se invece dovesse fallire bisognerà rafforzare le sanzioni contro Teheran. Trattare non vuol dire riconciliarsi”. Per Yadlin questo è un “periodo di attesa”: del nuovo inquilino della Casa Bianca, delle campagne elettorali in Israele, Iran e Libano, e della fine del mandato di Abu Mazen a capo dell’Anp. “L’uscita di scena di Bush è stata accolta nel medio oriente con speranze di un cambiamento”, dice Yadlin. E non è un caso che proprio la Siria sia stata fra i primi a congratularsi con Obama dopo la sua elezione. “Credo che Assad sia pronto a un accordo di pace con Israele se avrà ciò che vuole: il ritiro dal Golan sulla linea del ’67 e un sostegno americano che gli garantisca stabilità. La Siria sosterrà ancora l’Iran, ma in caso di un accordo con Israele i loro rapporti si raffredderanno. E’ più difficile prevedere cosa Assad saprà garantire in cambio”. Anche in Europa qualcosa si muove. Dopo la Francia e la Germania, anche la Gran Bretagna ha cambiato il proprio atteggiamento nei confronti della Siria, isolata a livello internazionale dal 2004 fino alla metà di quest’anno. Lunedì sera il ministro degli Esteri britannico, David Miliband, è arrivato a Damasco per incontrare Assad, l’omologo Walid al Muallim (che aveva visto a Londra il 27 ottobre) e altri responsabili locali. “La Siria svolge un ruolo fondamentale nel rafforzamento del la stabilità regionale”, ha detto Miliband al suo arrivo. Secondo Yadlin, se Israele è interessata a un accordo con Assad deve considerare i cambiamenti avvenuti negli ultimi otto anni nella potenza militare siriana e la diminuzione della sua influenza in Libano. “Assad punta a un accordo da cui guadagnerà più dell’Egitto ma pagando di meno”, ha commentato. Il problema è Hezbollah: “Assad si fida di Hezbollah più che del suo stesso esercito, e gli lascia carta bianca”. Secondo Yadlin è poco probabile che Israele debba affrontare una guerra nel 2009, anche se certamente è più probabile, rispetto al passato, che incidenti locali possano scatenare reazioni più grandi, a causa della risposta israeliana. Le identità palestinesi oggi sono due, Fatah e Hamas: “La prima è moderata ma ha difficoltà ad affrontare l’argomento del conflitto, l’altra è terroristica ed estrema”. Quello di Israele è un ruolo importante. “Davanti a noi – dice – c’è la possibilità di attuare una politica che incoraggi i moderati ma che allo stesso tempo abbia la mano ferma contro i fanatici, e influenzare così la direzione che prenderà la storia fra i due popoli. Ci sono stati momenti in cui in molti hanno pensato che il tempo giocasse a nostro favore, e che la politica migliore fosse quella di non fare nulla. Io credo invece che aspettare e basta non serva”.

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