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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.11.2008 Il campione di basket Tal Brody si candida con il Likud
la cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 novembre 2008
Pagina: 19
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Israele, la leggenda del basket scende in campo per Netanyahu»
Da il CORRIERE della SERA del 19 novembre 2008, "Israele, la leggenda del basket scende in campo per Netanyahu" di Francesco Battistini a pagina 19:

GERUSALEMME — «Siamo sul mappamondo e ci staremo. Non solo nello sport».
Ci sono frasi pulite come un assist, efficaci come un tiro da tre punti, che s'inchiodano più di mille comizi. Tal Brody disse la sua, trent'anni fa, e nessun israeliano l'ha più dimenticata. «Siamo sul mappamondo» fu il «we can» d'un popolo e d'una squadra di basket, il Maccabi di Tel Aviv, che mezzo mondo si rifiutava d'incontrare. La disse tutta d'un fiato, forse ci aveva pensato prima, chissà. Quella semifinale d'Eurolega si giocava in campo neutro, in Belgio, perché i sovietici della Cska di Mosca non volevano avere rapporti con Israele e a fatica avevano accettato la sfida.
Stravinse il Maccabi. Brody, la guardia tiratrice, si presentò al dopopartita. E nei microfoni gridò parole che diventarono tormentone, slogan, coro. Che finirono negli spot di Menachem Begin, e ne fecero la sua fortuna elettorale. Che adesso tornano sulla bocca di Tal, per la sua nuova avventura politica. L'annuncerà fra qualche giorno: lui, il Michael Jordan del basket israeliano, si candida al Parlamento. Con la destra del Likud.
La campagna elettorale è campagna acquisti, per ora. Mancano meno di tre mesi al voto, meno d'una settimana per gli ultimi ingaggi. Il figlio di Rabin e il figlio di Begin che si schierano con Bibi Netanyahu. Banchieri e generali a riposo che scelgono il Kadima di Tzipi Livni. Scrittori che fondano nuovi partiti a sinistra. Ex modelle, ex showgirl, qualche cantante. E poi gli sportivi: non si ripresenterà Arcadi Gaydamak, il miliardario appena trombato alla poltrona di sindaco di Gerusalemme, così deluso dagli ottomila voti presi («tifosi ingrati! ») da voler vendere pure la squadra di calcio, il Beitar. E Tal Brody? «Fra qualche giorno, Netanyahu mi aggiornerà su come vanno le cose. Detto fra noi, prenderò la decisione finale». La decisione di scendere in campo, ha confidato domenica a Haaretz:
«Non sono un politico, ma ho avuto un anno di tempo per pensarci. E potrebbe funzionare».
Non è un politico, ma è come se. A 65 anni, una leggenda. Non solo della destra. Brody mollò l'Nba e la nazionale Usa perché l'aveva invitato Moshe Dayan, prima della guerra dei Sei giorni, e scelse l'aliyah (il ritorno) e prese casa sulla spiaggia di Herzliya, per lanciare nel mondo il primo dream team d'Israele: il Maccabi, 46 scudetti, 36 coppe, 5 titoli d'Eurolega, dodici finali continentali. Gli adolescenti degli anni '70 tenevano il suo poster in camera.
Un sito web, «l'eredità di Brody», lo celebra da eroe. Anche se non giocò, c'era anche Tal quella sera d'una famosa gazzarra antisemita al palasport di Varese, anno 1979, quando ci vergognammo nel mondo. Oggi Tal accompagna gli atleti alle Paralimpiadi, spesso ragazzi feriti in attentati, ha aperto scuole di basket, fa conferenze: «Se sarò eletto — dice —, vorrei occuparmi di queste cose: l'educazione allo sport, l'immagine d'Israele, la diaspora. Netanyahu mi ha detto: "Queste cose, alla Knesset le chiamiamo politica". Ma io non le chiamo così. È solo l'impegno d'un cittadino.
Io sono un pensionato: se il Paese cerca gente che si dia da fare, invece di starsene a casa o andare alla spiaggia, è un dovere esserci». Quasi scontato, lo slogan: siamo in politica, e ci staremo.

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