Le persecuzioni anticristiane in Medio Oriente sono nel nome dell'islam la denuncia del vescovo caldeo di Erbil
Testata: Il Giornale Data: 17 novembre 2008 Pagina: 17 Autore: Antonio Risolo Titolo: ««L’islam si sta trasformando in una fabbrica d’odio».»
Il GIORNALE del 17 novembre 2008 pubblica un'intervista di Antonio Risolo al vescovo caldeo di Erbil, monsignor Rabban Al Quas che denuncia: «L’islam si sta trasformando in una fabbrica d’odio».
Consigliamo la lettura di questa intervista ai membri di organizzazioni come Pax Christi, o ai francescani della Custodia di Terra Santa, e a tutti coloro che nel mondo cattolico e cristiano sono impegnati nella denuncia di un'inesistente persecuzione anticristiana da parte israeliana, e sono invece distratti e silenziosi di fronti alla reale persecuzione islamista.
Ecco il testo:
Erbil (Irak) «Con questo atteggiamento l’islam porta all’estremismo fanatico. Si sta trasformando la religione in una fabbrica dell’odio». La denuncia, decisa, è del vescovo caldeo di Erbil, monsignor Rabban Al Quas. Lo abbiamo incontrato mentre ascoltava i ragazzi della schola cantorum nella chiesa adiacente l’arcivescovado. Eccellenza, la persecuzione dei cristiani, soprattutto nella provincia di Mosul, ormai prosegue a ritmi quasi quotidiani. «Non solo a Mosul, dove proprio due giorni fa sono state assassinate due sorelle. Non abbiamo più lacrime per piangere i nostri fratelli che ci vengono portati via. Questo è il frutto del fanatismo, di una mentalità inculcata già nelle scuole, il frutto dei disegni criminali di Al Qaida e dei “Fratelli musulmani”. Non c’è solo Mosul. La persecuzione è in atto anche a Bassora, dove i cristiani sono trucidati, le loro case e i loro negozi dati alle fiamme. Ma anche a Bagdad registriamo episodi, anche se non se ne parla quasi più». Per arginare questo fenomeno si parla di revisione della Costituzione... «Difficile una revisione della Carta, ma non impossibile. Occorre avere un governo centrale forte. Faccio un esempio: Bagdad dice che possiamo costruire case, scuole e chiese. Bene, il governo provinciale di Mosul non ci concede le autorizzazioni». Eccellenza, il Kurdistan è una realtà particolare, se l’Irak fosse un Paese fortemente federato, ci sarebbe più sicurezza per i cristiani? «Dipende tutto da Bagdad. Sono divisi anche su questa ipotesi. Ci sono forti pressioni da Siria, Iran e Arabia Saudita. Per i curdi sono importanti le radici, la terra... per altri è importante la religione. Nel Paese ci sono 600mila cristiani su una popolazione di 28 milioni. Prima del 2003 erano oltre un milione. Ne sono spariti 400mila tra morti e in fuga. La presenza di americani e inglesi è utile al governo regionale, soprattutto per l’addestramento dei peshmerga e delle nuove leve». Infatti, polizia e intelligence sono ancora nelle mani delle vecchie generazioni... «Molti vecchi poliziotti di Saddam Hussein sono ancora amici dei terroristi. Vedono i cristiani come nemici dei musulmani. Nei giorni scorsi, a Bagdad, il nostro Patriarca ha incontrato il premier Nuri Al Maliki. C’è stato anche un accordo sulla sicurezza, ma appena due giorni dopo sono arrivate le minacce dei terroristi. Anche il primo ministro del Kurdistan, Nechirvan Barzani, ha alzato la voce per una revisione della Carta costituzionale, minacciando di abbandonare il governo centrale. Ma anche i cristiani hanno qualche colpa, non sono uniti come dovrebbero, forse per paura. Hanno paura di andare a votare, vogliono una quota di seggi garantita. No, dobbiamo unirci, noi siamo una sola chiesa, una sola fede. Questa frammentazione ci rende deboli. Chiedo alla comunità internazionale che si adoperi per la revisione della legge elettorale, per i seggi proporzionali alle varie rappresentanze politiche e religiose». Arrivano minacce prima dei massacri? «Arrivano intimidazioni dirette, quasi tutte di questo tenore: convertiti o muori. C’è chi non uccide in nome dell’islam, ma per denaro. Sono frequenti rapimenti di sacerdoti e suore a scopo di estorsione. Io ho fede, prego, credo nel futuro. Sto parlando con voi italiani, in nome del Signore arrivi un messaggio anche ai vostri politici: facciano pressioni sui nostri governanti. Si adoperino, come fa il Santo Padre, perché una Costituzione elaborata per la comunità islamica diventi una Costituzione in grado di garantire i diritti di tutti».
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