Israele ? E' la casa dei palestinesi sparsi per il mondo il quotidiano comunista nega il diritto all'esistenza dello Stato ebraico
Testata: Il Manifesto Data: 14 novembre 2008 Pagina: 8 Autore: Michelangelo Cocco Titolo: ««Tu pensa alla crisi, noi ai palestinesi»»
Il MANIFESTO del 14 novemre 2008 pubblica un breve articolo di Michelangelo Cocco sulle dichiarazioni di Tzipi Livni sul ruolo degli Stati Uniti nei tentativi di risoluzione del conflitto israelo-palestinese.
Ne emergono le abituali posizioni del quotidiano comunista: Israele non vuole la pace, Israele controlla la politica americana, Israele non ha diritto di esistere, essendo la "casa" dei discendenti dei profughi palestinesi (il cui ingresso darebbe vita a un nuovo stato arabo islamico, distruggendo per via demografica quello ebraico)
Ecco il testo dell'articolo: "Tu pensa alla crisi, noi ai palestinesi", pagina 8
La priorità di Barack Obama è la crisi economica e sul processo di pace tra israeliani e palestinesi «non c'è bisogno che faccia nulla di straordinario» perché «la situazione è calma, abbiamo in corso negoziati di pace». Con queste parole ieri Tzipi Livni - capo negoziatore dello Stato ebraico e futuro premier se il suo partito, Kadima, vincerà le elezioni del 10 febbraio prossimo - ha esortato il presidente eletto degli Stati Uniti a continuare a svolgere il ruolo che negli ultimi anni è stato del presidente George W. Bush, che si è limitato a dare carta bianca a Israele. La Livni, intervenendo a New York nella sede dell'organizzazione sionista Uja, ha fornito a modello di futuri negoziati la sua interpretazione di un incontro avuto la settimana scorsa con il Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu). L'ex pupilla di Sharon ha raccontato di aver chiarito in quell'occasione: «Noi non vi chiediamo d'intervenire. Questa è una questione bi-laterale. Non ponete sul tavolo nuove idee». Poi ha aggiunto che la soluzione per gli oltre 4milioni di profughi palestinesi è che «nemmeno uno di loro» rientri a casa sua, nel territorio dove nel 1948 è sorto Israele. A caccia dei voti della comunità ebraica statunitense, durante la campagna elettorale Obama ha espresso il suo appoggio allo Stato ebraico. Le sue intenzioni sul conflitto israelo-palestinese non sono però ancora chiare, e il presidente potrebbe avere voglia di sporcarsi le mani nel bagno di sangue che dalla metà del secolo scorso agita il Medio Oriente. L'intervento della Livni può essere letto come un avvertimento a Obama e un vero e proprio programma politico: bloccare ogni negoziato serio fino a quando i rapporti di forza coi palestinesi lo permetteranno e mettere in discussione solo il centinaio di «avamposti» sorti negli ultimi anni - e non le 120 colonie che ospitano oltre 400mila settler.
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