Il nuovo leader americano ha definito «inaccettabile» il programma nucleare di Teheran. La dura replica dell'iraniano Ali Larijani WASHINGTON — Barack Obama non è ancora entrato alla Casa Bianca e già riceve i primi robusti avvertimenti. Gli iraniani, che forse speravano in una inversione di rotta rispetto al passato, lo hanno accusato di essersi incamminato su «una strada sbagliata ». I qaedisti, per interposta persona, hanno minacciato «un attentato peggiore di quello dell'11 settembre». Moniti per ribadire al neopresidente che il vulcano mediorientale può sempre esplodere. A Teheran non hanno gradito che Obama abbia sottolineato che il programma nucleare iraniano è «inaccettabile » e che «deve cessare il supporto » a gruppi terroristici. Ieri il capo del parlamento Ali Larijani ha reagito sostenendo che il futuro presidente ripete «le affermazioni dell'attuale amministrazione». La svolta promessa dal candidato democratico, ha aggiunto, «non significa solo un cambio di colore, devono essere mandati i segnali giusti ». I segnali giusti per Teheran sono il riconoscimento del diritto a sviluppare un programma nucleare. Una concessione che Obama, anche se cercherà di aprire un capitolo nuovo, non può permettersi. La delusione è stata accompagnata da duri articoli della stampa oltranzista, partita all'attacco dopo la designazione di Rahm Emanuel quale capo dello staff: «Luce verde di Obama al regime sionista con la nomina di un ebreo» era uno dei titoli. Toni opposti a quelli dei giorni scorsi. Citando un antico testo, un sito governativo aveva lanciato una suggestione: Obama potrebbe essere il «guerriero promesso». Perché secondo la tradizione sciita alla «fine del mondo un uomo di carnagione scura e alto prenderà le redini dell'Occidente ». E il presidente Ahmadinejad aveva mandato un messaggio di congratulazioni auspicando però la rinuncia alla politica intrapresa da Bush. Ora, a livello dialettico, le posizioni sembrano immutate. Resta teso anche il fronte terrorismo. In un'intervista al quotidiano Al Qods Al Arabi un ex esponente qaedista ha annunciato: «Lo sceicco Osama sta seguendo la preparazione di un attentato contro gli Usa che supera di gran lunga quello dell'11 settembre». Sempre a giudizio del militante il movimento jihadista si sarebbe rinforzato e potrebbe colpire in altre parti del mondo. È forse questo il motivo del lungo silenzio di Bin Laden? Riapparirà dopo il nuovo attacco? Difficile la risposta. L'intelligence sostiene che Al Qaeda è indebolita e incapace di azioni strategiche ma, da un paio di anni, gli islamisti e qualche esperto lo hanno ipotizzato rammentando che il primo anno di presidenza è la «finestra» ideale per lanciare l'assalto.
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