Una non notizia merita un'intera pagina la spiegazione c'è: è coinvolto Israele
Testata: La Repubblica Data: 07 novembre 2008 Pagina: 43 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Le preghiere della pioggia contro il global warming»
Sulla REPUBBLICA del 7 novembre 2008, un'intera pagina è dedicata a un articolo di Alberto Stabile sulle preghiere degli ebrei ortodossi in Israele per ottenere la fine di un lungo periodo di siccità.
In ogni società e in ogno tradizione religiosa, la mancanza di pioggia, al pari di altre situazioni di difficoltà, porta qualcuno a rivolgersi al cielo.
Non ci sembra una notizia, e tanto meno una notizia di rilievo. L'interesse sproporzionato per i rabbini che invocano la pioggia deriva ovviamente dal fatto che è coinvolto Israele. Ecco il testo dell'articolo:
Veniamo dalla terra, non è vero? Ma se la terra è resa arsa e sterile dalla siccità, che ne sarà dei nostri sogni, dei nostri ideali, del nostro futuro? Questa elementare verità hanno voluto ricordarci i circa duemila bambini che mercoledì 4 novembre, settimo giorno del mese di Marcheswan, secondo il calendario ebraico, hanno visitato quella che secondo la tradizione è la tomba di Honì Ha-Mehagel, in Galilea, ed hanno pregato affinché «i cieli si aprano» e diano «rugiada e pioggia di benedizione nella dovuta abbondanza». A qualche centinaio di chilometri di distanza, nell´austera e chiusa Mea Sharim, il quartiere ultraortodosso di Gerusalemme, i rabbini cabalisti, anziché preoccuparsi dell´elezione di Obama, si stanno preparando, con digiuni ed orazioni, al grande rito collettivo della Tefilat Geshem, la preghiera della pioggia. Qualche breve precipitazione, nei giorni scorsi, ne ha raffreddato il fervore, ma se va avanti così anche quest´anno accorreranno in massa al Muro del Pianto per impetrare, tra alti lamenti e squilli del corno sacro, la «pioggia della vita», che assolve e rigenera. Da anni non si vedeva un autunno così asciutto. Dopo qualche giornata di tempo variabile, adesso domina un sole estivo. Il 2007- 2008, già dichiarato dal governo «anno di siccità», con relativo stanziamento di sussidi per gli agricoltori, finirà com´è cominciato, con qualche millimetro di pioggia. Il lago di Tiberiade, il maggior serbatoio idrico d´Israele, s´avvicina pericolosamente al livello minimo, oltre il quale le pompe non potranno funzionare. Effetto del global warming che affligge il pianeta, o, come sostengono certi rabbini, inevitabile conseguenza dell´umana ostinazione a peccare? Nessuna religione si sottrae al tentativo di interferire nel divenire di eventi naturali come vita e morte, alluvioni e carestie, epidemie e terremoti. E la siccità, vera o soltanto temuta, è oggetto di molti atti di fede. Nella liturgia ebraica la preghiera della pioggia ha un posto centrale. L´ottavo giorno della festa di Succot, o festa delle capanne, che ricorda il peregrinare del popolo israelita nel deserto e l´arrivo nella Terra promessa, segna la fine della permanenza nelle capanne e l´avvento della stagione delle piogge. «Fai soffiare il vento e scendere la pioggia» recita la preghiera e questa invocazione resta valida fino a Pesach, la Pasqua, cioè fino al nuovo raccolto. Ma quest´anno, come ciclicamente succede negli ultimi 20 (il periodo 1988-1991, e ancora 1998-2001, furono di grande siccità) il cielo è avarissimo. Soltanto due giorni di pioggia dalla fine di Succot, cioè dal 21 ottobre non sono considerati sufficienti ad attenuare i timori. E allora le scuole della Galilea, regione particolarmente colpita dalla mancanza di piogge, si sono mobilitate, apprendo la stagione delle preghiere. Una gita festosa, naturalmente, quella alla presunta tomba di Honì Ha-Meaghel, (letteralmente: Honì che traccia i cerchi) ad Hatzor, ma con un occhio alla tradizione. Honì Ha-Me´aghel era infatti un saggio, probabilmente vissuto nel primo secolo, di cui si parla nella Mishnà e nel Talmud e che lo storico romano d´origine ebraica Giuseppe Flavio ricorda nelle sue Antichità Giudaiche. Secondo le fonti canoniche, Honì aveva un rapporto speciale con il Creatore ed era noto come un giusto, le cui preghiere venivano esaudite. Dopo un anno di particolare siccità, gli fu chiesto di pregare affinché piovesse: Honì tracciò allora un cerchio per terra, intorno a sé e, rivolgendosi a Dio, proclamò che non si sarebbe mosso di lì finché l´Onnipotente non avesse fatto piovere. Alla fine piovve talmente tanto, che Honì fu costretto a pregare che la pioggia smettesse. I bambini della Galilea sperano quindi che, grazie all´intercessione del giusto, la loro preghiera venga esaudita, come ha detto Haim Shanì, ispettore della Sezione di Cultura ebraica del Ministero dell´Educazione, che ha organizzato l´evento: «Soprattutto dopo un anno di siccità, ci auguriamo che le preghiere dei bambini innocenti vengano accolte». Le preghiere, tuttavia, da sole non basteranno. Senza dover necessariamente scomodare la Bibbia, Israele si trova in una regione semidesertica, in cui per almeno sei mesi all´anno non si vede una goccia di piaggia, ed anni consecutivi di precipitazioni inferiori alla media e alle necessità, hanno comportato un grave deficit nel bilancio idrico del paese con pesanti conseguenze nel settore trainante dell´agricoltura. L´unica soluzione per ovviare alla mancanza di piogge è la costruzione di impianti di desalinizzazione lungo la costa mediterranea. Ma qui affiora un paradosso. Israele esporta questo tipo di impianti in tutto il mondo, ma fino ad ora i governi che si sono succeduti non hanno quasi mai trovato il modo di stanziare i fondi per costruire una rete nazionale di desalinizzatori. Una questione di priorità. Ne esiste uno ad Ashkelon, in funzione dal 2005, che fornisce acqua al Negev, ma è insufficiente. Nel giugno 2007 è stata approvata la costruzione di un secondo impianto nelle vicinanze della città portuale di Ashdod, ma i lavori non sono ancora iniziati.