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La Repubblica Rassegna Stampa
07.11.2008 Secondo David Grossman Obama aiuterà Israele
intervista di Alberto Stabile al romanziere

Testata: La Repubblica
Data: 07 novembre 2008
Pagina: 11
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «"Capisce i palestinesi aiuterà noi israeliani"»
Da La REPUBBLICA del 7 novembre 2008

Gerusalemme - Abbiamo raggiunto lo scrittore israeliano David Grossman al telefono a Los Angeles.
Qual è il messaggio che l´elezione di Obama porta con sé?
«Il messaggio più importante è che il cambiamento è possibile. Così spesso ci ritroviamo di fronte a situazioni e sviluppi considerati irreversibili, immutabili, finché improvvisamente non succede qualcosa di imprevisto e non solo i nostri pensieri, ma tutta la realtà si riorganizza intorno a questo evento inatteso. Un aspetto ulteriore non meno importante è il profondo apprezzamento mostrato dagli elettori per la qualità del suo discorso. Obama ha scelto di parlare di speranza, di fiducia, di buona volontà, di simpatia, contro il cinismo e l´arroganza del potere. Ed è impressionante constatare quanto la gente avesse bisogno di queste parole, e come percepisse di esserne stata ingiustamente privata. Perché di solito, i leader politici negli Stati Uniti, ma questo vale anche per Israele, preferiscono eccitare, infiammare i sentimenti più sospettosi e timorosi degli elettori, mentre Obama ha dimostrato quanta energia positiva può provenire dalle persone quando si sollecita la parte migliore della loro identità».
Sta dicendo che a voi israeliani non è data la possibilità di sperare nel cambiamento?
«Per noi l´elezione di Obama rappresenta una lezione, perché vediamo che niente cambia e continuiamo a sentirci come un popolo votato a vivere e a morire con la spada e per la spada. E´ davvero spiacevole non avere una leadership coraggiosa abbastanza da condurci verso la speranza e verso una situazione alternativa come, invece, sta succedendo agli americani».
Alcuni commentatori e politici israeliani si sono posti la domanda se Obama fosse o no "buono" per Israele. Lei che ne pensa?
«La questione è: che significa "buono per Israele"? Molti dicono che Bush sia stato il miglior presidente americano che Israele potesse desiderare perché ha difeso i nostri interessi. Io penso che, dopo otto anni del suo regime, Israele si ritrova in una situazione peggiore».
Pur mantenendo rapporti speciali con Israele, c´è chi teme che Obama possa essere troppo sensibile alle sofferenze dei palestinesi.
«Io credo che le radici stesse di Obama gli permettano di avere un punto di vista bifocale della realtà, inclusa la questione palestinese. Alcuni pensano che possa essere troppo vicino alle sofferenze dei palestinesi? La mia risposta è che solo un presidente americano che sia sensibile anche alle sofferenze dei palestinesi può essere un arbitro equo del conflitto».
Altri temono che aprire il dialogo con Teheran sia pericoloso. Tzipi Livni ha detto oggi che, in Medio Oriente, l´invito a dialogare può essere scambiato per un segno di debolezza.
«Io invece penso che tutto quello che porta al dialogo è benvenuto. Abbiamo bisogno di qualcuno che dialoghi con Teheran. C´è tempo per usare la forza. Prima di passare alle vie di fatto e gettare il mondo in una nuova catastrofe è bene sperimentare ogni spiraglio di dialogo».
Lei è uno scrittore molto attento ai dettagli. C´è qualcosa che l´ha colpita nella notte di Chicago o nel discorso della vittoria di Obama? «Di Obama mi piace questa mistura di qualità diverse. Se mi permette l´ossimoro, è un idealista pratico: pratico nel modo in cui ha condotto la campagna, idealista nella visione del mondo. E questa fusione di elementi diversi e apparentemente opposti c´è tutta nel discorso di Chicago».
Il suo merito maggiore?
«Rendere la politica nuovamente rilevante per gli americani, e non solo per loro. Per anni ci siamo sentiti scollegati dalla politica. Il suo messaggio agli americani è stato di essere nuovamente partecipi delle scelte e gli elettori non soltanto si sono sentiti partecipi ma anche responsabili. E se qualcuno si sente responsabile, smette di sentirsi la vittima, escluso da una situazione di cui non ha controllo».
Cosa vuol dire che per la prima volta un americano di colore diventa presidente degli Stati Uniti?
«E´ proprio questo il segno del cambiamento nello specifico degli Stati Uniti, la dimostrazione che, in una democrazia, sana, tutto è possibile. Potere veder un giorno un presidente nero era fino a pochi anni fa una fantasia, è diventata una realtà fruttuosa. Perché sono sicuro che l´elezione di Obama servirà a riformulare le relazioni non soltanto tra bianchi e neri ma tra tutte le diverse minoranze».
Adesso però Obama è atteso alla prova dei fatti. Alcuni dicono: ha l´esperienza necessaria a ricoprire quel ruolo?
«Ma questo vale per tutti i candidati che vengono scelti. E poi che vuol dire essere esperti? Bush era molto esperto in politica e abbiamo visto in quale abisso ha precipitato l´America e il mondo. Ovviamente anche ad Obama bisogna dare il tempo per tradurre in pratica le sue idee, per dimostrare quanto sia fondata la credibilità di cui gode. Ma ha carisma e questa non è una buona ragione per averne timore».
Nella storia politica americana c´è un tratto di violenza esercitata, contro i presidenti che hanno dimostrato di avere una visione aperta del mondo. Può succedere anche ad Obama?
«Un leader che mostra di avere idee illuminanti, che ha la capacità di alimentare speranze nuove, può sollecitare forze oscure. Non è un timore infondato, ma c´è sicuramente chi è in grado di prendersi cura di questo problema».

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