La "Faz" attacca Napolitano per aver ricordato la verità storica sul nazifascismo
Testata: La Stampa Data: 03 novembre 2008 Pagina: 11 Autore: Paolo Passarini Titolo: «Antinazismo, veleni su Napolitano e italiani»
Il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung ha pubblicato un articolo che critica duramente il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano per il suo discorso di commemorazione della sconfitta italo-tedesca di El Alamein del 1942. Napolitano è descritto come un soldato giapponese che continua a combattere la seconda guerra mondiale senza essersi accorto che è finita, e come un "membro fedele dell’ex-Pci" che " ha continuato a condurre la guerra con mezzi politici quasi settant’anni dopo quegli eventi".
La nostra valutazione è del tutto opposta: ricordare la storia è necessario e giusto. E' piuttosto la cancellazione o la falsificazione della storia ad essere una pratica che può a ben diritto essere definita "comunista". Come un tempo si succedevano le diverse versioni dell'Enciclopedia sovietica, ci attende nel futuro un continuo aggiornamento dell'Enciclopedia del revisionismo storico ?
Da La STAMPA del 3 novembre 2008, la cronaca di Paolo Passarini:
Stupore e perplessità ieri sera al Quirinale dopo la diffusione da parte di un’agenzia della sintesi di un articolo della «Frankfurter Allgemeine Zeitung», in cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano viene paragonato a «un giapponese» che continua a combattere da solo una guerra finita. L’articolo, firmato dal corrispondente da Roma della Faz, Heinz-Joachim Fisher e pubblicato con il titolo «Es wird weiter geschossen» (Si continua a sparare), inizia con le parole: «Per alcuni in Italia la seconda guerra mondiale non è ancora finita». Tra questi «alcuni» c’è, in prima fila, il nostro presidente della Repubblica, assieme all’intera corte di Cassazione, colpevole di aver recentemente emesso una sentenza di condanna . sulla strage nazista di Civitella che ricade sui soldati tedeschi che la perpetrarono. Nel sottolineare che, per alcuni, in Italia, la seconda guerra mondiale non è finita, l’articolo aggiunge: «Non lo è per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e nemmeno per il palazzo di giustizia di Roma, come accadde a suo tempo a quei soldati giapponesi che continuarono a combattere su un’isola del Pacifico». Dando voce a un fastidio che sembra essere stato covato a lungo, l’articolo dipinge Napolitano con queste parole: «Da membro fedele dell’ex-Pci, al quale ha appartenuto dal 1945 fino alla sua trasformazione nei Ds nel 1991, Napolitano ha continuato a condurre la guerra con mezzi politici quasi settant’anni dopo quegli eventi». Ma cosa ha fatto Napolitano per meritarsi questa intemerata?. L’articolo, per spiegarlo, cita una frase detta una settimana fa dal presidente in Egitto durante la commemorazione della sconfitta italo-tedesca di El Alamein del 1942. In quel discorso, pronunciato di fronte al sacrario eretto nel deserto 120 chilometri a ovest di Alessandria per commemorare i 5200 italiani caduti, Napolitano sostenne che quella sconfitta segnalò «l’insostenitbilità delle motivazioni e degli obiettivi dell’impresa bellica nazi-fascista». Questo accenno deve aver ferito la sensibilità nazionale del corrispondente della Faz. Eppure, Napolitano parlava, in quell’occasione, a nome di tutte le vittime della battaglia, essendo quest’anno il turno dell’Italia a condurre la celebrazione. E nessuno aveva protestato. Inoltre, l’accenno alla sconfitta del disegno nazi-fascista colpisce il passato sia dell’Italia che della Germania. E la stessa Repubblica federale tedesca non è forse nata sul ripudio del nazismo? Il Quirinale ieri sera era incredulo. Attivato l’ambasciatore a Berlino, Antonio Puri Purini, si voleva capire che senso avesse la pubblicazione di quell’articolo prima di replicare. E pensare -ha detto qualcuno - che, non molte settimane fa, Napolitano era stato criticato da alcune associazioni di partigiani per aver preso le difese del film girato dal regista americano Spike Lee sulla strage di Sant’Anna di Stazzema.
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