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Se l'ossessione dell'ebreo rigenera il carnefice... 31/10/2008

Una lettera inviata al direttore del CORRIERE della SERA a proposito della recensione che Sergio Romano ha dedicato al libro di Avraham Burg "Sconfiggere Hitler":

Non potevamo aspettarci di meglio da parte di Avraham Burg, né su certe scelte editoriali  tese solo a provocare, né meravigliarci che a recensire il libro di Burg per il Corriere sia Sergio Romano che considera le spiegazioni di Burg plausibili. Avraham Burg è già contestato da tempo per le sue esternazioni che gli sono valse critiche da sinistra e da destra, e non poteva che trovare il suo tornaconto nello spazio occidentale revisionista ambiguo. Di quel revisionismo che non si limita alla corretta ridefinizione del giudizio rispetto ad un evento, ma lo rielabora relativizzandolo con una deliberata cancellazione dal quadro dei dati concreti. La Shoah è esistita. Punto. La Shoah è stato un atto di deliberato sterminio, applicato con un programma di volontà scientifica e genocida che ne fa un unicum. Punto. Che Burg sposi la teoria di Finkelstein applicandola ad Israele, completa solo un quadro revisionista già noto. Non mi risulta che l’Europa si sia prostrata al passaggio del Dalai Lama. Come mai lo stesso comportamento per il Dalai Lama diventa iniquo in Israele e giustificato in Italia? Il reale processo ad Eichmann è del 1961 e se Burg sbaglia già la data fondante per l’inizio della consapevolezza della tragedia ebraica in Israele, figuriamoci l’attendibilità del resto del libro. La prima fase, quella dell’istruttoria, iniziò nel 1960 ma solo il 21 febbraio del 1961 il procuratore Hauser firmò l’atto di accusa che diede il via alle due fasi del reale processo, aperto al pubblico e che si svolse nel 1961 con la condanna a morte (sofferta in Israele e nella Diaspora ed unica sentenza di morte eseguita in Israele) di Eichmann. Risibile l’affermazione che la Shoah abbia militarizzato la società israeliana. Ci hanno pensato gli arabi ed islamici che vogliono cancellare Israele, con stermini promessi e con il terrorismo, a militarizzare la società israeliana. Se per parte della società e degli intellettuali occidentali, soprattutto europei, il genocidio ebraico non rappresenta null’altro che retorica, questa consapevolezza e l’antisemitismo risorto sono un motivo aggiunto perché la società israeliana e diasporica sia vigile. Diciamo che, stranamente, gli ebrei non vogliono subire una seconda Shoah. C’è chi in occidente considera più morale che gli ebrei siano le eterne vittime? Questo presuppone che tra questi occidentali è considerato morale il rigenerarsi in carnefici od allinearsi ad essi come è già successo. Ci sono dei limiti – che proprio la morale dovrebbe suggerire – alla pubblicazione di  virtuosismi intellettuali di persone frustrate piene di rancore. Il sionismo, lo dovrebbe sapere perfettamente anche un Burg, è il movimento nato per il ritorno degli ebrei a Gerusalemme, per un focolare ebraico a carattere nazionale nella terra storica degli ebrei, per la salvezza dei perseguitati d’eccellenza in Europa. Altrettanto risibile l’argomentazione per cui il processo Eichmann sarebbe servito a Ben Gurion per uscire da un’imbarazzante situazione. Cosa c’entra poi il tentativo di salvare gli ebrei dai campi di sterminio, anche trattando con i nazisti, con la purezza del sionismo???!! Con chi doveva trattare l’Agenzia Ebraica? Con le Fidji? Ci si rende conto della futilità di tali argomentazioni? il processo Eichmann fu necessario per stabilire la verità storica. Verità storica che continua ad esistere malgrado i mezzucci propagandistici di quel revisionismo che sceglie solo libri come quelli di Avrahm Burg da tradurre e pubblicare.

Cordiali saluti

Danielle Sussmann


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