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Il Giornale Rassegna Stampa
31.10.2008 Barack Obama è un candidato di sinistra, non un candidato "meticcio"
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 31 ottobre 2008
Pagina: 15
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Il meticciato non c'entra»

L'analisi di Fiamma Nirenstein sulla campagna elettorale di Barack Obama, pubblicata dal GIORNALE del 31 ottobre 2008

L'entusiasmo che ha accompagnato anche da noi la campagna elettorale di Barack Obama è quasi commovente, perché è l'unica "cosa di sinistra" su cui l'opinione pubblica appunto di sinistra abbia avuto ultimamente l'occasione di esercitare la sua fiducia nel futuro. E a ragione: Obama è di sinistra sui temi economici e sociali e in politica estera, dall'aumentare le tasse e ridistribuire, fino al giudizio sull'Irak e sul parlare con l'Iran e senza precondizioni. Barack Obama è comunitario e messianico nei toni e nella sua storia personale, sua moglie ha dichiarato che è la prima volta, da quando il marito è candidato, che ha fiducia negli States, le foto della sua cena con Edward Said, molto cordiale, potrebbero figurare in qualsiasi album di ricordi di un rappresentante della sinistra intellettuale americana, così come il suo gesto di togliersi la spilletta con la bandiera a stelle e strisce per protestare contro la guerra in Irak. E' legittimo e logico che la sinistra e l'Europa che crede nell'appeasement e che ha odiato Gorge Bush sbagliando in toto, secondo noi, il giudizio che ne darà la storia, ne faccia il suo campione: quello che non si può invece accettare è che si attribuisca alla figura di Obama un ruolo palingenetico, salvifico, legato soprattutto al colore della sua pelle, alla sua storia personale di "meticcio", una specie di messia che porta un soffio di cultura nuova al mondo. Così lo qualifica Gad Lerner nell'articolo che ieri appariva in prima pagina di Repubblica. Per due ragioni: Obama non è il primo afroamericano sulla strada del grande potere, né, per altro, è un meticcio culturale. Fra l'altro era questo il meticciato pericoloso cui si riferiva il senatore Marcello Pera, quello delle usanze e delle convinzioni politiche inaccettabili dalla nostra civiltà (condizione della donna, mutilazioni, poligamia, jihad islamica), non certo quello delle origini o del colore della pelle. Non arriva primo, ma viene dopo che ben due Segretari di Stato americani, e di quale importanza, ovvero Colin Powell e Condi Rice, sono stati chiamati all'altissima carica da Gorge Bush junior, senza che nella loro pelle scura e nella loro storia personale, di altissimo valore nella storia dell'emancipazione nera americana, senza che nella doppia identità di Condi, donna e nera, sia stato ravvisato niente di così rinfrescante, significativo per il mondo intero. Come mai? Forse perché era un governo conservatore ad aver rotto enormi barriere? La speranza suscitata da  Obama (che forse potrebbe "ottenere udienza diversa dal Medio Oriente all'Africa" dice Gad Lerner, grazie alla sua figura di afroamericano) è quella di un multilateralismo americano che renda gli USA sostanzialmente più inclini alla mansuetudine e alla sospensione della lotta contro il terrorismo. Potrebbe essere, ma non per motivi di intrecci culturali, e per altro ne dubitiamo. Semmai potremmo trovarci, come sospetta Sarkozy, a un unilateralismo mansueto, che spinga tutto il mondo nella direzione di un appeasement che porti l'Iran all'acquisizione del potere nucleare senza trovare effettive contrapposizioni, con tutte le conseguenze tragiche immaginabili. Questo, perché la politica estera di Obama verrà costruita in contrasto con quella di Bush almeno per un certo periodo, finché non venga costretta a riprendere lo scontro inevitabile col terrore: ma questo, non perché Obama è scuro di pelle o ha una storia in bilico fra sviluppo e sottosviluppo, fra una cultura e l'altra. Direi che nel caso di Powell e di Condi non è stato né motivo di simpatia da parte di Ahmadinejad o di Nasrallah, e neppure di Chavez, né motivo di maggiore propensione al compromesso da parte loro. Per altro gli stilemi di Obama (sincerità, franchezza, facondia, adorazione dell'immagine) sono più che americani, come i valori di cui si pregia (famiglia, la moglie personaggio dominante in famiglia, il sogno americano). Non c'è nessun meticciato in Obama. E' un americano di sinistra, come ne ho conosciuti tanti, e come piacciono ai cultori dell'"altra America", quella che bruciava le cartoline e cantava "The times they are a'changin'" (Obama era troppo piccolo, ma il pacifismo è rimasto e  quella musica ha una grande meravigliosa tradizione) e ha tutta Hollywood dalla sua parte. Già nei secoli Walter Veltroni, sia lode all'antico merito, è stato portabandiera della passione italiana per questo ben definito mondo. Farrakhan e Jesse Jackson si sono dichiarati per Obama, il suo mentore pastore e teologo Jeremiah Wrigth (più volte ormai ripudiato), che ha usato la sua chiesa come un pulpito anti-americano e l'ha avuto fra i suoi fino a ieri, illuminano, oltre alla sua tendenza o almeno la sua compatibilità ideologica, una dimensione comunitaria densa di gospel e di aspirazioni sociali, che, unita alla sua per altro legittima aspirazione socialista, prefigura un modo di essere chiaro e semplice: quello della sinistra. L'Iran, il mondo arabo, le organizzazioni arabe americane, persino Hamas desiderano il suo avvento per motivi politici; gli ebrei americani, in maggioranza per motivi ideologici… Il desiderio di una società "meticciata" non c'entra niente. Obama non propone valori provenienti dalle Hawaii o dalla Indonesia. Se è a un passo dalla presidenza lo deve tutto ai valori occidentali, non meticci, che promettono e mantengono l'eguaglianza. E lui lo sa bene. L'America non è come noi, dice il professor Bernard Lewis, che da britannico è divenuto americano qualche anno fa: "Per diventare francese o tedesco devi trasformare la tua identità etnica, per diventare americano devi cambiare la tua fedeltà politica". Barack Obama usa tutte le armi della sinistra, che sono tante: se domani dicesse che la guerra in Irak non è stata tanto male o che non si parla con l'Iran e che la guerra contro il terrorismo non avrà tregua, vorrei vedere se pesa ancora il suo valore "meticcio" presso la nostra sinistra.

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