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Primo Levi. Una vita per immagini Philippe Mesnard
Traduzione di Frediano Sessi
Marsilio Euro 16,00
Ancora una vita di Primo Levi? Ancora necessità di coprire un vuoto? Magari di rivelare aspetti inediti, aggiustarne di mal posti? Non è propriamente questo il punto. Dopo le vite diverse, scritte dalla Anissimov, da Thomson e dalla Angier, questo “Primo Levi” di Philippe Mesnard non ha nella novità il suo tratto distintivo. Se mai ce l’ha nella probità, nel venire da una lunga disciplina. Nella prefazione, ad esempio, Sessi ricorda l’interesse per il tema cinema e resistenza su cui Mesnard ha pubblicato il saggio Témoignage en résistance. Ma non è un caso che proprio in questi giorni presso le parigine Editions Kimé esca il grosso volume degli atti sulla ricezione dell’opera di Primo Levi “dans le monde” a cura dello stesso Mesnard e di Yannis Thanassekos (pp. 526, Euro 35).
Nemmeno le immagini, per la verità, sono nuove. Ma è pur vero che possono risultare nuove ai più. Molte si sono viste l’anno scorso nella mostra promossa a Torino dall’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte al Museo Diffuso della resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà (Primo Levi I giorni e le opere) che Philippe Mesnard e Carlo Saletti avevano allestito in prima istanza per il Centre d’Histoire de la Résistance et de la Déportation della Città di Lione. Ed è un po’ come se questo libro uscisse dalla logica del semplice catalogo di servizio per diventare – pur nella sua agilità – qualcosa di più sistematico.
Il fascino si mantiene. Fotografie, prime edizioni, passaggi cruciali, che raccontano Primo Levi dagli anni di formazione all’universo concentrazionario (Fossoli e Auschwitz), dalla doppia pubblicazione di “Se questo è un uomo” al mestiere di chimico alla Siva di Settimo Torinese, dalla testimonianza alla scrittura, dall’impegno morale all’impegno letterario, espresso in diverse direzioni.
Levi e il D’Azeglio (una svista da correggere: Augusto Monti non fu mai suo professore). Levi e gli amici, Levi e l’Einaudi, Levi e la poesia, Levi e La Stampa, Levi e i premi, Levi e il suo p.c., Levi e la Siva, la fabbrica di vernici di Settimo Torinese, dove lavorò fino alla pensione (nel 1975), diventandone prima direttore tecnico e poi direttore generale. Molte le foto dell’allestimento di “Se questo è un uomo” che nel 1966 il Teatro Stabile di Torino fece per la regia di Gianfranco De Bosio, capace di restituire il clima di bolgia dantesca del lager. Non parole chiare e distinte, ma suoni aspri e selvaggi: dal latrare delle SS che non comparivano mai sulla scena, alle litanie di linguaggi remoti e sconosciuti.
Ma a colpire forse più di altri è la foto di un giovane Levi in bicicletta. Il suo profilo inconfondibile, i capelli folti a sfumatura alta, dentro un paesaggio di lago e declivi. Ancora lontano dal momento della cattura. Dal suo viaggio abissale.
Giovanni Tesio
Tuttolibri – La Stampa
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