“Sì, ho vissuto male, mi sono buttato in una vita convulsa, mi sono consumato in mille lotte inutili, ma la mia punizione più grande è stata quella di non aver avuto il talento, la fantasia, la forza morale di molti miei amici”. Sono minacciati dall’ansia di trarre un bilancio della propria vita i protagonisti dell’ultimo romanzo di Alain Elkann, L’equivoco, storia dell’incontro apparentemente casuale fra due vecchi ormai sul ciglio della fine naturale dei loro giorni, che dal fondo di due esistenze diversissime scoprono i segreti e gli imbarazzanti punti di contatto fra vicende parallele scaturite insieme dal gorgo della guerra, sfiorate dalla persecuzione razziale e da una violenza cieca che a volte sembra servirsi di equivoci e involontari depistaggi per completare i suoi disegni perversi. Salvo manifestarsi, alla resa dei conti, come pura apparenza, frutto di fraintendimenti che per molti decenni hanno alimentato laceranti sensi di colpa: tutto effetto della gelosia, della delazione, di un intreccio perverso di amore e di guerra.
I due anziani protagonisti riescono attraverso un’imprevista resa dei conti a liberarsi per sempre del peso di ricordi e di condizionamenti che di norma la vecchiaia aggrava. Di scrollarseli di dattorno non avrebbe alcuna voglia Mario Longo Pagani, il volto placidamente gioviale della coppia la cui senile, monotona attesa della morte è compromessa per sempre dall’arrivo del saturnino e malinconico Vanni, intellettuale inquieto che non ha ancora finito di fuggire dai fantasmi delle sue paure e di rincorrere quelli delle sue chimere.
Che cosa può far incontrare due personaggi simili, a molti decenni di distanza? Cherchez la femme, naturalmente in un romanzo ambientato tra le nebbie della quarta età, le donne morte non contano meno di quelle che, miracolosamente, si scoprono ancora vive. Inutile chiedersi come sarebbero potute andare le cose se la verità e la chiarezza avessero sempre prevalso sull’incomprensione: immaginare come sarebbe il mondo senza queste variabili impazzite equivarrebbe, in questo romanzo, a domandarsi se ne possa esistere uno senza guerre e ideali, senza delusioni e senza persecuzioni. Il migliore dei mondi possibili si rivela pericolosamente precario persino in un libro popolato da gioiosi e canuti incoscienti.