Cantore impareggiabile della tolleranza e della pacifica convivenza fra arabi ed israeliani, capace come pochi altri di sondare i misteri dell’animo umano, soprattutto quello femminile, Sami Michael, scrittore israeliano di origine irachena, torna al pubblico italiano con un nuovo romanzo edito dalla casa editrice Giuntina, “Rifugio”. Apparso in Israele nel 1977 dove ha suscitato grande clamore, “Rifugio”, il cui titolo originale è Chassut, racconta una storia ambientata nei primi tre giorni della Guerra del Kippur, un conflitto le cui conseguenze hanno pesato a lungo in termini di sofferenze sul popolo israeliano. Lo scrittore, che è nato a Bagdad nel 1926 nella comunità ebraica più antica del mondo, narra attraverso le storie di un gruppo di comunisti israeliani e arabi, che si trovano a interagire nella stessa casa e nei medesimi luoghi, un momento molto drammatico per lo Stato d’Israele. Con grande maestria e capacità introspettiva analizza i sentimenti di aspirazione nazionale che albergano nell’animo dei palestinesi, alcuni dei quali costretti a lasciare le loro terre, e la difficoltà per gli israeliani di trovare una strada, al di là delle utopie e delle ideologie, che consenta ai due popoli di vivere insieme. Tutti i romanzi di Sami Michael e questo in particolare, racchiudono parte delle sue esperienze di vita e risentono fortemente della sua cultura araba. Lui stesso si definisce “un arabo che scrive con caratteri ebraici”. Membro di un gruppo clandestino comunista che lottava contro l’oppressivo regime iracheno era stato costretto a fuggire dall’Iraq dopo che un tribunale iracheno aveva emesso un mandato d’arresto nei suoi confronti. Giunto in Israele “con la cultura e la lingua del nemico” ha lavorato per anni come idrologo amministrando le risorse idriche al confine con la Siria, conseguendo anche la laurea in Idrologia, Psicologia e Letteratura araba. Per la sua attività di scrittore (ha pubblicato romanzi, saggi e opere teatrali) e per il suo impegno a favore della pace, Sami Michael è stato insignito di onorificenze e premi prestigiosi ed è l’unico scrittore israeliano ad essere pubblicato in Iraq ed Egitto. Con determinazione e perseveranza ha imparato l’ebraico e nel 1974 ha pubblicato il suo primo romanzo “Gli uomini sono uguali ma alcuni lo sono di più”. “…..goccia dopo goccia l’ebraico è entrato dentro di me; ogni volta che ci penso sono convinto che si sia trattato di un miracolo. Sono diventato uno scrittore israeliano. Da allora mi dedico a narrare gli universi che ho avuto il privilegio di conoscere”. Ed è proprio attraverso il personaggio di Marduch che lo scrittore ci introduce alle vicissitudini che hanno costellato la sua vita prima dell’arrivo in Terra d’Israele. Marduch è un personaggio complesso dotato di straordinaria sensibilità: le traversie che ha affrontato nel suo paese in quanto membro del partito comunista, le torture e le sofferenze patite non hanno scalfito la sua umanità e la capacità di accostarsi con pazienza e amore al figlio Idò, nato con un ritardo mentale. La moglie Shula è una delle figure più belle e al contempo controverse del romanzo a conferma della mirabile capacità dello scrittore israeliano di sondare le pieghe più recondite dell’animo umano femminile. Bella e volitiva, spirito ribelle, è incapace di sottrarsi alle imposizioni della madre Tova, una comunista fanatica che la costringe ad abbandonare il suo amore adolescenziale, Rami Goldshmid, un giovane fiero di appartenere all’esercito israeliano e per questo poco “compatibile” con i dogmi del Partito. Le convinzioni di Marduch, la cui origine e appartenenza al Partito lo portano ad un atteggiamento di comprensione e tolleranza verso gli arabi, spesso confliggono con le opinioni di Shula e la sua radicata identità di ebrea. “…in presenza di arabi era sempre molto cosciente di essere ebrea. Anche Marduch aveva una forte coscienza ebraica, ma le relazioni con gli arabi non gli creavano problemi”. Un’altra coppia che si dibatte fra problemi di coscienza e identità, in una quotidianità resa ancor più complicata dalle difficoltà economiche, è Fuad e Shoshana. Quest’ultima, amica di Shula, è stata cacciata dal suo villaggio di Yessod Hamaalé dopo aver sposato un arabo cristiano. Ed è proprio nei loro figli che le contraddizioni esplodono con violenza e le difficoltà del vivere assieme si acuiscono nel confronto fra Amir, fiero della sua appartenenza ebraica, e Victor e Naym nei quali emerge con forza la fierezza di sentirsi prima di tutto “arabi”. Attorno a queste coppie si muovono personaggi indimenticabili tratteggiati con la sensibilità e la perizia di chi conosce in profondità le identità, le culture, le paure e i desideri di entrambi i popoli: Tuvia, il pensionato ebreo che abita al piano di sopra della casa di Shula e scoprendo che la giovane donna ha dato rifugio al poeta palestinese Fatchi cerca di proteggerla. Il poeta, che è stato costretto a lasciare la sua casa dopo la guerra del ’48, nutre sentimenti di rabbia, desiderio di rivalsa ma anche ammirazione nei confronti degli israeliani nella consapevolezza che non potrà mai essere come loro. E la conferma dolorosa gli viene dal fatto che, nonostante il suo amore per Shula, “….lui era soltanto un arabo e lei soltanto un’ebrea”. Il dramma che colpirà Shula in quei primi giorni della Guerra del Kippur – che non sveliamo al lettore – riconferma la straordinaria attualità del romanzo perché “….da una parte il muro di ignoranza ancora sussiste, dall’altra le ambizioni di questi due popoli non si sono ancora realizzate e le persone come i personaggi del libro, continuano disperatamente a cercare rifugio”. Come i precedenti romanzi di Sami Michael pubblicati da Giuntina, (“Una tromba nello uadi”, “Victoria”)anche “Rifugio” è prima di tutto un’analisi accurata delle complesse relazioni che intercorrono fra arabi, israeliani, ebrei, cristiani e mussulmani in un paese come Israele nel quale le ragioni dell’una e dell’altra parte si confrontano ogni giorno; ma è anche un simbolo di speranza e di pace oltre che di tolleranza e pacifica convivenza fra i popoli.