La strategia iraniana in America Latina la traduzione di un'analisi di Ynet.News
Testata: israele.net Data: 23 ottobre 2008 Pagina: 1 Autore: Gabriel Calabrese Titolo: «L’azzardo strategico dell’Iran»
Dal sito ISRAELE.NET (www.israele.net), riprendiamo la traduzione di un articolo di Gabriel Calabrese pubblicato da Ynet.News, sui legami strategici tra l'Iran e il Venezuela:
La comunità mondiale aspetta con ansia di vedere quale sarà la posizione del prossimo presidente americano riguardo alla minaccia nucleare iraniana. A quanto pare, invece, Teheran ha deciso di non aspettare e si è mossa per conto suo allo scopo di sviluppare strumenti atti ad attaccare gli Stati Uniti nel loro cortile dietro casa. È curioso come la sinistra in America Latina, che ha sempre costantemente denunciato l’interferenza nord-americana negli affari interni del Venezuela, abbia completamente ignorato la pericolosa infiltrazione del regime estremista iraniano. Nel corso degli ultimi sei anni il presidente venezuelano Hugo Chávez ha permesso al leader iraniano Mahmoud Ahmadinejad di immischiarsi sempre più negli affari del suo paese. Porre il Venezuela al centro di una nuova iniziativa ostile per influenzare il futuro dell’America Latina rientra nell’azzardo strategico iraniano contro l’occidente fa parte. Tradizionalmente considerata un’”area di pace”, l’America Latina si sta trasformando in un santuario per coloro che simpatizzano con l’estremismo islamista. Hugo Chávez ha spalancato le porte dell’America Latina al regime fondamentalista iraniano, stringendo l’alleanza grazie a undici incontri con Ahmadinejad e visitando Teheran in sei occasioni da quando ha assunto il potere. Chávez è uno dei principali sostenitori delle ambizioni nucleari iraniane, e appoggia sistematicamente i gruppi estremisti mediorientali sino al punto di definire “un nuovo Olocausto” le operazioni militari israeliane contro Hezbollah in Libano dell’estate 2006. Ma Chávez non si limita a sostenere le ideologie estremiste in posti lontani dal suo paese, come già hanno fatto in passato altri politici senza scrupoli: Chávez ha innestato questi movimenti direttamente nel panorama venezuelano. Uno di questi gruppi è Hezbollah-Venezuela, che è cresciuto approfittando dello scontento e dell’emarginazione delle comunità indigene. Il vuoto lasciato quando Chávez espulse i cristiani evangelici dal paese viene sfruttato da Hezbollah per indottrinare la comunità india di Wayuu-Guagira. Uno dei suoi leader, l’ex marxista Teodoro Rafael Darnot, sostiene di avvicinare il Regno di Dio in Venezuela grazie alle sue attività, e coopera con il governo di Chavez. Il motto che appare sul sito web di Hezbollah-Venezuela dice: “Il breve godimento della vita sulla terra è egoistico. L’altra vita è migliore per i seguaci di Allah”. Il Venezuela rimane una zona culturalmente cristiana, ma la cooperazione del governo con l’Iran riflette ambizioni strategiche e non un mutamento demografico interno. Lo scorso novembre Chávez propose al suo “amico ideologico” Ahmadinejad un piano per creare un “esercito anti-imperialista” votato a combattere il “Grande Satana” e a difendere le nazioni da un eventuale attacco americano. Durante il sesto vertice dell’Alternativa Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América (ALBA), che si tenne a Caracas, definì l’Iran “un amico su cui contare”. Durante il vertice, Chávez elogiò la promessa di Ahmadinejad di condividere gli sviluppi scientifici iraniani con i paesi dell’America Latina. I due concordarono inoltre di investire miliardi di dollari in ogni paese che tagliasse i legami con gli Stati Uniti. “Questo fondo, fratello mio – disse Chávez – diventerà un meccanismo per la liberazione”. A conferma delle prevedibili ripercussioni che tali dichiarazioni avrebbero innescato, il 9 luglio è giunta la notizia, riferita dalla giornalista Patricia Poleo, che venezuelani di origine araba vengono reclutati sotto gli auspici di Tarek el Ayssami, vice ministro degli interni venezuelano, per addestrarli nei campi Hezbollah del Libano meridionale. Questi sviluppi implicano un importante spostamento di alleanze in America Latina. Iran e Hezbollah sono ora presenti nella Tri-Border Area che lega fra loro Puerto Iguazu (Argentina), Ciudad del Este (Paraguay) e Foz do Iguacu (Brazil), e sono attivi a Maicao, in Colombia, nell’Isola Margarita, in Venezuela, a Monkey Point in Nicaragua, oltre che in Bolivia ed Ecuador. La simpatia di Chávez per gruppi terroristi tipo FARC si sta spostando verso organizzazioni di matrice islamista. I gruppi dell’estrema sinistra capiscono che, dopo tutto, i loro obiettivi non sono poi molto diversi da quelli delle organizzazioni del fanatismo islamista, e sono disposti ad abbandonare la loro facciata comunista e adottare un set dottrinario apparentemente in totale contraddizione con la loro causa precedente se questo può garantire loro gli elementi e strumenti necessari per rovesciare le società democratiche. A causa della disattenzione nord-americana per il proprio emisfero, l’Iran sta trovando un nuovo complice per le sue ambizioni globali: senza bisogno di “esportare” terroristi, l’Iran li alleva direttamente sul suolo sud-americano. Ahmadinejad si è recato in America Latina tre volte di più del presidente Bush, spingendo alcuni di quei paesi a cercare un’intesa separata con l’Iran. La minaccia iraniana si sta espandendo ben al di là del Medio Oriente e sarà la prima linea della prossima amministrazione Usa, indipendentemente da quale governo verrà eletto. La sfera d’influenza dell’Iran sta andando sistematicamente a riempire il gap ovunque le democrazie liberali lasciano un vuoto, che sia a Gaza, in Libano o in Venezuela. Se non si metterà in campo una politica attiva per contrastare la strategia iraniana, il cosiddetto asse del male potrà fregiarsi di un nuovo membro: il Venezuela.