Conta e Racconta.
Memorie di un ebreo di sinistra Amos Luzzatto
Mursia Euro 17,00
Amos Michelangelo dice che la sua è una famiglia molto “composita”. Eccome: i Luzzatto sono veneti (mentre i Luzzati piemontesi), giunti (probabilmente insieme ai Luzzati) dalla Lusazia, una regione nel Sud-Est della Germania che in lingua originale si chiama “Lausitz”. Il tutto risale, grosso modo, al Medioevo.
Molte generazioni dopo, un trisavolo di Amos Michelangelo, chiamato a sua volta Samuel David (ma divenuto famoso con l’acronimo Shadal), lascia San Daniele del Friuli per trasferirsi a Padova a insegnare nel Collegio Rabbinico. Siamo nel 1829 e Shadal divenne ben presto il più illustre esponente del pensiero ebraico nell’Europa Occidentale, oltre che un caposaldo intellettuale dell’ebraismo italiano.
Per parte materna, le cose non stanno da meno: la mamma di Amos Michelangelo era una Lattes. Ma non una Lattes qualunque, perché Lina era figlia del grande Dante Lattes, rabbino, scrittore, pensatore a tutto tondo e non ultimo moderno divulgatore dei principi ebraici. Oltre che uno fra i primi sionisti italiani.
A questo punto va però anche detto che nemmeno Amos Michelangelo è una persona qualunque. Anzi. Si tratta infatti di Amos Luzzatto, medico, pensatore, esponente politico e per molti anni presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, che in “Conta e Racconta. Memorie di un ebreo di sinistra” parla di sé, della sua famiglia, di luoghi e militanze, di sconfitte e vittorie che nella vita capitano in approssimativo equilibrio.
Amos nasce a Roma nel 1928, è cresciuto da mamma e nonna Emma “che mi erudiva in triestino”: a Trieste ci andò per la prima volta a quattro anni, a trovare i parenti, e fu un’avventura. Nel 1939 arriva in terra d’Israele con la famiglia, e ci resta fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Le pagine della sua formazione ebraico-israeliana sono uno spaccato formidabile di quel mondo e quell’epoca. Dell’ebraico che si inventava giorno per giorno, dello spirito che animava la società e anche le cose più banali. Tornato in Italia, Amos si avvia agli studi di medicina ma anche alla militanza politica nel Pci.
Il resto della sua storia fa parte anche della nostra, ma in queste pagine c’è l’altra faccia della medaglia: quella familiare e intima, quella dei pensieri personali e di quelle cose che solo una ragionevole distanza nel tempo ti invita a raccontare agli altri, oltre che a te stesso. E così ne viene fuori un libro diretto, spontaneo, eppure pieno di eventi politici importanti, di opinioni difese strenuamente pur nella consapevolezza che non tutti la pensano come te ed è giusto che sia così. Di grandi sentimenti che danno alla vita quel sapore tutto particolare.
Elena Loewenthal
Tuttolibri – La Stampa