Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Dominique Lapierre vorrebbe un Mandela per Israele ma nello Stato ebraico non c'è l'apartheid
Testata: Corriere della Sera Data: 21 ottobre 2008 Pagina: 1 Autore: Alessandra Muglia Titolo: «Lapierre racconta l'epopea sudafricana «A Israele servirebbe un Mandela»»
"Magari potessimo avere in Israele un Nelson Mandela capace di una visione politica a distanza, potremmo sperare nella pace. Peccato che in questo Paese magnifico non ci sia uno come lui" dichiara Dominique Lapierre intervistato dal CORRIERE della SERA on line del 21 ottobre 2008, a proposito del suo nuovo libro,"Un arcobaleno nella notte", dedicato ai rapporti tra i segregazionisti sudafricani e i nazisti.
Quando l'argomento è apartheid sembra inevitabile formulare il paragone, così politicamente corretto, con Israele. In questo caso ancora più forte, dato che il libro di Lapierre tratta dei rapporti tra Sudafrica e nazismo.
Nella realtà, però, Israele non ha nulla a che vedere con l'apartheid. Alla minoranza araba in Israele è garantita la piena parità di diritti, anche politici. Nei territori conquistati nel 67, in una guerra difensiva, Israele ha favorito in ogni modo la nascita di un'Autorità e in prospettiva di uno Stato palestinese, progetto naufragato per responsabilità di Fatah e di Hamas, a causa della corruzione e della costante scelta dell'oltranzismo e della violenza terroristica.
Israele non vuole opprimere, dominare o segregare nessuno. Vuole soltanto continuare ad esistere come Stato ebraico, evitando la vera apartheid che, nella più ottimistica delle ipotesi, gli ebrei subirebbero nello Stato arabo e islamico che molti vorrebbero prendesse il suo posto.
Ecco l'articolo:
MILANO - La nuova avventura per lui è cominciata dopo l'incontro – folgorante - con Helen, Helen Lieberman: una giovane bianca che trent'anni fa ha dimesso i panni di terapista del linguaggio e si è messa ad aiutare i neri delle baraccopoli di Citta del Capo, sfidando «la notte del regime razzista e nazista dell'apartheid». Una donna che ora gestisce la più grande associazione umanitaria del Paese, Ikamva. Dalla storia e dai racconti di questa «madre Teresa sudafricana è nata l'idea di ricostruire l’epopea di un Paese per me prima sconosciuta» si accalora Domenique Lapierre, 77 anni di inesauribile energia e passione. IL LIBRO - Dopo tre anni di viaggi e ricerche, eccolo a Milano per presentare il suo ultimo capolavoro, «Un arcobaleno nella notte» (Il Saggiatore) dove indaga i legami tra i segregazionisti sudafricani e i nazisti. «Lo ha letto?» si affretta a chiedere subito dopo il saluto. «Avvincente come un romanzo, puntuale come un libro di storia: dovrebbe essere adottato nelle scuole» rispondo. E la storia parte dall'alba: «Un giorno gironzolando per Città del Capo mi sono imbattuto in una grande statua: raffigura il primo europeo, un olandese, arrivato in Sudafrica nel '600. Era al servizio della Compagnia olandese delle Indie orientali e la sua missione era quella… di piantare insalata. Sì, insalata, per rifornire di vitamine anti-scorbuto gli equipaggi diretti in Oriente: nessuna idea coloniale di conquista dunque» rievoca con l'entusiasmo e lo stupore che lo ha accompagnato in questo viaggio. «Dopo cinque anni questi uomini hanno iniziato ad addentrarsi dentro il continente». L'EROE MANDELA - Un'avventura di oltre tre secoli. L'happy end è la nazione arcobaleno di Nelson Mandela che pone fine alla notte nera dell'apartheid. «Lui è un regalo per l'umanità, un eroe dei nostri tempi: dopo 27 anni di prigione, quando è uscito non ha gridato vendetta ma ha invitato bianchi, neri e meticci alla riconciliazione, solo grazie a lui l’apartheid non è finito nel sangue». E la distanza che lo separa dai suoi eredi di partito nell’African National Congress, a partire da Mbeki? «Il Sudafrica non è in crisi, ha molti problemi dalla povertà all’aids, ma la lotta razziale è finita» taglia corto. E il suo pensiero vola a Israele, a cui l'ex reporter di Paris Match ha dedicato "Gerusalemme Gerusalemme", da cui è stato tratto il film di Elie Chouraqui, cronistoria del neonato stato di Israele nel biennio caldo 1947-48 attraverso il difficile rapporto tra un arabo e un israeliano: «Magari potessimo avere in Israele un Nelson Mandela capace di una visione politica a distanza, potremmo sperare nella pace. Peccato che in questo Paese magnifico non ci sia uno come lui» constata amaro. Più ottimista il suo sguardo sugli Stati Uniti: «Magnifico l’endorsement di Colin Powell a Obama, credo che gli sarà di grande aiuto. Si sta aprendo un nuovo capitolo non soltanto negli Usa» dice. Ma poi ritorna al suo libro per dire quello che gli sta più a cuore: «I diritti d’autore appartengono a Calcutta, bambini più poveri: con una copia posso sfamare 10 di loro per una settimana». Perché la penna di Lapierre è anche impegno: per aiutare i poveri dell'India anni fa ha fondato con la moglie Dominique l'associazione “Città della gioia”, il quartiere di Calcutta che ha dato il nome anche all'omonimo bestseller da 8 milioni di copie, poi trasposto sul grande schermo. Instancabile, Lapierre sta già cercando spunti per un nuovo romanzo: «Mi serve un altro eroe del nostro mondo, non qualcuno come Saddam Hussein o della camorra, ma che sia un'arma vera per l'umanità». Chi ha idee si faccia sotto.