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La Stampa Rassegna Stampa
19.10.2008 Padre Gumpel dichiara, Il Vaticano non conferma, l'ambasciatore d'Israele precisa
Cronache e intervista di Giacomo Galeazzi

Testata: La Stampa
Data: 19 ottobre 2008
Pagina: 13
Autore: Giacomo Galeazzi
Titolo: «La targa su Pio XII scatena una crisi Vaticano Israele-Non mi risultano posizioni ufficiali»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/10/2008, a pag.13, due servizi di Giacomo Galeazzi. Il primo la cronaca delle polemiche dopo l'affermazione di padre Gumpel, il secondo un'intervista con Mordechai Lewy, ambasiatore d'Israele in Vaticano.

La targa su Pio XII scatena una crisi Vaticano Israele

CITTA’ DEL VATICANO
«Benedetto XVI non proclama subito Pio XII beato per non compromettere i rapporti con gli ebrei, ma non visita Israele a causa della targa contro il suo predecessore al museo dello Yad Vashem», rivela padre Peter Gumpel, il postulatore della causa di beatificazione di papa Pacelli configurando uno scenario di «grande freddo» diplomatico tra la Santa Sede e il governo di Tel Aviv. Quindi, un gesto di buona volontà per ottenere da parte ebraica un profondo ripensamento del giudizio storico su Pio XII: è in questa chiave che va interpretata la decisione di Joseph Ratzinger di tenere momentaneamente ferma la procedura di beatificazione.
Benedetto XVI fa capire di non voler forzare il processo, ma offre la propria disponibilità in cambio di una rivalutazione dei meriti di Pio XII da parte della storiografia israeliana. Una valutazione che dovrebbe passare innanzitutto attraverso la rimozione della didascalia che campeggia attualmente al museo dello Yad Vashem sotto la fotografia di Pio XII. Padre Gumpel rende noto che, pur desiderandolo, Benedetto XVI non intende recarsi in visita in Israele fin quando il problema non sarà risolto. Un suo viaggio, ha chiarito Gumpel, è «impossibile fino a quando la didascalia sotto la fotografia di Pio XII al museo dello Yad Vashem, evidente falsificazione storica, non sarà rimossa». Sotto la foto, esposta nel museo inaugurato nel 2005, c'è infatti una didascalia in cui si legge: «Eletto nel 1939, il Papa mise da parte una lettera contro l'antisemitismo e il razzismo preparata dal suo predecessore. Anche quando i resoconti sulle stragi degli ebrei raggiunsero il Vaticano, non reagì con proteste scritte o verbali. Nel 1942, non si associò alla condanna espressa dagli Alleati per l'uccisione degli ebrei. Quando vennero deportati da Roma ad Auschwitz, Pio XII non intervenne». Una didascalia, spiega Gumpel, «di cui persino lo studioso ebreo Martin Gilbert, massimo storico della Shoah, ha chiesto la rimozione». Dunque, «finché rimane nel museo, Benedetto XVI non si può recare in Israele perché sarebbe uno scandalo per i cattolici».
Immediata la reazione israeliana. «Benedetto XVI resta per Israele un ospite gradito ed amato, ma la questione di Pio XII è ancora dolorosa». Per gettare acqua sul fuoco deve intervenire il portavoce papale. «E' auspicabile che la targa sia oggetto di una nuova obiettiva e approfondita considerazione da parte dei responsabili del museo - sostiene padre Federico Lombardi -. Tuttavia, per quanto rilevante, non si può considerare questo fatto come determinate per una decisione su un eventuale viaggio del Papa in Terra Santa, viaggio che è nei desideri del Papa, ma per ora non è stato ancora concretamente programmato». Benedetto XVI «non ha firmato il decreto sulle virtù eroiche di Pio XII, e non è opportuno cercare di esercitare su di lui pressioni in un senso o nell’altro».
Padre Gumpel, però, evidenzia che «la Chiesa cattolica fa tutto il possibile per avere buoni rapporti con Israele, ma rapporti amichevoli si possono costruire solo se c'è reciprocità». Infatti, «con grande ospitalità il Papa ha invitato un rabbino come uditore al Sinodo e Shear Yashuv Cohen, abusando della nostra gentilezza, per tre volte ha attaccato Pio XII». Una questione talmente importante, quella delle relazioni tra le due religioni, che, precisa Gumpel, la causa di beatificazione di Pio XII, ormai conclusa e su cui manca solo la firma di Benedetto XVI, non si sblocca perché il Papa «vuole avere buoni rapporti con gli ebrei». Ma gli stessi ebrei «sono molto divisi» sulla questione. Ci sono «alcuni che continuano ad attaccare la Chiesa dicendo che Cristo era il figlio di un soldato e di una prostituta», mentre «altri riconoscono che nessuno ha salvato tanti ebrei quanti papa Pacelli». Sono certe, invece, le virtù eroiche che la Chiesa riconosce a Pio XII e che giustificano la causa di beatificazione. Insomma, protesta Gumpel, elevarlo agli onori degli altari è un «affare interno della Chiesa» su cui «non abbiamo bisogno del vaglio di protestanti, calvinisti, o altri». Le virtù eroiche di papa Pacelli sono «una questione teologica» che «spetta alla Chiesa e non ad altri giudicare». Inoltre, molti ebrei dicono che devono studiare i documenti dell’Archivio Segreto vaticano, contestando il fatto che sia consultabile solo fino al 1939. «Ma perché - si chiede il postulatore - nessuno di loro è mai venuto a consultare l'archivio accessibile per gli anni precedenti il '39, quando Pacelli era segretario di Stato?».\

" Non mi risultano posizioni ufficiali "

Mordechay Lewy, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, dunque c'è un ostacolo per il viaggio papale in Israele?
«Non riteniamo che la posizione vaticana sia quella di subordinare la visita di Benedetto XVI alla rimozione della targa su Pio XII. Quindi non faremo passi ufficiali su una questione puramente ipotetica né abbiamo intenzione di richiedere un chiarimento alla Segreteria di Stato vaticana nei prossimi giorni. L'invito al Pontefice è stato più volte rinnovato e il nostro sentimento resta lo stesso. Non vediamo rallentamenti né blocchi».
Padre Gumpel, però, sostiene che papa Ratzinger non accoglierà il vostro invito finché non sarà tolta la targa al museo dello Yad Vashem sotto la fotografia di Pio XII...
«E' un motivo di impedimento che a me non è stato mai posto. Con la dovuta considerazione per il ruolo teologico di padre Gumpel, ricordo però che non fa parte del servizio diplomatico e perciò non possiamo assumere le sue dichiarazioni come una presa di posizione ufficiale della Santa Sede. Perciò per noi non si pone il problema di rimuovere la targa. La decisione su come e quando accettare il nostro invito riguarda solo il Papa e non intendiamo interferire nelle sue motivazioni interiori. E' una sua scelta personale, insindacabile».
Sembrava cosa fatta?
«In continuità con il suo predecessore, che era amico sincero di Israele e del popolo ebraico, Benedetto XVI ha accolto il nostro reiterato invito assicurando in modo caloroso che il viaggio figura sulla lista delle sue visite prioritarie. Quando ho presentato le mie credenziali in Vaticano il discorso che mi ha rivolto il Pontefice è stato molto positivo e io ho ribadito il mio impegno per l'accordo tra Santa Sede e Israele le procedure di ottenimento del visto per sacerdoti e religiosi di Paesi che non hanno relazioni con Israele o i cui Stati sono in guerra. Per quanto ci riguarda, i buoni rapporti non cambiano».
Cioè?
«Pochi mesi fa Benedetto XVI ha ricordato che tra lo Stato di Israele e la Santa Sede esistono numerose aree di interesse reciproco che si possono esplorare con profitto. L'eredità giudaico-cristiana dovrebbe spingerci a prendere l'iniziativa di promuovere molte forme di azione umanitaria e sociale nel mondo, anche combattendo tutte le forme di discriminazione razziale. Le relazioni non verranno  turbate da un'ipotesi».

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