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La Storia politicizzata non è Storia 17/10/2008
Pubblichiamo la replica dell'autore dell'intervento "strane critiche" a Danielle Sussmann, seguito dalla risposta della redazione e da quella della stessa Sussmann

Volevo rispondere alla Sussmann e alla redazione in merito al mio intervento di qualche giorno fa, intitolato "strane critiche".
 
Intanto il 'tale Sussmann' stava ad indicare semplicemente che non la conosco e non aveva nessun intento offensivo, magari lei ha scritto un milione di libri, ma io non la conosco, a questo punto direi non la conoscevo. Colpa mia, ma ribadisco che nbon c'era alcun intento offensivo e infatti capisco la battuta sul senso materno. Ma vabbe', non e' il punto fondamentale.
 
La redazione di IC ha anticipato il suo commento, lei dice, ma lo ha fatto con argomentazioni differenti, sostenendo che Segev nel Settimo Milione non sosterrebbe che la memoria dell'Olocausto tra le altre cose e' stata usata anche per giustificare la politica di Israele verso i palestinesi. Ora la cosa mi ha lasciato abbastanza perplesso, perche' chiunque abbia letto il libro non puo' aver fatto a meno di notare che invece Segev lo dice eccome. Certo non posso copiare (a mano) tutto il libro, mi limito ad alcune righe dell'ultima pagina della versione italiana, dove Segev trae un po' le conclusioni del suo lavoro:
 
"secondo alcuni sarebbe meglio che gli israeliani dimenticassero l'Olocausto, dal momento che ne traggono insegnamenti sbagliati. Certo, la scuola e le celebrazioni ufficiali alimentano spesso lo sciovinismo e l'idea che lo sterminio nazista giustifichi qualsiasi azione purche' giovi alla sicurezza di Israele, compresa la repressione della popolazione palestinese nei Territori occupati. Alla radice di questo atteggiamento c'e' nozione che l'Olocausto impone l'esistenza di uno stato israeliano forte e che nessun paese ha titolo per ricordare a Israele gli imperativi morali, compreso il rispetto dei diritti umani, dal momento che nessuno di essi e' riuscito a salvare gli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Affermare, come fa' l'ideologia sionista, che l'Olocausto era inevitabile e stabilire un'identita' fra l'ebreo e l'eterna vittima potrebbe indurre gli israeliani a concludere che la loro esistenza dipende soltanto dalla forza militare e renderli percio' meno disponibili a correre i rischi connessi a una soluzione pacifica di compromesso. Paradossalmente, questa interpreatazione fatalistica dell'eredita' dell'Olocausto ostacola la realizzazione del sogno sionista, il sogno che gli ebrei diventino infine una nazione come tutte le altre, un paese come tutti gli altri".
 

Insomma, Segev lo dice eccome, anzi si spinge oltre e sostiene che questo atteggiamento sarebbe antisionista.

Si espone dunque sul tema piu' di Finkelstein, perlomeno se dellàopera di Finkelstein si prende il testo piu' criticato, L'Industria dell'Olocausto. Quel libro in realta' parla di altro, sembra piu' un'inchiesta di Report, cerca fondamentalmente di dimostrare (mi astengo dal dire se con successo o meno perche' non ho nessun modo di verificarlo, ne' francamente l'argomento suscita in me chissa' quale interesse) che ci sarebbe stato da piu' parti un tentativo di gonfiare i risarcimenti dovuti per l'Olocausto, spremendo Germania e soprattutto le banche svizzere. I Palestinesi non sono il fulcro del libro.

Poi tornando invece alla sua risposta, lei dice che Pappe e Segev sarebbero stati in qualche modo sbugiardati da storici piu' seri. Le infinite polemiche su Pappe, Katz e Tantura, lo scambio di accuse con Benny Morris etc hanno riempito d'inchiostro i giornali israeliani per anni. C'e' chi sostiene Pappe, chi lo critica apertamente (Morris), chi invece, come lo stesso Segev esprime qualche dubbio sul valore storico della sua ricerca ma critica apertamente l'atteggiamento dell'Universita' di Haifa nei suoi confronti.

Ma la serieta' del Segev storico e' ampiamente riconosciuta in tutta Israele, da coloro che ne condividono le posizioni e da a coloro che invece se ne discostano. Si criticano le sue opinioni ma non gli si dà del ciarlatano o del falsificatore. Scrive su Haaretz e NYT, scrive libri che vendono tantissimo in Israele (che poi in Italia lo conoscono solo quelli che si interessano di Medio Oriente, mica la gente comune). E, comunque, per quanto entrambi nella cerchia dei revisionisti, l'approccio di Segev e le sue tesi non sono quelle di Pappe. Questo e' quello che mi sento di riportare da qua, dove vivo, a prescindere dal fatto che ci crediate o meno.

Doveste pubblicare questo intervento e rispondere, vi prego di non farlo con intento distruttorio. Esprimo solo opinioni, le mie. Io non ce l'ho veramente con nessuno. Voglio semplicemente esprimere la mia posizione con la speranza che ne possa nascere un dibattito. Voglio semplicemente avere il diritto, anche su un sito palesemente schierato su posizioni che non condivido, a dire che sono d'accordo con Segev e Romano senza che mi si dica che sono un antisemita latente, visto soprattutto che nulla piu' di questo si discosta dalla realta'.

Cordiali Saluti
lettera firmata

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Ci sembra che Segev non descriva la politica di Israele, con la quale pure è critico,  come criminale e, per conseguenza, non veda nella memoria della Shoah un alibi per un crimine. Finkelstein, che è un attivista filopalestinese, lo fa.
Inoltre, c'è una differenza tra l'eventuale "trarre dalla storia insegnamenti sbagliati" e manipolare la storia per finalità politiche.

Non ci sembra che le risposte, della redazione e di Danielle Sussmann, rivelino un
 "intento distruttorio", ma solo un forte  e motivato dissenso. Non ci risulta che lei sia stato accusato di antisemitismo.
Pertanto, non ci è chiaro quali caratteristiche dovrebbe avere secondo lei una replica ai suoi interventi.
La sua mail è stata pubblicata integralmente, secondo il costume di Informazione Corretta, che pubblica anche le opinioni più critiche e più distanti dalla sua linea. Ci sembra che lei dovrebbe riconoscerci il diritto di risponderle come riteniamo più opportuno, nei limiti ovviamente della cortesia e del dovuto rispetto per ognuno; limiti che non ci sembra di aver travalicato.
Cordiali saluti
redazione IC
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Ringrazio la redazione di Informazione Corretta per l’anticipata risposta a “strane critiche”.

Le ho ricordato in breve il criterio base che denuncia posizioni di antisemitismo, non ritorni sulla questione per cortesia. Lei dovrebbe leggere Ephraim Karsh, studioso di storia tra i più accreditati, e le sue demolizioni dei cosidetti “nuovi storici” israeliani, tra cui i citati Benny Morris (in un pubblico dibattito alla televisione israeliana), Tom Segev e Ilan Pappe. Benny Morris è stato a lungo il cocco dei politici e media italiani antisraeliani, che lo tradussero ed acclamarono, prima che diventasse un pentito marxista-leninista e le sue posizioni non furono più dettate da Mosca. I “nuovi storici” hanno avuto questa matrice politica in comune, erano sulla busta paga dei circoli politici sovietici (ora russi), ma soprattutto, non hanno mai fondato su alcuna documentazione quanto da loro affermato. Puntualmente, Karsh demolisce, documenti alla mano, ogni teoria dei “nuovi storici”. Confutò pubblicamente in un dibattito alla televisione israeliana l’allora marxista-leninista Benny Morris che dovette ammettere che “Vittime” era stato costruito su testimonianze di parte senza alcun supporto documentato. Tom Segev ha riscritto tutta la storia pre-israeliana, su basi di totale opinionismo, arrivando ad azzardare tesi strampalate facilmente smontabili. Come quando afferma, in un libro sulla Palestina, che i Britannici non ne volevano più sapere del loro Mandato  dopo la rivolta araba del 1938/39. Continuano le sue teorie infinite ed autogeneranti ogni ulteriore azzardo. Segev dice che difende le sue teorie, ma che quando scopre di aver fatto un errore sostanziale, è come se perdesse un anno di vita. Karsh, ironicamente, dopo aver puntualizzato tutti gli errori in quel libro, gli suggerisce di preoccuparsi per la sua longevità. Da troppi anni, viene promulgata in Occidente la storia politicizzata, cioè non documentata, che serve alle ideologie politiche. Una “storia” che si serve di testimonianze non sempre attendibili, ancor meno in quella parte del Medio Oriente, dove da decenni è in atto un tentativo propagandistico di screditare il diritto all’esistenza di Israele (non essendo riusciti a sconfiggerlo con le armi) e ha generato l’ampio fronte – marxista-leninista (Segev fra i tanti) e protestante liberal americano (Carter & Co.) -  fautore di “uno stato per due popoli”. Una pretesa che si tradurrebbe nel reale annientamento di Israele e degli ebrei israeliani con sicuri rischi anche per gli ebrei altrove. Talvolta, la differenza che intercorre tra Finkelstein e Segev non è poi tanto marcata. Entrambi si sono fatti ben strumentalizzare contro ebrei ed Israele, trovando il loro tornaconto. E’ assolutamente improprio quanto disonesto teorizzare uno sciovinismo israeliano provocato dalle celebrazioni della Shoah. Gli israeliani adorano viaggiare (è l’unico periodo in cui si muovono liberi senza confini nemici), conoscere altri paesi e popoli, e amano l’Europa malgrado i suoi ostili e manipolatori media e politiche. Malgrado, la Shoah. L’ignobile teoria della Shoah a giustificare la repressione palestinese, si fonda esclusivamente sul teorema politico di Segev, comune a molta sinistra europea, ma su nessuna verifica documentale o sostanziale. Innanzitutto di quale repressione si parla? Quella che impedisce stragi di israeliani? Come dovrebbero evitarle l’esercito? Con il ragionamento di fronte ad una pistola o fucile fumanti? Ragionando con un pazzoide suicida imbottito di tritolo e di chiodi e bulloni? Di fatto, i soldati israeliani tutelano la popolazione più pacifica, quella silenziosa, quella che non strumentalizza – e viceversa - i compiacenti media e politici occidentali antisraeliani. Quanto agli imperativi morali, davvero Israele non ha bisogno di lezioni da parte di nessuno, tanto meno dall’Europa. L’Alta Corte di Giustizia israeliana è ammirata anche dai nemici di Israele, per il suo concreto essere super partes: condanna ed assolve in egual misura gli israeliani ebrei e di ogni etnia e i palestinesi sotto controllo israeliano. Inoltre, è un clamoroso falso storico – e qui Segev si avvicina a Finkelstein in questa ignobile speculazione -  “Affermare, come fa' l'ideologia sionista, che l'Olocausto era inevitabile e stabilire un'identita' fra l'ebreo e l'eterna vittima”. Fino al Processo Eichmann, nel 1961, nessuno in Israele parlò della Shoah. Inoltre, l’ideologia sionista non ha nulla a che vedere con la Shoah, essendole precedente di quasi un secolo. Nessuno mai avrebbe potuto prevedere una simile immane tragedia. Nel 1948, David Ben Gurion esortò gli ebrei sopravvissuti ai lager nazisti o con famiglie uccise nei lager nazisti e dai nazifascisti, a non parlare mai delle loro esperienze, perché gli israeliani dovevano costruire un nuovo Paese, non essere un Paese di vittime. Quindi, altro che attribuire all’ideologia sionista l’equazione ebreo=vittima!!! Tant’è che le testimonianze iniziarono con il Processo Eichmann e solo allora, abbiamo quelle dei nonni superstiti che finalmente riuscirono a parlare con i nipoti senza aver mai parlato delle loro tragedie con i figli. Inoltre, a sfatare Segev, ancora il fatto che i governi israeliani hanno sempre cercato la via della pace. Non si parte da un’impostura spacciata per storia per legittimare le proprie opinioni. Si va a fondo, si verifica costantemente ed onestamente. E si sorprenderebbe su quali cumuli di menzogne-propaganda viviamo, e non solo sul Medio Oriente. Per concludere con Karsh su Segev e vale per ogni storico ed opinionista seri : “(…) Dovrebbe imprimersi a mente il famoso monito di sir Ronald Storrs “il commento è libero, ma i fatti sono sacri.”.

  Cordialmente,

 Danielle Sussmann


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