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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.10.2008 Arrivano i petrodollari di Gheddafi
e cresce la quota libica di Unicredit

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 ottobre 2008
Pagina: 3
Autore: Paola Pica
Titolo: «Unicredit, fondo libico al 4,2% La banca: operazione amichevole»
Dal CORRIERE della SERA del 17 ottobre 2008

MILANO — Iniezione di petrodollari per Unicredit. Banca centrale e fondi sovrani di Tripoli, già soci con una piccola quota dello 0,87% del gruppo di Alessandro Profumo, hanno annunciato ieri il balzo al 4,23% del capitale. Un investimento di un miliardo di euro circa che ne fa i secondi azionisti alle spalle della Fondazione Cariverona (5,009%) e prima della Fondazione Crt (3,8%). «Siamo azionisti di lungo termine e nella banca vediamo solide opportunità industriali » si sono affrettati a chiarire, con una nota diffusa a mercati chiusi, Central Bank of Lybia, Lybian Investment Authority e Lybian Foreign Bank, investitori presenti da trent'anni in Italia. «Soddisfazione» è stata espressa dai vertici di Unicredit per il «significativo investimento che testimonia la fiducia nella redditività nel lungo termine e nelle strategie del gruppo e del suo management ». Gli stessi fondi libici partecipano all'aumento di capitale della banca attraverso il bond convertibile sul quale si sono impegnati per un investimento di 500 milioni con un accordo siglato la scorsa settimana. In quella stessa sede è stata avanzata la proposta di salire fino al 5% del capitale (ma per ora si sono fermati al 4,23%) con un'operazione amichevole che come tale è stata recepita da Profumo e dai manager, oltre che dalle Fondazioni socie. Una prima reazione positiva è arrivata anche dal mercato che nelle contrattazioni serali ha subito spinto il titolo al rialzo.
I fondi libici erano soci storici della Capitalia di Cesare Geronzi, la banca romana fusa in Unicredit nell'ottobre dello scorso anno e nella quale la partecipazione della galassia Lafico aveva raggiunto il 5%, con l'ingresso nel consiglio di amministrazione del governatore della banca centrale libica. Il braccio finanziario del Colonnello Gheddafi è poi azionista di lungo corso della Juventus (7,5%) e lo è stato della Fiat, la prima volta nel '76 (ne uscì 10 anni dopo), la seconda nel 2002 (scese sotto il 2% nell'agosto 2006). Oggi la Libia è presente in Tamoil e Retelit e con una quota minima in Eni. Il blitz in Unicredit è stato annunciato alla fine di una nuova pesantissima giornata in Borsa con il titolo in picchiata del 13% e all'indomani dell'allarme suonato da Silvio Berlusconi sullo sbarco in forze nella Penisola della ricca finanza dei Paesi produttori di petrolio. Di ieri è tra l'altro la notizia dell'approdo del Qatar in Credit Suisse.
L'ingresso in Unicredit sposta solo relativamente gli equilibri nel nocciolo duro di azionisti della banca, dove non c'è patto di sindacato ma le Fondazioni raccolgono tutte insieme il 15%. Il tetto del 5% per il voto in assemblea stabilito dallo statuto (vota fino al 5% anche chi possiede quote superiori, come la Fondazione veronese di Paolo Biasi che ha di recente rafforzato la presa oltre questa soglia e punta al 6%) poco potrebbe in presenza di una scalata. Ma l'ipotesi di una mossa aggressiva dei libici è remota. E anzi i soci arabi potrebbero giocare un ruolo difensivo in caso di attacco da parte di banche straniere (più volte si è fatto il nome del Santander). Lo lasciano pensare le buone relazioni tra Roma e Tripoli, consolidate da Massimo D'Alema come ministro degli Esteri del governo Prodi, prima, e da Berlusconi, poi.

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