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La Repubblica Rassegna Stampa
17.10.2008 A Tzipi Livni servirebbero i loro voti
ma ai deputati di un piccolo partito religioso non sta bene una donna premier

Testata: La Repubblica
Data: 17 ottobre 2008
Pagina: 25
Autore: Renato Caprile
Titolo: «"Una donna non può guidare Israele"»

Da La REPUBBLICA del 17 ottobre 2008:

TEL AVIV - «Il re non può essere donna». Così, a proposito di cariche pubbliche all´altra metà del cielo, si pronunciava nel dodicesimo secolo il rabbino Mosè Maimonide. Un vecchio precetto religioso che ottocento e passa anni dopo potrebbe impedire a Tzipi Livni di formare il nuovo governo israeliano. Gli ultraortodossi del piccolo partito del Giudaismo Unito nella Torah (Utj), dei cui 4 voti la Livni ha assoluto bisogno, esprimono infatti riserve sul loro ingresso in un esecutivo guidato da un´esponente del gentil sesso.
«Non è semplice far parte di un governo quando il primo ministro non è un uomo», ha commentato in privato Joseph Shalom Elyashiv, leader spirituale dell´Utj, citato dal quotidiano Maariv. I rabbini dell´Utj, nel quale si riconoscono molti ultraortodossi askenaziti, provenienti dall´Europa orientale, devono tuttavia ancora prendere una decisione definitiva sulla questione.
È ben vero che la Livni non è certo in lizza per diventare regina, e nemmeno per la poltrona di Capo dello Stato, ma solo per quella di premier. Resta da vedere se basterà, visto che il problema di fondo, il sesso della candidata, rimane.
Fattosi da parte Olmert, accusato di corruzione, Tzipi Livni - che nel frattempo è diventata leader del partito di maggioranza relativa Kadima - il 22 settembre scorso ha ricevuto da Simon Peres, il presidente, l´incarico di formare un nuovo governo. Ma Kadima ha soltanto 29 seggi e per arrivare ai 61 necessari ha non solo bisogno dei voti dei 19 laburisti, con i quali ha già stretto un accordo, ma anche di quello delle due principali formazioni ultraortodosse.
La maggiore, lo Shas - 12 deputati - che non sembra fare obiezioni sul sesso del primo ministro, si dice disponibile. A patto però che nel negoziato con i palestinesi non si tratti dello status di Gerusalemme e che ci sia un consistente aumento dei contributi statali per le famiglie numerose, fra cui figurano molti suoi elettori, ebrei sefarditi originari del Medio Oriente e dell´Africa settentrionale. Ma Kadima più Labour più Shas fa solo sessanta voti. Ne serve almeno un altro. Ed ecco diventare cruciale il "sì" dell´Utj, in forse per il pronunciamento di Maimonide.
La crisi di Wall Street potrebbe però dare una mano alla Livni. Da mesi infatti nelle istituzioni religiose ortodosse ebraiche si respira un´atmosfera di austerity. I loro benefattori si trovano in genere negli Stati Uniti e le donazioni sono ovviamente in dollari. Ma la continua rivalutazione dello shekel israeliano, insieme con il crollo della Borsa, ha eroso il livello dei contributi che giungono dall´estero. I finanziatori di sempre versano in cattive acque, e le donazioni scarseggiano. Quindi bisogna fare di necessità virtù. E non è azzardato prevedere un futuro governo a guida Livni, con buona pace di Maimonide.

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