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La Repubblica Rassegna Stampa
06.10.2008 Intervista al rabbino Capo di Haifa
che partecipa al sinodo dei vescovi a Roma

Testata: La Repubblica
Data: 06 ottobre 2008
Pagina: 13
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «Io, primo rabbino in un Sinodo quanta strada dopo i secoli dell´odio»

Da La REPUBBLICA del 6 ottobre 2008:

GERUSALEMME - Un esponente di spicco dell´establishment nazionale religioso, il rabbino capo ashkenazita di Haifa, Shear Yshuv Cohen, 82 anni il mese prossimo, discendente da una famiglia di rabbini e di studiosi della Torah giunta alla diciottesima generazione il primo esponente della religione ebraica a partecipare al Sinodo dei Vescovi, che è stato inaugurato ieri a Roma.
Rabbino Cohen, lei è il co-presidente della Commissione per il Dialogo tra il Vaticano e Israele. Come procede questo dialogo?
«Ritengo che la commissione abbia fatto un lavoro importante in questi sette anni: abbiamo esaminato argomenti come la santità della vita, la lotta alla laicismo, il valore della famiglia. I dibattiti sono stati piuttosto fruttuosi e ci sono anche relazioni scritte dalle due parti sui principi sui quali Ebraismo, Cristianesimo e anche Islam possono trovarsi d´accordo. Il fatto stesso che questo incontro ci sia è importante, se si ricorda quanto odio e quante persecuzioni ci sono state nel corso della storia, quanti problemi ci sono stati in passato fra le diverse religioni, soprattutto fra il Cattolicesimo e l´Ebraismo, in Spagna ed anche in altri paesi. Questo dialogo - e il riconoscimento da parte della Chiesa che gli ebrei continuano ad essere il popolo eletto con cui Dio ha stretto il patto, come ha detto il Papa Giovanni Paolo II "i nostri fratelli maggiori" - serve a ridurre odio e inimicizia e a promuovere la pace e la fraternità».
Fino a che punto si può spingere questo dialogo?
«Esistono limitazioni al dialogo. In un´occasione, quando l´attuale pontefice era ancora cardinale, venne a Gerusalemme e tenemmo un simposio proprio su questo argomento: la nostra ipotesi di lavoro era che bisogna ricordare sempre che dialogo non significa cambiare il prossimo. Spingere il dialogo oltre questo limite vuole dire tentare di influenzare il prossimo e noi non viviamo più nel Medio Evo. Oggi cerchiamo di scoprire ciò che abbiamo in comune, e prima di tutto il Vecchio Testamento, a cui i musulmani hanno aggiunto il Corano e i cristiani il Vangelo, ma che resta tuttavia la base comune che si deve ricordare e studiare».
Lei ha detto di essere stato criticato da alcuni «gruppi estremi» per avere accettato l´invito del Vaticano. Che cosa l´ha spinta ad accettare nonostante questi avvertimenti?
«In questo contesto io non sono una persona privata, che partecipa a titolo personale. Sono un inviato del Rabbinato Centrale, che è la massima autorità rabbinica in Terra d´Israele, un rappresentante dei Rabbini capi sia come co-presidente della Commissione per il Dialogo, sia come invitato a parlare al Sinodo dei princìpi dei nostri testi sacri. In quanto tale, quindi, non posso tenere conto di queste critiche, perché l´autorità alla quale mi riferisco è il Rabbinato Centrale. Penso che il sospetto che qualcuno voglia convertirci sia fondato sull´esperienza del passato, che ritengo e spero che oggi non abbia più ragione di esistere. Oggi c´è rispetto reciproco e nessuno vuole cambiare l´altro».
Lei parlerà della centralità delle Scritture nella religione ebraica, ma anche nella vita di tutti i giorni, nell´educazione dei giovani e persino nella gestione dello Stato. Ma non pensa che in un paese democratico debba esserci una netta separazione tra l´ambito religioso e quello statale?
«Penso che debba esserci una suddivisione dei compiti, quello che è di competenza del governo deve rimanere nelle mani del governo e ciò che è di competenza della religione deve rimanere nelle sue mani. Governo e religione, tuttavia, devono agire insieme. Si tratta di un equilibrio molto delicato e non sono sicuro che siamo riusciti a trovarlo. Non dobbiamo trasformarci in una teocrazia, ma, d´altro canto, abbiamo tutti l´obbligo di ottemperare alla stessa Torah».
È vero che sta per cominciare una collaborazione con l´Osservatore Romano?
«Non mi risulta. Mi hanno semplicemente chiesto una copia del mio intervento al Sinodo. Non credo nemmeno che una collaborazione fissa sia una cosa opportuna, ma una volta ogni tanto forse è possibile

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