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06.10.2008
La politica estera di Obama e quella di McCain
l'opinione di Christopher Hitchens
Testata : Corriere della Sera
Data : 06 ottobre 2008
Pagina : 28
Autore : Christopher Hitchens
Titolo : «Via lo spettro di Kissinger dalle presidenziali»
Dal CORRIERE della SERA del 6 ottobre 2008: È davvero straordinario scoprire che, per due giorni consecutivi, i media americani sono rimasti a disquisire su chi dei due candidati presidenziali— in un dibattito sull'«esperienza » in politica estera — avesse avuto ragione nel tirare in ballo Henry Kissinger. E, ancor più straordinario, che proprio il candidato democratico, dichiaratamente contrario alla guerra, abbia citato Kissinger con maggior deferenza e, a quanto pare, maggior accuratezza. Nel notiziario serale della Cbs, davanti alle domande assai poco stringenti poste da Katie Couric, la nostra eroina di Wasilla Sarah Palin si sarà sentita sollevata quando il discorso si è spostato dalla dottrina di Bush e dalla spinosa questione della vicinanza Russia- Alaska per focalizzarsi invece sulle debolezze del senatore Barack Obama. Tuttavia, a Sarah che già lo vituperava per la disponibilità dichiarata a dialogare con i dittatori di Siria e Iran «senza imporre condizioni », è stato ricordato che il suo nuovo amico e consigliere Henry Kissinger, fornitole quella stessa settimana dalla macchina elettorale di McCain, raccomanda precisamente il contatto diplomatico diretto con entrambi i Paesi. «Allora secondo lei», le ha chiesto solennemente la Couric, «Henry Kissinger è un ingenuo? » La risposta poco convincente del governatore dell'Alaska è stata: «Non ho mai sentito dire a Kissinger che dobbiamo contattare quei leader senza che siano state rispettate alcune condizioni preliminari». Questo ha consentito alla Cbs di mandare in onda, al termine dell'intervista, una breve postilla su quanto effettivamente affermato da Kissinger, per confermare che sì, anche il vecchio politico sostiene che occorre favorire il dialogo con quei regimi «senza imporre condizioni». Non deve essere stato tanto difficile, perché solo la settimana scorsa, in un forum presso la George Washington University, Kissinger aveva affermato in pubblico: «Sono a favore dell'apertura di negoziati con l'Iran. E in questi negoziati occorre sottoporre alla riflessione del-l'Iran, ai massimi livelli, la nostra visione del Medio Oriente, di un Medio Oriente stabile, e il nostro concetto di proliferazione nucleare». (..) Forse Kissinger è convinto che la Repubblica islamica dell'Iran non si rende conto di quello che l'Occidente pensa del suo programma nucleare, non ha studiato la nostra posizione. Forse ignora il nostro Kissinger che gli emissari del ministero degli Esteri iraniano sono meri fantocci, facilmente scavalcati dal «Consiglio dei guardiani della rivoluzione » dominato dai mullah, i veri detentori del potere a Teheran. Evidentemente, Kissinger suppone che l'Iran sia fortemente intenzionato a preservare la stabilità nella regione. Nel qual caso, l'ultimo intervento memorabile di Kissinger è stato quello di confidare ai lettori del Washington Post che il vicino Iraq dovrebbe essere trattato con cautela, perché Paese a maggioranza sunnita. Infine, ovviamente, resta la predilezione di fondo di Kissinger per qualsiasi forma di dittatura. Amico di Pinochet, Videla e Suharto, Kissinger si inchinava simultaneamente a Breznev e a Mao, rivelandosi un segretario di stato con un debole per il fascismo — e anche per il comunismo, caspita! Colloqui senza condizioni con Ahmadinejad e Assad? Perché no? Sono questi gli uomini con cui Kissinger (e la Kissinger Associates, la società che invita i despoti nelle multinazionali) non disdegna di fare affari. Pertanto per McCain, un giorno e una notte dopo che la sua impreparata vice si era esposta a tale ridicolo, è stato davvero il colmo ripetere lo stesso errore di persona a Oxford, Mississippi. Peggio ancora è stato ascoltarlo alla radio, come è capitato a me, che vederlo alla televisione. (Il respiro sibilante, mentre parla, fa un effetto molto più minaccioso di quando si ha sotto gli occhi la sua faccia di vecchio signore). Ad ogni modo, sulla medesima questione delle condizioni per i negoziati, McCain si è scontrato con la risposta secca e nitida di Obama, che si è limitato a citare Kissinger, come aveva fatto la Couric. A questo punto McCain è sembrato — e forse si è sentito — uno sciocco, e chissà se si è marginalmente risollevato quando Kissinger ha dichiarato al Weekly Standard, dopo il dibattito, che per il momento «non raccomanda incontri presidenziali ad alto livello con l'Iran». Il che, se paragonato alle sue precedenti dichiarazioni, dà l'impressione che non sappia assolutamente che cosa pensare e se magari non sia il caso di chiedere scusa — o esigere le scuse — a Sarah Palin o Katie Couric, o forse a entrambe. La vera farsa e il vero scandalo della faccenda però è che questo vecchio pasticcione e criminale di guerra, dall'occhio vitreo e sornione, che si è sbagliato su tutto sin da quando autorizzò le intercettazioni illegali per la gang di Nixon, venga citato quale autorità politica e morale non solo da uno dei due candidati, ma addirittura da entrambi. Nel frattempo, consentitemi di ripetere la domanda che ho posto due settimane fa: il senatore Obama si rende conto, o se ne rendono conto i suoi sostenitori pacifisti, quante guerre va promettendo se verrà eletto? Ancora una volta il 26 settembre nel Mississippi — alla fine di una settimana in cui le forze americane e pachistane si erano fronteggiate nel primo scontro armato diretto — Obama ha ripetuto che è sua intenzione ignorare la frontiera pachistana quando si tratta di dar la caccia a Al Qaeda. Superato nell'inflessibilità su questo punto, e scavalcato in quanto a pacatezza sulla questione di Kissinger, McCain si è dimostrato un moderato in confronto al rivale. Obama ha accusato l'Iran di aver costruito più centrifughe di quanto pubblicamente ammesso, un'accusa che racchiude una logica di scontro, ben oltre i cavilli dei prerequisiti per i colloqui e del «livello» diplomatico. A mio parere Obama va elogiato per le sue posizioni, sempre ammettendo che si renda conto di quello che va dicendo. Con il passar del tempo, peraltro, il dibattito potrebbe apparire più intelligente, e svolgersi su un piano superiore, se si escludesse del tutto l'intervento di uno pseudo esperto screditato come Henry Kissinger, che non si è fatto scrupolo di calpestare i diritti umani, tradire la Costituzione americana e ingannare il Congresso, lasciandosi alle spalle una scia di disastri e dittature, un politico che non merita l'appellativo né di falco né di colomba, bensì quello di avvoltoio. traduzione di Rita Baldassarre © New York Times Syndicate
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