Obama e McCain sul Medio Oriente le loro prese di posizione a confronto
Testata: L'Espresso Data: 03 ottobre 2008 Pagina: 17 Autore: Paul Salem Titolo: «Sfida sul medio Oriente»
Da L'ESPRESSO del 3 ottobre 2008:
Mentre si avvicinano le elezioni presidenziali americane del prossimo novembre, il mondo aspetta di vedere se sarà John McCain o Barack Obama a guidare la superpotenza mondiale. L'esito interessa in modo particolare il Medio Oriente, poiché l'amministrazione uscente ha dedicato gran parte delle sue energie a questa regione, invadendo l'Afghanistan e l'Iraq, minacciando una guerra contro l'Iran e preannunciando cambiamenti di regime in altri paesi dell'area.
McCain e Obama hanno due stili molto diversi: il primo è favorevole a una diplomazia energica, tende a tener testa ai nemici e predica la necessità dello spiegamento e dell'uso della forza; il secondo tende invece a smorzare la retorica, ad aprire un dialogo con gli avversari e ad alternare la carota e il bastone. Questo riflette probabilmente le loro diverse origini: McCain è stato pilota di aerei da caccia all'epoca della guerra del Vietnam; Obama viene invece da un'esperienza di organizzatore di attività comunitarie.
Come si distingueranno le loro politiche verso il Medio Oriente, dove le questioni dell'Iraq, dell'Iran e del conflitto arabo-israeliano assumono un rilievo preminente?
Sebbene i due siano partiti divisi sull'Iraq, le loro posizioni sono adesso più vicine. McCain ha approvato la guerra dall'inizio e durante il suo apice dichiarò, com'è noto, che avrebbe mantenuto le truppe americane in Iraq - per cent'anni se necessario. Oggi si vanta del successo dell'operazione 'Surge', l'aumento delle truppe per riportare ordine, ma è favorevole al ritiro delle truppe americane entro quattro anni. Obama si è opposto invece alla guerra e alla sua escalation e ha approvato un piano del Congresso che auspicava un completo ritiro entro il marzo del 2008. Oggi rivendica il merito di essersi opposto alla guerra fin dall'inizio, ma riconosce che la sua prosecuzione ha prodotto qualche frutto. È favorevole a un rapido ritiro entro 16 mesi, anche se intende mantenere alcuni contingenti militari in Iraq o nei suoi dintorni per addestrare o assistere le forze armate di questo paese. Come ex organizzatore di attività comunitarie, Obama potrebbe avere più fortuna cercando di spingere i leader iracheni a superare le loro divergenze. Il suo vice, Joe Biden, avrebbe invece meno chances poiché si era dichiarato favorevole alla spartizione dell'Iraq.
La posizione di McCain sull'Iran è difficilmente distinguibile da quella dell'amministrazione Bush. Il candidato presidente repubblicano è contrario a negoziati diretti prima che l'Iran rinunci ai suoi programmi di arricchimento dell'uranio, e preferisce l'opzione militare. Obama invece sottolinea la necessità di trattative senza condizioni preliminari, offre incentivi importanti per indurre Teheran a rinunciare all'opzione nucleare (quali l'ingresso nel Wto e la normalizzazione dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti e l'Europa), ma prevede un inasprimento delle sanzioni e della politica di contenimento in assenza di una risposta positiva. Sia Obama che Biden prospettano l'opzione militare solo come un'estrema ratio inevitabile.
Quanto al conflitto arabo-israeliano, entrambi i candidati hanno pronunciato i loro discorsi prevedibili dinanzi alla lobby filo-israeliana dell'Aipac e hanno manifestato il loro appoggio incondizionato allo Stato ebraico. Entrambi inoltre sono favorevoli all'avvento di uno Stato palestinese indipendente da quello israeliano. Ma hanno una posizione diversa rispetto all'atteggiamento da tenere verso la Siria. Obama e Biden tendono a incoraggiare negoziati di pace fra Gerusalemme e Damasco e pensano che la Siria possa essere indotta ad adottare politiche più moderate. McCain è contrario a queste trattative e considera la Siria come un nemico irriducibile. Entrambi sono favorevoli all'indipendenza del Libano, ostili a Hezbollah e sostenitori delle risoluzioni delle Nazioni Unite riguardanti questo paese. traduzione di Mario Baccianini
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