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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Philip Roth Il fantasma esce di scena 02/10/2008

Il fantasma esce di scena                Philip Roth

 

Einaudi                                      Euro 19,00

 

 

 

Irresistibile, Nathan Zuckerman. L’avevamo lasciato protagonista di “La lezione di anatomia”, l’abbiamo ritrovato narratore nella trilogia degli anni ’90 (Pastorale americana, Ho sposato un comunista, La macchia umana), vale a dire il meglio dell’ultimo Roth, insieme con Everyman. Lo incontriamo ora settantunenne, incontinente e impotente dopo l’asportazione della prostata, che arriva un giorno a New York City per una procedura medica che dovrebbe ridurre l’incontinenza. Non tornava a NYC da undici anni e dopo l’11/9, tre anni prima, ha smesso di ascoltare la radio e leggere i giornali – di Tv neanche a parlarne. Nel suo rifugio nel Berkshire ha scritto e scrive senza posa, a volte fino a notte fonda. E’ la sua personale secessione dal presente, ripicca alla negazione dell’eros. Ma gli basta metter piede in città per ritrovarsi preda dell’instabilità e dell’eccitazione. Tutto per la speranza di ringiovanire fomentata dalla vaga possibilità di ridurre l’umiliazione della vecchiaia. Tre incontri riportano a galla la baldanza e impudenza nel nostro declinante eroe: Amy Bellette, nel lontano ’56 giovane musa dello “scrittore fantasma” E.I. Lenoff, protagonista del primo romanzo della serie di Zuckerman, ora una vecchia dalla voce di ragazza, ridotta in miseria e colpita da un tumore; Jamie Hallie Logan, attraente gattamorta texana, newyorchese e pasionaria d’adozione, all’attivo un racconto sul New Yorker e un marito comodo, anche lui aspirante scrittore; un amico dei due, Richard Klimax, aspirante biografo di Lenoff e agitatore letterario, maschio rapace che scatena subito l’ostilità di Zuckerman. Tutto il romanzo è nel rinnovato furore e la malinconia dello scrittore, per la letteratura preda di un giornalismo culturale sempre attento ai falsi problemi etici, allo scandalo biografico e alle semplificazioni sociologiche, ma soprattutto per il deterioramento della sua formidabile memoria. E’ il terrore di non ricordare le parole e perdere così il suo strumento di stile, quella nuda precisione tanto appagante per il lettore quanto eccitante per lo scrittore, come sanno l’alter ego Philip Roth e pochi altri. La letteratura e le donne – i due amori non vanno di pari passo. Nel finale Jamie va a segno replicandogli: “L’unico motivo che potresti avere per dire di adorarmi è che in questo momento sei uno scrittore senza libro”. Verità che riscatta la compiaciuta esibizione di turgore dei dialoghi immaginari, parte debole di un romanzo che mostra altrimenti il rinnovato vigore dell’autore. Valga la figura del sé giovane, in “Quei giorni spettacolari in cui non arretri davanti a nulla e hai sempre ragione tu, solo tu”.

 

Come dir meglio la nostalgia dell’essere maschio di un vecchio. Roth è la forza della scrittura, laddove Cormac McCarthy è la potenza.

 

 

 

 

 

Tiziano Giannotti

 

La Repubblica delle Donne

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