Sergio Romano, si vergogni di non chiamare il terrorismo con il suo nome 01/10/2008
"Egregio ex ambasciatore,
si può discutere se Orsini che ha tentato di uccidere Napoleone terzo di Francia, Oberdan che voleva uccidere Francesco Giuseppe d'Asburgo, chi ha ucciso il ministro israeliano Zeevi o presidenti, ministri, e simili, sia un terrorista o un resistente. Ma negare la patente di terrorista inequivocabile a chi uccide intenzionalmente dei civili, è una barbarie, e spiace vedere che Lei non abbia il coraggio morale di dire pane al pane e vino al vino. Lei è libero di avere antipatia per l'America, per Israele e per l'ebraismo, come io sono libero di avere antipatia per Lei, è libero di avere simpatia per Islam e per il mondo arabo, ma non è libero di venire meno ai fondamenti che distinguono l'uomo degno di tal nome dalla belva. Vada a nascondersi.
Il carrozzone – o ONU - che rappresenta la comunità internazionale ha più spesso violato la sua Charta che rappresentato l’etica e il ruolo universale dichiarato alla sua nascita. Dal ’73 è nelle mani dell’Opec e dei suoi stati alleati e “dipendenti”. La storia dell’ONU è costellata da gravi e gravissimi scandali che hanno contaminato la sua immagine oltre alla sua pluridecennale inefficienza e contraddizione. Gli Stati Uniti non sono ipocriti come gli europei e dimostrano di essere la potenza che sono, quando hanno il coraggio di essere coerenti al detto “se si muove come un’anatra e si esprime come un’anatra, è un’anatra.” L’Europa è venuta a patti con il terrorismo, l’Italia soprattutto. Il termine “terrorista” è fattualmente l’unico che si addica al terrorismo di qualsiasi matrice, ma una certa Europa persiste nel tentare qualsiasi incrociorelativista (un pot pourri mai separato e contestualizzato) idoneo a consentirle di fare la quadratura del cerchio. Continuare a sostenere che il terrorista è “il piccolo (che) non dispone delle armi del grande…” è una legittimazione al terrorismo. Il terrorismo che ha colpito l’11 settembre 2001, non è il “piccolo” che non dispone delle armi del grande. Farsi esplodere o far esplodere treni, auto e camion, con l’obiettivo di uccidere più israeliani ed occidentali, siano essi ebrei-cristiani-o musulmani, è terrorismo. Una strategia aggressiva che si serve di un’ideologia medievale ben codificata dalla storia. Diecimila razzi lanciati da Gaza nel sud di Israele, non fanno il “piccolo” che non dispone delle armi del grande. Fanno il terrorista e il parassita che ha distrutto un paradiso reale e opportunità immense di crescita e di benessere. I continui attacchi di mortai sulla Galilea, e l’uccisione e rapimento di soldati israeliani (nel 2000 dopo mesi dal ritiro israeliano dal Sud del Libano, sotto gli occhi compiacenti di “soldati” del contingente delle NU, come da video) fino a tentativi analoghi culminati nell’uccisione di otto soldati israeliani e rapimento di due soldati israeliani nel 2006, da parte di Hitzballah (che hanno dimostrato di avere in dotazione sofisticati missili russi ed iraniani), non fanno il “piccolo” che non dispone delle armi del grande. Terrorismo è l’applicazione fattuale del terrore come unico obiettivo di lotta. Chi cita come “resistenti” i terroristi palestinesi e di Hitzballah (che oggi intende rapire israeliani ovunque), deve spiegare a cosa “resistono”…eppure è chiarissimo: all’esistenza stessa dello Stato di Israele! Tali opinioni servono solo a chiarire che una certa Europa intende rimuovere l’esistenza stessa e legittima dello Stato di Israele. Quanto all’Iraq, lei sa benissimo che Saddam Hussein finanziava ed addestrava – così come l’Iran continua a fare – il terrorismo contro Israele. Se Bush non avesse fatto l’intervento in Iraq, concludendo la guerra del padre, oggi avremmo la minaccia dell’Iraq unita a quella dell’Iran. Il reclutamento del terrorismo iracheno come quello islamico, ha avuto e continua ad avere le sue basi in Europa. Che poi, in Italia, la legge goda dell’interpretazione del singolo magistrato, spiega la carenza di un Codice non ancora aggiornato sul tema del terrorismo. Una pacchia per i suoi ideologi ed adepti.
qualche tempo fa l'agenzia Italia ci dette notizia della sua presenza, non a titolo gratuito, nel board di una nuova prestigiosa rivista Eni. In buona compagnia con Lucia Annunziata.
Adesso io mi domando, quando lei dà risposte salomoniche a Cossiga sulla definizione del terrorismo internazionale, quando parla continuamente male di America e di Israele, lo fa per le sue convinzioni o perchè è l'Eni a chiderglielo? L'Eni, tutti lo sanno, da sempre determina la politica estera italiana, ambigua quanto basta in materia di terrorismo e nei rapporti con i paesi arabo islamici. Compresi quelli sotto sanzioni Onu come l'Iran.
Lei sa che in America un editorialista a libro paga di una grande industria difficilmente terrebbe una rubrica fissa sul Washington Post. Lei invece pontifica ogni giorno dalle colonne del Corriere della Sera. Le sembra serio? Le appare credibile? Non l'ha mai sfiorata l'idea di dimettersi e di scrivere solo per la rivista dell'Eni?