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L'Opinione Rassegna Stampa
01.10.2008 Del futuro del Golan non deciderà Olmert
l'analisi di Michael Sfaradi

Testata: L'Opinione
Data: 01 ottobre 2008
Pagina: 0
Autore: Michael Sfaradi
Titolo: «L’inutile speculazione sul Golan»
Da L'OPINIONE del 1 ottobre 2008:

Il Presidente siriano Assad, durante un incontro con la stampa, ha dichiarato che le relazioni bilaterali con l’Iran di Ahmedinejad non influenzeranno eventuali trattati di pace con Israele. Il Ministro degli Esteri, Walid Al Muallem, sta aspettando che la Livni diventi Primo Ministro d’Israele per firmare tutto quello che è già stato concordato con il Premier uscente Ehud Olmert. Cosa abbiano concordato ancora non è stato reso noto, ma, data la recente dichiarazione di Olmert (“se Israele vuole la pace dovrà fare molti sacrifici territoriali”), il ministro siriano lascia intendere che siano già state segnate le linee guida di un eventuale ritiro israeliano dalle alture del Golan. A questo punto ci sono due particolari che vanno precisati: Il primo è che in Israele, al contrario di quello che succede in Italia, il Primo Ministro uscente non rimane in carica solo per le questioni di ordinaria gestione, ma mantiene il potere fino all’istante prima del passaggio di consegne con il suo successore. Questo spiega perché, nonostante sia dimissionario, Olmert non abbia ritirato le delegazioni alle trattative in attesa delle nuove elezioni. Anche perché, per assurdo, potrebbe firmare dei trattati. Non dimentichiamo che esiste un precedente: nel 2001 Ehud Barak, Premier dimissionario, cercò un accordo di pace con i Palestinesi fino al giorno precedente le elezioni che videro la vittoria di Ariel Sharon.

Se in quell’occasione Arafat avesse firmato, Sharon, al suo insediamento, avrebbe trovato la frittata già fatta. Allora c’era però un motivo dietro alla fretta di concludere, Barak sapeva che non sarebbe politicamente sopravvissuto alle elezioni e giocava l’ultima carta, cioè l’accordo di pace, con la speranza di un ribaltone che lo rimettesse al potere, ma grazie al rifiuto di Arafat questo non avvenne. Olmert, al contrario, sa perfettamente che la sua carriera politica è comunque finita e questo, per assurdo, lo rende più spregiudicato e, legge alla mano, nulla gli impedisce di andare fino in fondo lasciando la bomba innescata nelle mani del successore. Ma c’è un ma. Le alture del Golan, per la loro importanza strategica, e il territorio della municipalità di Gerusalemme per l’importanza strategica sociale e religiosa, sono state annesse dalla Knesset (il Parlamento israeliano) ad Israele. Questo significa che qualsiasi trattato di pace che preveda la cessione in tutto o in parte dei territori annessi può essere ratificato solo dopo un referendum popolare dove si siano presentati al voto più della metà degli aventi diritto e che la maggioranza del 50% + 1 dei votanti abbia espresso parere favorevole. Olmert può continuare a pavoneggiarsi come l’uomo della pace, ma chiunque diventi Primo Ministro sa che attualmente non ci sono le basi per affrontare un referendum di questo tipo: la maggioranza del popolo sovrano, dopo l’esperienza e i dolori che ha dovuto sopportare a causa del ritiro da Gaza, rifiuterebbe qualsiasi ipotesi di ritiro con schiacciante maggioranza.

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