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Il Foglio Rassegna Stampa
25.09.2008 Il ritorno di Damasco in Libano
editoriale su una notizia oscurata dai media

Testata: Il Foglio
Data: 25 settembre 2008
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Diecimila siriani al confine»
IC ha già riportato la notizia, lo scorso 22 settembre, di truppe siriane
entrate in Libano intorno al 12 e 13 settembre.
Soltanto oggi,troviamo un ottimo editoriale sui moviementi di truppe siriane sul FOGLIO. Il resto della stampa italiana, a nostra conoscenza, ha taciuto. 
La Siria è stata improvvisamente riportata, da Sarkozy, tra i paesi "amici",
per delle ragioni che sono sfuggite ai più. Forse, ipotizziamo noi, Sarkozy
potrebbe essere stato spinto a questa decisione dal desiderio di frenare lo
slancio di aperture offerte da Bashar Assad alla Russia di Putin. Non
dimentichiamo infatti che proprio la Siria ha offerto in queste settimane la
disponibilità del porto di Tartus a Putin per farne la prima base navale
russa nel Mediterraneo.
Ma circa negli stessi giorni la Siria, costretta dopo l'uccisione di Hariri
a riportare fuori dal Libano le proprie truppe (almeno quelle che vi erano
ufficialmente stanziate), ha nuovamente invaso il Libano portandovi dentro
almeno due battaglioni, che si sono stanziati in sette villaggi allawiti
(quindi vicini al dittatore Assad) nella zona nei dintorni di Tripoli. Le
conseguenze non sono ancora ben chiare, ma certo non potranno essere minori,per una regione dove niente avviene per caso, e che è al centro di infiniti traffici.
Una notizia di questa importanza, al di là delle ragioni politiche che hanno
reso possibile un simile fatto (che ad IC risulta fosse stato preannunciato
a USA e Francia) non dovrebbe passare sotto silenzio nei media, e crediamo che  sarebbe stato doveroso parlarne in prima pagina.
Invitiamo i lettori di IC a chiedere al proprio quotidiano la ragione di simile vergognoso silenzio.

Di seguito, l'editoriale del FOGLIO


La Siria ammassa truppe alla frontiera con il Libano. Diecimila soldati dei reparti speciali, secondo i giornali libanesi, sono sulle colline che guardano il fiume Kabir, sul confine. Secondo altre fonti, i siriani sarebbero già dentro: due battaglioni di commando sorvegliano sette villaggi attorno alla città di Tripoli. Lo scorso maggio Hezbollah aveva fatto capire chi comanda in tutto il paese, e non soltanto nel sud, con una scorribanda armi in pugno di tre giorni contro i propri oppositori. Subito dopo s’era presa, assieme ai suoi alleati, undici posti nel nuovo gabinetto dei ministri accomodato secondo il nuovo equilibrio di forza (e quindi ora può mettere il veto a qualsiasi provvedimento sgradito). Oggi, dopo questi assaggi preparatori, è direttamente il turno dei padroni di Damasco per affacciarsi di nuovo sul paese e mostrare i muscoli. Ufficialmente i siriani giustificano la propria presenza con la lotta ai contrabbandieri. A Beirut non ci cascano. Damasco prende a pretesto le tensioni causate dagli estremisti sunniti nell’area di Tripoli per fare ritorno dopo il ritiro di tre anni fa. Gli stivali siriani in territorio libanese provano ancora una volta – ma nessuno ne sentiva il bisogno – che gli accordi di Doha, in Qatar, per disinnescare la guerra civile sono stati un fallimento. L’unico impegno a cui le fazioni hanno tenuto fede è l’elezione del presidente Michael Suleiman. Per il resto Doha è il blando ritardante di una crisi che più aspetta in profondità, come una colata di lava, più sarà terribile quando arriverà in superficie. Gli estremisti sunniti asserragliati nei loro campi profughi continuano le loro scaramucce di logoramento contro l’esercito. Nel sud Hezbollah è così potente e nervosa che un mese fa ha abbattuto un elicottero dei militari credendo fosse israeliano. Ora i commando siriani si raggruppano a un metro dal confine. Anche se tecnicamente Siria e Israele sono due nazioni in guerra, sono impegnati in una fase importante di negoziati. Una parte di queste trattative riguarda le “linee rosse”, quelle che i due nemici dovrebbero non attraversare mai per evitare la guerra. Spedire i propri commando a passeggio in Libano, dopo la guerra del 2006, assomiglia molto a una di quelle linee rosse da non violare.

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