Shangai addio Angel Wagenstein
Traduzione dal bulgaro di Roberto Adinolfi
Baldini Castaldi Dalai Euro 18
Due libri diversi per impianto narrativo ma simili per ambientazione storica narrano un capitolo poco conosciuto nella storia della tragedia degli ebrei durante la seconda guerra mondiale: “Dieci bottiglie verdi” di Vivianne Jeanette Kaplan, recensito in queste pagine, racconta sotto forma di diario la drammatica odissea che ha portato Gerda Kosiner, madre dell’autrice, ad abbandonare Vienna per raggiungere Shanghai nel disperato tentativo di sfuggire alla spirale di odio nazista.
E sempre la città cinese è protagonista del romanzo storico, di avventura e di spionaggio di Angel Wagenstein: l’unico luogo dopo l’avvento del nazismo disposto ad offrire rifugio a più di 20.000 ebrei tedeschi e austriaci per la maggior parte intellettuali, artisti, musicisti altrimenti destinati ai campi di sterminio.
In una città cosmopolita dove gli eleganti sobborghi delle colonie internazionali, gli alberghi di lusso, i negozi colmi di gioielli e statuette in avorio e ambra convivono con la miseria e il degrado dei rioni paludosi densamente popolati, è lo squallido e desolato quartiere di Honk Yu che accoglie questa moltitudine disperata di uomini e donne in fuga dall’Europa nazista.
Seppur abituati a vivere in comodi appartamenti e ville lussuose, ad esercitare professioni prestigiose, gli ebrei giunti a Shanghai accettano i lavori più umili, alcuni con pacata rassegnazione, altri con acuta sofferenza, senza mai rinunciare alla propria dignità e fierezza.
Durante la Notte dei Cristalli del novembre 1938, al termine della “Sinfonia degli Addii”, i musicisti ebrei dell’orchestra filarmonica di Dresda vengono arrestati dalle SS e deportati a Dachau.
Fra essi c’è il grande violinista Theodor Weissberg, una “persona fragile, delicata e premurosa” che non conoscerà mai il segreto che ha consentito alla moglie Elisabeth Muller Weissberg di ottenerne la liberazione.
Insieme a Theodor ed Elisabeth giunge a Shanghai anche la bellissima Hilde Braun, il cui vero nome è Rachel Braunfeld.
Consapevole dei rischi che corre in quanto ebrea, Hilde che si trova a Parigi come modella, decide di non tornare in Germania e, grazie al denaro ricavato dalla vendita della stupenda collana donatale dal romantico dottor Hiroshi Okura, parte per la Cina con l’”ungherese” Istvàn Keleti, un pianista mai sobrio ma di animo generoso che lavora nella medesima “insignificante commediola musicale”.
Nel ghetto sovraffollato dove approdano le condizioni di vita sono spaventose e le possibilità di trovare lavoro quasi nulle. Se Hilde, grazie al suo aspetto ariano, riesce a diventare segretaria personale del barone Von Dammbach della rappresentanza ufficiale del Terzo Reich, Theodor ed Elisabeth si arrabattano ogni giorno alla ricerca di un lavoro dignitoso.
Attorno a loro si muove in un succedersi di colpi di scena una galleria di personaggi e di vite diverse: il rabbino Leo Levin fiducioso nell’innata bontà degli uomini, Schlomo Finkelstein, ladruncolo scaltro ma generoso, Vladek agente segreto per conto dei russi, cosmopolita e poliglotta, madre Antonia una suora carmelitana giunta dall’Alsazia “generosa e altruista, fedele alla propria missione”.
La situazione degli ebrei di Shanghai è destinata a peggiorare dopo Pearl Harbor quando le autorità tedesche decidono di creare un ghetto nella zona sud di Honk Yu e rinchiudervi tutti gli ebrei. I giapponesi da parte loro, estranei alla cultura dell’antisemitismo, assecondano gli alleati a malincuore, considerando quell’iniziativa “nient’altro che follia, un’idea stupida e un inutile spreco di mezzi, energia e tempo”.
L’autore, bulgaro di origine ebraica, partigiano durante la seconda guerra mondiale ha fatto il regista e lo sceneggiatore e il romanzo, scritto con un lessico scorrevole ed efficace, ha il ritmo incalzante di un copione strutturato in modo magistrale per raccontare l’epica avventurosa di un gruppo di ebrei in fuga dalla follia hitleriana.
E Shanghai “città di splendore e miseria ultimo approdo della speranza, simbolo di un’accanita volontà di sopravvivere” divenne la città della loro maledizione ma anche della loro salvezza.
Giorgia Greco