Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Vittoria di Tzipi Livni nelle primarie di Kadima la cronaca di Davide Frattini
Testata: Corriere della Sera Data: 18 settembre 2008 Pagina: 17 Autore: Davide Frattini - la redazione Titolo: «La Livni vince le primarie E guarda a Golda Meir - Panini e slogan, il marito tuttofare - Il figlio di Sharon vota Tzipi»
Dal CORRIERE della SERA del 18 settembre 2008la cronaca di Davide Frattini sulla vittoria di Tzipi Livni nella primarie del partio Kadima:
TEL AVIV — I servizi segreti avevano già scelto il loro vincitore. La scorta che segue Tzipi Livni è stata rafforzata in questi giorni, livello primo ministro. Se gli exit poll saranno confermati, lo Shin Bet ha azzeccato le previsioni. Il ministro degli Esteri è in testa (47-49%) contro il principale avversario Shaul Mofaz (37%). Gli altri due contendenti (Meir Shitrit e Avi Dichter) non avrebbero superato il 10%. «Hanno vinto i migliori», ha detto Livni ai suoi collaboratori, superata l'ansia del pomeriggio, quando si era capito che tra i 74 mila membri di Kadima pochi avevano deciso di andare a votare (alla fine attorno al 55%). I suoi consiglieri hanno chiesto di estendere l'apertura delle urne (per ressa davanti ai seggi) e sono riusciti a strappare mezz'ora in più. Temevano la migliore organizzazione di Mofaz, ministro dei Trasporti, che nelle settimane di campagna elettorale si è concentrato sugli aggrega-voti, leader locali, capaci di garantire le scelte dei loro protetti. Da oggi, Livni può lavorare alla nascita di una nuova coalizione, anche se per l'incarico formale bisognerà probabilmente aspettare gli inizi di ottobre. Ehud Olmert, il premier in carica, coinvolto in un'inchiesta per corruzione, aveva promesso di dimettersi appena il partito avesse nominato un nuovo leader. Ieri, mentre lasciava cadere la sua scheda nell'urna, ha fatto capire di non avere fretta. «A un certo momento, nel prossimo futuro, deciderò che cosa fare con il resto della mia vita». Ad Abu Mazen, il presidente palestinese, ha dichiarato di voler continuare i negoziati fino a quando sarà possibile. Olmert, che ha chiamato Livni per congratularsi, dovrebbe annunciare l'autoesonero nel consiglio dei ministri di domenica, ma il governo dovrà aspettare il ritorno del presidente Shimon Peres dagli Stati Uniti, perché Livni possa cominciare il conteggio alla rovescia: ha 42 giorni per riuscire a formare la coalizione e presentarla in parlamento per l'approvazione. Il premier sarebbe convinto che il ministro degli Esteri abbia meno possibilità di Mofaz (gli ultraortodossi dello Shas non gradirebbero una donna premier) e per questo nel segreto dell'urna avrebbe votato per lei, malgrado l'astio degli ultimi mesi. Se Livni non riesce a trovare un'intesa, Olmert resta al potere fino alle elezioni anticipate, che si potrebbero tenere in febbraio. Durante la campagna, il ministro degli Esteri ha puntato sulla sua immagine pulita e ha cercato di evitare una guerra dei sessi. Sarebbe la prima volta che una donna ritorna sulla poltrona di primo ministro dai tempi di Golda Meir e gli avversari l'hanno attaccata accusandola di inesperienza sul fronte sicurezza. «Il fatto che io sia una donna — ha detto al Jerusalem Post — non fa di me un leader debole. Non ho problemi a tirare il grilletto, quando è necessario». E' stata lei a guidare i negoziati con i palestinesi, avviati dopo il vertice di Annapolis. Al momento di votare, in un seggio nel nord di Tel Aviv, ha promesso «di continuare il processo che ci permetterà di determinare i confini dello Stato».
Sempre dal CORRIERE, un articolo sul marito di Tzipi Livni, Naftali Shptizer
TEL AVIV — L'appetito per la politica è entrato nella loro vita alla fine di una giornata di digiuno. Yom Kippur, 1995, poco dopo la firma della seconda parte degli accordi di Oslo. Tzipi Livni discute con il marito: «Da avvocato non permetterei mai a un cliente di concedere dei beni senza ottenere nulla in cambio». La stessa strategia che ha mantenuto 13 anni dopo nelle trattative con i palestinesi, da ministro degli Esteri. Tredici anni in cui il marito l'ha accompagnata e spalleggiata, convinto che sarebbe diventata la seconda premier donna nella storia del Paese. Fin da quella sera. Naftali Shptizer, pubblicitario, possibile «first husband », ha sostenuto la decisione della moglie e le ha predetto che avrebbe cambiato il suo destino. «Perché è questo che pensa di lei — confidano gli amici —, una donna che arriva sempre dove vuole». Non vuole essere un co-protagonista sulla scena politica, si considera piuttosto un macchinista di palcoscenico. I consiglieri del ministro lo vedono come il capo delle operazioni: raccoglie fondi, dà consigli nella scelta degli assistenti, si inventa poster e adesivi con gli slogan, prepara i panini e porta da bere nelle lunghe sessioni con lo staff. «È dai tempi di Lily Sharon — dice Yitzhak Regev, leader di Kadima nel Nord, al quotidiano Haaretz — che non vedevo un livello tale di sostegno per il candidato coniuge. Naftali è il soldato numero uno di Tzipi. Qualche settimana fa hanno organizzato un evento per duecento attivisti e lui ha fatto di tutto, dal cambiare una lampadina bruciata a servire il rinfresco, allo spiegare agli ospiti perché dovessero votare per la moglie». Figlio di sopravvissuti all'Olocausto, Shptizer è cresciuto in in una famiglia laburista ed è passato al Likud solo dopo l'ingresso in politica della moglie. Si è inventato lo slogan «Tizpi Livni, la voce convincente del Likud» e si è integrato talmente nel partito da opporsi al piano di seguire Ariel Sharon nello scisma che ha portato alla creazione di Kadima. È stato lui a imporre a Tzipi di lasciare il Mossad, dopo il matrimonio, e lei ha ammesso di averlo perdonato solo poco tempo fa. Vivono nella stessa villetta, periferia nord di Tel Aviv, da quasi venticinque anni, con i figli Omri e Yuval. Durante la campagna, il piccolo giardino — ingombrato dal posto di guardia della scorta — ha fatto da quartier generale e da camera di decompressione, dopo le ore passate sulla strada, da una sezione all'altra del partito. «Quando sono a pezzi, Naftali sarà sempre lì per rimettermi insieme», racconta il ministro degli Esteri. Che al debutto americano era tesissima per la prima conferenza stampa al fianco di Condoleezza Rice, il segretario di Stato Usa. «Dopo l'incontro era superagitata — racconta Danny Ayalon, allora ambasciatore a Washington — e ha subito chiamato il marito per chiedere come fosse andata. È scoppiata a ridere e si è rilassata. Le ho chiesto che cosa avesse detto Naftali. "Che sono stata fantastica, ma pallida in confronto a Condoleezza" ».
Un breve articolo sul voto per Tzipi Livni di Omri Sharon, figlio dell'ex premier israeliano e fondatore di Kadima Ariel, che non ha mai designato un successore:
GERUSALEMME— «L'uomo più importante non andrà a votare». Il Jerusalem Post ricorda che Ariel Sharon non ha mai potuto scegliere un successore per la guida del partito che ha fondato. Ehud Olmert è diventato primo ministro, dopo che Sharon è entrato in coma, nel gennaio del 2006. Tzipi Livni e Shaul Mofaz — fanno notare gli analisti — non sono mai stati nominati eredi (neppure di sfuggita) dal generale. Il figlio Omri ha dichiarato di votare per Livni, ma ha subito precisato di non aver preso parte alla campagna. Con il ministro degli Esteri lavorano anche molti degli ex consiglieri di Sharon
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