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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.09.2008 Berlusconi paragona Ahmadinejad a Hitler, Fini auspica più forti legami tra Italia e Israele
e un sondaggio rileva l'amicizia degli italiani per lo Stato ebraico

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 settembre 2008
Pagina: 10
Autore: Marco Galluzzo - r.zucc - Renato Mannheimer
Titolo: «Berlusconi in campo per Israele «Ahmadinejad è come Hitler» - E Fini: necessario rafforzare i legami con il popolo israeliano - Giudizio sullo Stato ebraico, italiani divisi»

Dal CORRIERE della SERA del 17 settembre 2008, una cronaca sulle dichiarazioni di Silvio Berlusconi a Parigi, ospite dell'organizzazione ebraica Keren Hayesod:

PARIGI — Il presidente iraniano come Hitler. L'accostamento non è esplicito, ma è chiaro. Lo fa Silvio Berlusconi, invitato e premiato dall'associazione ebraica Keren Hayesod, nella capitale francese, all'ora di pranzo: «Credo che dovremo avere tutti la massima attenzione verso le follie di chi arriva a dire che bisognerebbe cancellare Israele dalle carte geografiche. Non crediamo che siano cose reali però già una volta c'era una tal signore che all'inizio sembrava un democratico e che poi ha fatto quello che ha fatto e voi sapete a chi mi riferisco ». Il presidente del Consiglio trascorre una giornata a Parigi per rispondere all'invito, per vedere il presidente Sarkozy, infine per visitare gli stand di una mostra di antiquariato al Grand Palais. Il riferimento ad Ahmadinejad è al primo appuntamento, nel quale il Cavaliere ricorda di aver visitato Auschwitz: «Allora mi sono detto: anche io sono israeliano. Sono sempre stato naturalmente amico del vostro Stato. Ho avuto nella mia infanzia dei compagni ebrei che ho amato e loro mi hanno rimato, mi raccontavano quello che avevano subito, anche per questo ho sempre sentito l'importanza di essere dalla parte di Israele».
L'incontro si svolge a porte chiuse, dinanzi alla platea il capo del governo pronuncia una condanna delle ideologie del secolo scorso, del comunismo e del nazismo: il primo «credendo di portare la Gerusalemme celeste in terra ha prodotto solo miseria e morte; il secondo basandosi sul concetto assurdo della prevalenza di una razza ha provocato gli istinti più bestiali degli uomini, prodotto le tragedie di cui voi siete stati vittime ». Berlusconi spende parole di stima ed elogio per il premier israeliano, Olmert, che lascia l'incarico: «Una persona capace, esperta, concreta, sono convinto che fosse una delle migliori persone per trattare con i palestinesi, e per questo spero che chi lo seguirà continui ad avvalersi della sua preziosa esperienza».
Con Nicolas Sarkozy, lo dice lui stesso, Berlusconi parla invece, soprattutto, di immigrazione, della «necessità di una politica europea comune sul tema, in particolare per quanto riguarda l'immigrazione di cittadini dei 27 Stati europei; c'è questa esigenza di poter rimandare nei paesi d'origine coloro che hanno compiuto reati e sono ospiti delle nostre carceri, opzioni che oggi è preclusa se c'è l'opposizione dell'interessato. Ne parlerò al prossimo Consiglio europeo». La visita la conclude alla Biennale degli antiquari. Fra i lussuosi stand il Cavaliere scherza con i cronisti: «Se avete soldi da investire, quella statua egiziana costa solo 7 milioni di dollari…»

Uno sulle dichiarazioni di Fini a una cena ufficiale a Villa Madama nell'ambito del convegno dell'Aspen Institute su "Italia, Europa, Israele":

ROMA — ( r.zuc.) Ci sono tutti: gli amici di Israele, i rappresentanti diplomatici, gli esperti. Italiani e stranieri, invitati alla Farnesina per i 60 anni dello Stato ebraico.
Si è cominciato ieri sera con una cena ufficiale, a Villa Madama. E Gianfranco Fini ne ha approfittato per pronunciare il suo intervento, dato che oggi non potrà partecipare al convegno dell'Aspen su «Italia, Europa, Israele». L'Europa. secondo Fini, deve stringere legami sempre più stretti con Israele. «Dobbiamo avvicinare Israele al progetto comunitario, costruendo un modello di partenariato privilegiato che tenga conto degli elevati standard israeliani di sviluppo economico, sociale e tecnologico». E punta sull'iniziativa di Sarkozy per rafforzare i legami: «L'Unione per il Mediterraneo può rappresentare una nuova chance d'integrazione per i Paesi della sponda meridionale, a condizione che Bruxelles sappia darsi una strategia comune per tutta l'area». Fosse stato per lui — e lo ricorda nel discorso — il preambolo della Costituzione avrebbe dovuto fare riferimento alle «radici culturali giudaico-cristiane», perché «quei valori possono innervare una visione forte e credibile della democrazia europea».

Renato Mannheimer commenta un sondaggio che verrà presentato durante la conferenza dell'Aspen sull'atteggiamento degli italiani verso Israele:

Gli italiani hanno un giudizio critico — o, quantomeno, contraddittorio — sulla società israeliana. Ma, al tempo stesso, essi esprimono appoggio e, talvolta, solidarietà allo Stato ebraico, nel momento in cui quest'ultimo viene minacciato nella sua esistenza e si trova impegnato nel processo di pace.
E' quanto emerge da un ampio sondaggio che Ispo ha effettuato nel settembre 2008 e che viene presentato oggi alla conferenza internazionale «Italia Europa e Israele» organizzata a Roma dall'Aspen Institute Italia. Già le risposte ad una prima domanda — assai semplice ma, al tempo stesso, capace di cogliere i sentimenti profondi degli intervistati — mostrano la complessità e la contraddittorietà della questione. Israele risulta infatti «antipatico», per i motivi più diversi, a poco più di metà (53%) della popolazione, ma appare all'opposto «simpatico» ad una percentuale lievemente inferiore (44%). E' un dato che si ripete abbastanza stabilmente nel tempo: il grado di «antipatia» riscontrato oggi è del tutto simile a quello già rilevato nel 2002.
Questa percezione è frutto di valutazioni contraddittorie. A giudizi relativamente negativi come «Israele non è uno Stato laico, ma a vocazione religiosa» (lo sostiene il 60% contro il 32% che si dichiara in disaccordo) o come «Israele non è una società aperta e democratica» (lo afferma il 53% contro il 37% di parere opposto) si contrappongono valutazioni più positive, legate però più all'immagine economica che a quella politica o sociale. Ad esempio, il 52% (contro il 32% di pareri opposti) concorda col fatto che «Israele ha un'economia vitale e avanzata». In sintesi, al di là delle singole risposte, emerge una forte spaccatura all'interno della popolazione, con una lieve maggioranza critica nei confronti dello Stato ebraico e una forte minoranza che dà giudizi assai positivi.
Non è un caso, dunque, che anche la valutazione sulle relazioni tra Italia e Israele mostri una significativa frattura nella popolazione. La maggioranza relativa (48%) sostiene che «il legame Italia-Israele andrebbe rafforzato e dovrebbe diventare un asse di fondo della nostra politica estera». Ma una minoranza di entità solo di poco inferiore (39%) è di parere diametralmente opposto. Lo stesso si rileva affrontando il ruolo dell'Ue: il 49% concorda sul fatto che quest'ultima «dovrebbe stabilire una partnership privilegiata con Israele», ma il 37% dissente.
L'unico elemento su cui si forma una maggioranza netta concerne le iniziative per la pace: tre italiani su quattro ritengono che l'Ue «dovrebbe impegnarsi di più a fianco degli Stati Uniti nel processo di pacificazione ».
Riguardo a quest'ultimo punto, però, Israele — malgrado gli atteggiamenti critici evidenziati sin qui — pare avere, tra gli italiani, più amici che nemici. E' vero che, interrogati sulla propria «vicinanza» agli israeliani versus quella ai palestinesi, più del 60% preferisce non pronunciarsi. Ma tra i restanti, la maggioranza relativa si pone accanto agli israeliani. Inoltre, quasi il 60% ritiene che «l'esistenza stessa dello Stato di Israele resta a rischio». E più del 50% reputa Hamas «un movimento terroristico». Ancora, la percentuale di chi pensa che «Israele vuole realmente raggiungere un accordo con i palestinesi» è superiore a quella di chi crede ad altrettanta buona volontà da parte dell'autorità palestinese. Ma la maggioranza relativa (38%) è del parere che entrambi abbiano manifestato questa volontà. Ed è appunto ad entrambi che si chiede uno sforzo maggiore: quasi l'80% degli italiani è del parere che «Israele deve rinunciare agli insediamenti e, al tempo stesso, i palestinesi devono rinunciare alla violenza». Nell'auspicio che si possa finalmente giungere ad una pacificazione.
Un ultimo tema, in qualche modo collegato alla questione israeliana è quello dell'antisemitismo. Il 67% degli italiani pensa che si tratti di un fenomeno presente in Europa e anche in Italia. In aumento — secondo la maggioranza relativa — rispetto agli anni passati.

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