Sul fascismo Fini ha parlato chiaro pronunciando una condanna senza equivoci
Testata: Il Foglio Data: 16 settembre 2008 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Fini della discussione»
Da Il FOGLIO del 16 settembre 2008:
A Fini piacerebbe mica poco poter fare come sant’Agostino: “Roma ha parlato: il caso è chiuso”. Ciclicamente ci prova: “Fiuggi ha parlato: il caso è chiuso” – e inevitabilmente un colonnello come un attendente di via della Scrofa, un parlamentare disattento come un sindaco ciarliero, lo costringono a rimettere mano ad antiche questioni. Ogni volta lui alza l’asticella – fino all’indiscutibile epiteto di “male assoluto” scagliato sul sogno nostalgico di parecchi ex camerati di partito – e quelli alla prima occasione ricominciano a cavillare: male assoluto sì, ma da un certo punto in poi, male assoluto mah!, al massimo un malanno passeggero, male assoluto forse ma forse anche no… Un giochino estenuante che ogni volta – come in quello dell’oca – costringe il leader di An a ricapitolare dalla casella iniziale. Quindi tutti, satolli di gloria governativa, si affrettano a dargli ragione. Poi, alla prima occasione, ecco che qualcuno ricomincia a fischiettare un motivetto diverso (per dire della ciclicità della faccenda, tanti anni fa, agli albori di An, Fini fulminò un malaccorto federale che aveva avuto la bella idea di accoglierlo al suono di “Sole che sorgi”: “Noi abbiamo cambiato musica, tu vedi di cambiare disco”). Da Fiuggi in poi, comunque, il percorso di Fini è andato avanti con indubbia coerenza: a volte ha pigramente rallentato, a volte ha spintonato i suoi stessi seguaci, ma la rotta è stata mantenuta. Però la battaglia più dura l’ha sempre dovuta combattere all’interno della stessa An – là il cavillo si annida e il nostalgico langue. Tanta strada, per poi ritrovarsi due tra i più rilevanti esponenti del suo partito – il sindaco della capitale e il ministro della Difesa – che si mettono nuovamente a ravanare, con una certa inopportunità, tra fascismo e leggi razziali e brigate di Salò. Non un segretario di circolo, non un parlamentare di terza fila, non un intellettuale un po’ ingrugnito, ma il vertice massimo del partito. Ogni volta la stessa storia, come se la storia fosse sempre la stessa. Così Fini ha puntato al massimo, al livello dove anche il cavillo dei suoi non potrà più raggiungerlo. E infatti, stavolta l’adeguamento è stato più repentino del solito, e pure piuttosto surreale. Da illustri e granitici antifascisti tutti, è giunta la benedizione al fermo antifascista di via della Scrofa. E ora l’asticella è finita così in alto che davvero nessuno sarà in grado, dentro il partito, di provare nemmeno più a toccarla
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