Gli ebrei libici, perseguitati due volte prima dal fascismo, poi da Gheddafi
Testata: La Repubblica Data: 16 settembre 2008 Pagina: 18 Autore: Alberto Stabile Titolo: «L´Italia e Gheddafi ci paghino i danni»
La REPUBBLICA del 16 settembre 2008 pubblica un articolo di Alberto Stabile sulla richiesta di risarcimento avanzata dagli ebrei libici, prima perseguitati dal regime fascista e poi cacciati da Gheddafi al pari del milione di ebrei profughi dimanticati dal mondo arabo.
Ecco il testo:
GERUSALEMME - Il 2 settembre di quest´anno, l´Organizzazione Mondiale degli Ebrei di Libia, con sede ad Or Akiva, in Israele, ha rivolto con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Berlusconi, tramite l´ambasciatore d´Italia a Tel Aviv, Mattiolo, la richiesta di esseri inclusi nel risarcimento di 5 miliardi di euro, che il governo italiano ha offerto alla Libia per i danni subiti durante il periodo in cui fu colonia italiana (1911-1943). Contemporaneamente, una richiesta di risarcimento per i beni lasciati in Libia dagli ebrei fuggiti nel 1967-8, dopo la presa del potere da parte di Gheddafi, è stata presentata al leader libico tramite l´ambasciata di Tripoli a Londra. Nella lettera a Berlusconi, firmata dal presidente dell´organizzazione Meir Cahlon, si sottolinea il fatto che gli ebrei libici, «indigeni come gli arabi di Libia, hanno sofferto i danni della colonizzazione come tutti, inoltre in conseguenza delle leggi razziali emanate dal regime fascista, si sono aggiunti emarginazione, perdita di lavoro, perdita dei beni, perdita della libertà e perdita della dignità umana, fino alle deportazioni in campi di lavoro e di sterminio, dove sono stati eliminati 620 ebrei libici». «Vogliamo che venga riconosciuto il fatto che c´eravamo anche noi, che siamo stati discriminati ed abbiamo sofferto come e più degli altri - spiega Cahlon - Gli ebrei arrivarono in Libia oltre 2000 anni fa, e nel 1938 erano circa 40.000. Con le leggi razziali, non siamo solo stati espulsi dalla vita civile, ma siamo stati lasciati in balia delle violenze dei vicini musulmani, che potevano ormai agire impuniti». Da Gheddafi invece l´organizzazione vuole che venga riconosciuto che gli ebrei furono costretti ad andarsene. «Mi riferisco anche agli ultimi 5.000, fuggiti dopo, fra la guerra dei Sei giorni e la rivoluzione libica - sottolinea Cahlon - Costoro hanno lasciato beni e proprietà per i quali hanno diritto ad un risarcimento». All´inizio della colonizzazione italiana, nel 1911, si calcola che vi fossero in Libia circa 21.000 ebrei, concentrati per lo più a Tripoli, mentre nel 1938, con l´entrata in vigore delle leggi razziali, per cui tutti gli ebrei furono schedati, se ne contavano circa 40.000, di cui 15.000 a Tripoli. In Libia, le leggi razziali vennero applicate con particolare ferocia e, se così si può dire, in anticipo rispetto all´Italia. Le deportazioni, infatti, cominciarono oltre un anno prima per ordine diretto di Mussolini. Di lì a poco fu aperto il primo campo di concentramento a Giado, nel Gebel tripolitano, dove in pochi mesi vi morirono oltre 600 persone, uomini donne e tanti bambini, per malattie, maltrattamenti, fame. Altri furono imbarcati per essere deportati prima in Italia e poi a Bergen Belsen. Dopo la guerra, la situazione non migliorò: vi furono pogrom anti-ebraici che le autorità inglesi non furono in grado di fermare. Con l´indipendenza e l´entrata della Libia nella Lega Araba i moti anti-ebraici s´intensificarono e cominciò l´esodo di massa.