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Il Foglio Rassegna Stampa
16.09.2008 La solitaria battaglia di Mithal al Alusi, deputato iracheno che vuole la pace con Israele
i terroristi hanno ucciso i suoi due figli, il Parlamento gli ha tolto l'immunità

Testata: Il Foglio
Data: 16 settembre 2008
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Baghdad-Gerusalemme, sola andata»
Da Il FOGLIO del 16 settembre 2008, un articolo di Giulio Meotti sul deputato iracheno Mithal al Alusi.

Roma. Doppiamente dissidente il parlamentare iracheno Mithal al Alusi. Prima sotto Saddam Hussein, che lo costrinse a un esilio ventennale dopo averlo condannato a morte, poi nell’Iraq infestato da squadracce di islamisti e decapitatori. E’ sopravvissuto a un attentato, nel febbraio del 2005, in cui hanno perso la vita i suoi figli Jamal e Ayman, a sua volta padre di tre bambini. La colpa di Alusi, figlio di un celebre islamologo della provincia di al Anbar, era stata quella di essere il primo iracheno a visitare Israele. “E’ un avvertimento per tutti quelli che pensano di avere a che fare con il regime sionista”, recitava la rivendicazione terroristica. “Vi stiamo aspettando”. La stampa araba lo chiamò “traditore”, “agente sionista” e “pupazzo americano”. Alusi è stato direttore generale alla Commissione per la debaathificazione, da cui è stato espulso sempre a seguito di alcune dichiarazioni a favore di Israele. “Io voglio che i bambini tornino a giocare per le strade dell’Iraq”, aveva detto prima che gli assassini mascherati gli facessero visita. Alusi, uno dei più coraggiosi politici iracheni, aveva appena dichiarato guerra ai “fantasmi della morte che uccidono la vittoria degli iracheni e il loro diritti alla vita. L’Iraq non morirà”. Il Parlamento iracheno due giorni fa ha votato per togliere l’immunità ad al Alusi, che il mese scorso era volato in Israele una seconda volta per prendere parte a una celebre conferenza a Herzliya sul terrorismo. “In Israele non c’è occupazione, c’è il liberalismo” ha detto Alusi. Nel suo intervento al centro studi di Herzliya, Alusi ha invitato Israele a non cedere contro l’Iran. “L’Iran è il disastro della regione, la maggioranza del popolo iracheno non sostiene l’Iran. Dobbiamo cooperare con la Turchia, Israele, il Kuwait e gli Stati Uniti, per garantire uno scambio di informazioni al fine di confrontarci assieme contro il terrorismo”. Alusi aveva fatto anche riferimento alla minoranza arabo-israeliana. “In Israele ho visto il trenta per cento di cittadini di origine araba e hanno più diritti di qualsiasi altro arabo”. Dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003, si era parlato di una possibile pace separata fra Gerusalemme e Baghdad. Ma un anno dopo l’allora primo ministro iracheno, Ayad Allawi, negò la possibilità di una uscita irachena dei ranghi arabisti contro lo stato ebraico. Due mesi fa poi il presidente iracheno, Jalal Talabani, aveva causato forti polemiche quando in Grecia aveva stretto la mano al ministro della Difesa, Ehud Barak. “Una madre irachena ha diritto a sentimenti normali per suo figlio come quella israeliana”, ha detto Alusi. Senza immunità, Alusi può essere processato per violazione della legge che proibisce a un iracheno di visitare un paese nemico, Israele. “Alusi ha insultato le centinaia di martiri iracheni caduti combattendo gli israeliani”, ha detto il deputato sunnita Osama al Nujeifi. Il Parlamento lo ha anche interdetto dalle sedute e gli vieta di uscire dal paese. La tv irachena ha mostrato la sessione parlamentare nella quale la maggioranza dei deputati si complimentava con gli inquisitori di Alusi. Di “umiliazione del popolo iracheno” parla lo sciita Haider al Ibadi. Lo speaker del Parlamento, Khalid al Attiyah, spiega che si tratta di una legge in vigore dai tempi di Saddam. All’indomani della devastante sconfitta araba nella Guerra dei sei giorni, i cinquemila ebrei che vivevano in Iraq patirono forme di oppressione e quattordici persone vennero condannate a morte da Saddam. La loro pubblica esecuzione per impiccagione venne trasformata in una festa popolare, con autobus e treni gratuiti. Dopo il suo viaggio in Israele, Alusi ha dichiarato che “anche se i terroristi cercano di uccidermi, la pace è l’unica soluzione. La pace con Israele è l’unica soluzione per l’Iraq. La pace con tutti tranne con i terroristi”. Un giorno Alusi disse di essere certo che i tagliagole lo avrebbero raggiunto. “Sarò ucciso, se non oggi domani. Il punto non sono io, ma i bambini, un bambino deve essere un bambino e non un killer”. Alla notizia della sospensione dell’immunità parlamentare, Alusi ha dichiarato: “Ieri ho ricevuto minacce di morte. Oggi hanno dato segnale verde ai killer”. Alusi non si pente delle sue visite in Israele e di aver parlato a Herzliya, presso l’Interdisciplinary Center, probabilmente il più prestigioso centro al mondo che si occupa di studiare il terrorismo nelle sue varie versioni. Sapeva però che avrebbe scosso il fiume carsico dell’antisionismo, così potente anche nel mondo arabo che non ha confini contesi con Israele. “Prima di recarmi in Israele mi sono fermato a pensare. Sono rimasto da solo per tre quattro giorni. Sapevo quanto fosse pericoloso quel viaggio. Sapevo che significava la rottura di un tabù. Ma sapevo anche che era giusto farlo. E ne sono orgoglioso”. Alusi parla della follia di essere processato e inquisito per una legge voluta dal sanguinario Saddam Hussein, prolifico finanziatore dei kamikaze in Cisgiordania. “Vogliono imprigionarmi assieme ai terroristi. Israele è l’alleato più importante dell’America. Come facciamo a negarne l’esistenza?”. Dire al Alusi significa dire Ihab el Sharif. La pietra angolare della solitudine irachena, impressa nel volto austero e sofferente di Alusi, fu l’uccisione dell’ambasciatore egiziano Sharif da parte del terrorista giordano Abu Musab al Zarqawi. Nel 2005 Sharif sarebbe stato nominato ufficialmente primo diplomatico arabo a Baghdad dalla caduta di Saddam. Ihab el Sharif non era soltanto il primo ambasciatore a rompere l’isolamento diplomatico arabo imposto all’Iraq, ma anche un fine intellettuale che conosceva il medio oriente e l’islamismo radicale. Francofono d’impostazione, prima di andare a Baghdad aveva ricoperto la carica di numero due dell’ambasciata egiziana in Israele. Ihab “il pio” faceva beneficenza alla moschea vicino casa, nel quartiere residenziale di Medinet Nasr, a due passi dal viale delle parate dove fu assassinato Anwar el Sadat. Era anche un uomo di lettere con un dottorato alla Sorbona sul pensiero islamico. Si dice che la sua colpa più grande fosse stata proprio l’incarico a Tel Aviv. La grande macchia che lo fece entrare nel cono d’odio dei terroristi. E che ha privato Mithal al Alusi dei suoi due figli e del sacrosanto diritto di sognare una pace separata fra Gerusalemme e l’antica Babilonia.

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